Badia Pozzeveri, nuovi ritrovamenti nella campagna di scavi

Alcuni risultati, sia in ambito paleopatologico che archeologico-storico, sono già arrivati, altri ne verranno in questa edizione della Fieldschool 2014, campagna di scavi all’Abbazia di San Pietro di Badia Pozzeveri che ha interessato il mondo intero, soprattutto quando un dettagliato reportage fu pubblicato nella prima pagina di Science, una delle riviste scientifiche più autorevoli sull’intero pianeta. La Fieldschool è partita il 24 giugno con ben 33 studenti statunitensi e canadesi provenienti da svariati istituti universitari americani, sotto il coordinamento delle Università di Pisa (professor Gino Fornaciari) e dell’Ohio State Univesity (professor Clark Spencer Larsen). I ragazzi sono ospitati dalle famiglie di Badia Pozzeveri grazie alla collaborazione con il comitato dei festeggiamenti e quindi si crea, come ha ricordato il sindaco di Altopascio Maurizio Marchetti che ha preso parte alla presentazione insieme all’assessore alla cultura Nicola Fantozzi, uno stretto rapporto con la comunità che è fattore di crescita per tutti.

Gli scavi, nel più grande cantiere esistente a oggi in Toscana, resi possibili grazie al generoso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca ed al supporto del Comune di Altopascio, in regime di concessione ministeriale, hanno permesso di portare alla luce i resti dell’antico chiostro abbaziale, risalente alla fine dell’undicesimo secolo, e la facciata della romanica chiesa di San Pietro, che misurava ben 30 metri in lunghezza.
Tra l’area del chiostro e la chiesa sono stati messi in luce altri edifici identificabili con la foresteria del monastero.  A ridosso della facciata della chiesa, a destra e sinistra dell’ingresso, sono state individuate due grosse tombe in muratura, forse appartenenti agli stessi Signori di Porcari, che ebbero a lungo il patronato dell’abbazia. Nella tomba posta più a nord di eccezionale interesse è risultato il rinvenimento dei resti di un bambino il cui cranio era avvolto da fili d’oro: probabili resti di un broccato lucchese. Numerosissimi i reperti rinvenuti: ceramiche, vetri, oggetti metallici, medagliette devozionali, una fossa per la gettata delle campane risalente al 18esimo secolo. Quasi duecento gli individui scheletrici recuperati, che consentiranno di ricostruire uno spaccato su stile di vita, malattie e attività fisiche dei nostri antenati. Allo scavo si accompagna un’attività didattica di alto profilo gestita da un’equipe italo-statunitense di 13 persone: gli studenti stranieri, interessati ad approfondire i metodi dell’archeologia medievale e della bioarcheologia, imparano a scavare e poi a studiare i resti osteologici e gli altri reperti  grazie all’installazione di tre laboratori sul cantiere: un laboratorio antropologico, un laboratorio informatico ed un laboratorio dedicato ai reperti ceramici, metallici e vitrei.
A partire dal 4 agosto, per due settimane, agli studenti americani subentreranno gli iscritti al Master di primo livello in bioarcheologia, paleopatologia e antropologia forense coordinato dalle università di Pisa, Bologna e Milano. E’ possibile seguire i risultati degli scavi, aggiornati in tempo reale, sul sito della divisione di paleopatologia dell’università di Pisa (www.paleopatologia.it), con la collaborazione del professor Antonio Fornaciari.
Il cantiere di scavo di Badia Pozzeveri, collocato lungo il tracciato della via Francigena in prossimità di Altopascio, costituisce ad oggi l’unico scavo archeologico di ricerca, aperto e visitabile, collocato sul tratto lucchese dell’importante strada medievale. Il grande significato scientifico e archeologico dell’operazione ha trovato ampio riscontro sui media internazionali, fino a conquistare nel dicembre 2013 la copertina di Science, la più importante rivista di divulgazione scientifica del mondo. Lo scavo si lega al progetto di recupero delle architetture monumentali della chiesa di San Pietro ed è fortemente sostenuto dall’amministrazione comunale, la quale si prefigge lo scopo di salvare un bene fondamentale per la storia non solo della comunità di Badia Pozzeveri ma di tutta la lucchesia orientale.
I reperti rinvenuti, una volta compiuto il restauro della chiesa di san Pietro e dell’ annesso complesso architettonico, andranno a costituire una raccolta museale adatta ad essere ospitata negli stessi ambienti insieme ad un percorso espositivo che illustri le vicende dell’abbazia e alla ricostruzione delle storie (stile di vita, attività fisiche e caratteristiche fisiche) raccontate dalle ossa dei nostri antenati, inumati per secoli nell’area del monastero camaldolese.

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