Il granaio del II secolo a.C. sarà esposto ad Athena foto

Dieci lunghi anni di duro lavoro ma anche di grandi soddisfazioni e di scoperte sensazionali. Sta per terminare la lunga e delicata opera di consolidamento e restauro dei ‘legni’ che compongono l’edificio ligneo ipogèo in legno di quercia risalente al secondo secolo a.C., ritrovato nel 2006 durante gli scavi per la costruzione del nuovo casello autostradale del Frizzone, resa possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Un reperto archeologico di straordinario valore che rappresenta un unicum in Italia per il livello di conservazione e che il prossimo autunno sarà collocato all’interno del museo archeologico ed etnografico Athena di via Carlo Piaggia.

Si tratta di una capanna a forma di rettangolo con i lati di 4 e 5 metri di cui è rimasta in ottimo stato di conservazione la parte interrata, alta circa un metro e mezzo, che riporta una gradinata su di un lato. La capanna faceva parte di un piccolo villaggio e con tutta probabilità fu costruita da liguri che si erano integrati con la colonia latina di Lucca. Al suo interno sono stati ritrovati resti di granaglie per cui è molto probabile che la struttura svolgesse la funzione di granaio. L’edificio ligneo è stato costruito con la tecnica Blockau (o alternis trabibus, con terminologia vitruviana) che prevede che i tronchi o travi siano sovrapposti orizzontalmente fino a formare delle pareti, con l’aggancio ottenuto agli angoli, dove vengono ricavate delle connessioni che permettono l’incasso e l’irrigidimento della struttura.
Le tecniche e il processo di restauro del granaio ipogèo e la sua futura musealizzazione sono stati illustrati questa mattina (8 giugno) dall’assessora alla cultura, Silvia Amadei, da Giulio Ciampoltrini della sovrintendenza dei beni archeologici della Toscana, da Alessandro Giannoni direttore del Museo Athena, da Maido Castiglioni vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, da Mauro Lazzaroni presidente del Gac (gruppo archeologico capannorese) e da Marcello Piacenti del Centro restauro Piacenti di Prato che ha recuperato il reperto archeologico.

Il restauro
Dalla conclusione delle operazioni di scavo, nel 2007, il reperto è stato estratto dal manto limoso che lo rivestiva completamente grazie all’asportazione del terreno circoscritto ed una prima pulitura dello spessore di fango superficiale. Si è poi provveduto a smontare la struttura e disporla in casse di materiale permeabile (legno di abete) con segatura di essenze, senza tannino, per permettere un trasporto più sicuro in laboratorio. Dopo il trasporto nel laboratorio della Piacenti Spa, le travi sono state asportate dalle casse di abete e sono state adagiate su carrelli mobili, dove è stato possibile asportare la maggior parte dei fanghi e dei residui terrosi depositati sulla superficie. Una serie di cicli di pulitura effettuati hanno avuto come obiettivo principale la fuoriuscita della maggior parte del fango.
Le travi lignee sono state sottoposte ad una depurazione continua nel tempo, preparando apposite vasche con acqua in cui immergerle. Con un sistema particolare di filtri e scambiatori, si è riusciti nel tempo, ad ottenere un buon livello di pulitura. Il trattamento successivo ha visto lo studio e l’esecuzione del consolidamento mediante un’aggiunta nelle medesime vasche, di prodotto zuccherino in soluzione. Attualmente sono in corso i test per l’ultimo step della metodologia, che prevede l’essiccazione. 
“Il granaio è rimasto sepolto da terra e argilla per migliaia di anni, completamente senza ossigeno – spiega Silvia Starinieri che ha collaborato negli ultimi mesi ai lavori con il Cnr Toscana – per il restauro abbiamo dovuto ricreare quindi le stesse caratteristiche, un ambiente completamente identico. Dalle varie analisi chimiche e fisiche apportate ai frammenti lignei – continua – si è potuto vedere che la struttura era composta al 300% di acqua, quindi la sostenza era riuscita ad occupare anche lo spazio legnoso. Prima di procedere col restauro si è dovuto studiare un procedimento che non distruggesse la parete cellulare della struttura: tramite degli zuccheri sciolti in acqua si è creata una sostanza molto simile alla cellulosa – conclude Starinieri – soluzione con cui successivamente sono state riempite le vasche”.

La tecnica a ozono
Grazie alla collaborazione e soprattutto alla particolare passione di Marcello Piacenti del centro restauro Piacenti di Prato, in tutti questi anni di lavoro è stata fatta anche una sensazionale scoperta: “Fin da bambino ho sempre avuto la passione per gli acquari – spiega Piacenti – e ho ideato delle vasche proprio con le loro stesse caratteristiche, con un sistema di pompaggio che filtra ozono. Prima di questo nuovo metodo di sterelizzazione – continua – le vasche dovevano essere riempite con quantità enormi di acqua ricca di sostenza tossiche che dovevano essere svuotate ogni tre mesi. Oltre allo spreco sproporzionato di acqua questa tecnica diventava anche molto rischiosa per l’ambiente”. Un sistema “pulito” e funzionale che potrà essere utilizzato anche nelle future scoperte.

La musealizzazione
Il reperto sarà collocato al piano terra del Museo Athena per la sua fruizione pubblica e lo spazio che lo ospiterà sarà creato dove attualmente si trovano tre piccoli locali. Attraverso l’abbattimento di alcune pareti sarà ricavato un ambiente unico, grande circa 60 metri quadrati, dove troverà appunto posto il reperto. I lavori, che prenderanno il via il prossimo 20 giugno per concludersi entro il mese di luglio, prevedono anche l’installazione di una particolare illuminazione adatta a preservare l’opera. Questo spazio ospiterà anche una serie di pannelli illustrativi che ricreeranno l’ambiente dell’opera esposta.
“Mentre il ciclo di consolidamento del legno è in fase di completamento, la modulazione degli spazi del Museo Civico di Capannori sta per offrire una sede adeguata, per condizioni climatiche e di accesso, alla conservare e alla fruizione pubblica della struttura che consentirà un magico viaggio nel territorio capannorese del secondo secolo a.C – afferma Giulio Ciampoltrini della soprintendenza archeologica della Toscana che ha anche ricostruito la storia dell’importante ritrovamento risalente ormai a dieci anni fa – Per chi a lungo ha lavorato nella soprintendenza archeologica della Toscana non resta che salutare, ora che questa sta per essere chiusa, i risultati della concorde collaborazione tra enti locali, anche con il concorso del volontariato, e delle fondazioni bancarie del territorio”.
“Il granaio ipogèo è un unicum in Italia – spiega Alessandro Giannoni, direttore del museo Athena – e la sua collocazione all’interno di Athena porterà lustro a questo polo museale. Saranno così valorizzati anche i reperti già presenti provenienti dall’area del Frizzone e dagli scavi di via Martiri Lunatesi, la sezione etnografica dedicata a Carlo Piaggia, nonché quella sulla civiltà contadina”.
“Il nostro obbiettivo è rendere fruibile al pubblico un reperto archeologico di grande valore storico unico in Italia – sostiene l’assessora alla cultura, Silvia Amadei – La sua collocazione nella sede di Athena farà certamente acquistare prestigio a questa realtà museale e di valorizzare le altre collezioni presenti nella struttura. Ringrazio la Sovrintendenza insieme al Gruppo archeologico capannorese per l’indispensabile collaborazione fornita al Comune nel portare a compimento questo nuovo progetto culturale e naturalmente la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca senza il cui contributo li recupero di quest’opera non sarebbe stato possibile”.
“L’eccezionalità del reperto ci ha spinto a contribuire al suo recupero – spiega Maido Castiglioni, vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca – affinché un patrimonio storico e culturale di grande valore non andasse disperso e fosse fruibile dal pubblico. Il sostegno alla cultura è infatti uno degli obiettivi della nostra fondazione. Siamo soddisfatti che il restauro dell’opera sia quasi concluso e che tra alcuni mesi possa essere esposta al pubblico”.

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