A servizio del potere: la cultura al tempo di Elisa

Il turbine giacobino trascorre velocemente a Lucca, frenato dalla scarsità dei suoi quadri, dalla ostilità dell’aristocrazia e del clero e dall’avversione sanfedista. Subentra un desiderio d’ordine e di legalità. Da Repubblica ‘democratizzata’, Lucca viena trasformata in Principato di Lucca e Piombino. Il 14 luglio (si noti la densità simbolica di questo data) 1805, a mezzogiorno preciso, Elisa Marianna Bonaparte, sorella di Napoleone, e suo marito, Felice Baciocchi, fanno il loro ingresso nella città murata.

Così scrive un testimone oculare, l’abate Jacopo Chelini, un nostalgico della repubblica aristocratica: quel momento “esser non poteva né più significativo né più brillante” ma, allo stesso tempo “né più quieto né più melanconico perché non ci potevamo scordare la dolce libertà che andavamo a perdere”. I furori rivoluzionari sono ormai alle spalle: a Parigi e ancora più a Lucca. Proprio alla fine di quel luglio 1805 in piazza San Michele viene rimosso l’ultimo “albero della libertà” con tutto il corollario di manifestazioni collaterali. Sostituiscono l’uno e le altre cerimonie ben più tradizionali come il Te Deum, del 29 giugno 1805, in San Martino, per ringraziare Dio dell’istituzione del nuovo governo. I nuovi detentori del potere a Lucca, come a Milano, come a Parigi, dopo la parentesi rivoluzionaria, tornano alla collaudata alleanza, trono-altare. La situazione nella città toscana rimane, però, delicata: quella che s’insedia nell’estate 1805 è una dinastia straniera, imposta con la forza da un potere imperiale, senza rapporti con il territorio, sopportata con cinica pazienza italica: “Francia o Spagna purché se magna”. Elisa e Felice sanno che l’antica aristocrazia non è in loro favore e ancor meno benigno è il clero, tassato nei beni e spossessato delle ricchezze. A Elisa Lucca appare addormentata in un sonno profondo. Nei suoi programmi c’è l’intenzione di svegliarla, renderla più vivace, imperiale, francese. Il terreno su cui la principessa investe per la modernizzazione della città è quello della cultura: balli, feste, luminare accompagnano profonde trasformazioni urbanistiche. Lucca cambia a partire dalla forma urbana e punta a trasformarsi in una piccola capitale europea. Il Palazzo, sede del potere civile, acquista le fattezze monumentali di una reggia, tra le più eleganti e maestose d’Italia, grazie agli interventi degli architetti Pierre Theodore Bienaimé e Giovanni Lazzarini: gli stessi a cui è affidato il compito di portare un po’ di Parigi a Lucca con la piazza Napoleone (1806), la via e la porta Elisa, aperta nel 1809, simbolicamente rivolta verso Firenze nel momento in cui alla sorella dell’imperatore è conferito il titolo di Granduchessa d’Etruria. Donna colta, Elisa, amava la lettura di Plutarco e del prete preromantico inglese Edward Young, autore delle Notti, ma la sua passione era il teatro: Corneille, Racine, Moliere. A Lucca da appena un mese, si adopera perché a Bagni di Lucca sia messa in scena una Fedra di Racine in cui non si fa scrupolo di recitare. Invitate dalla principessa, più di una compagnia teatrale d’oltralpe si esibì al teatro Castiglioncello di Lucca; ma sia i comportamenti non proprio esemplari delle attrici, sia i modesti successi, dovuti alla scarsa affluenza di un pubblico che non conosceva il francese, le fecero diradare questi interventi, sino a cessarli del tutto. Meno sensibile alla musica, Elisa intercettò a Lucca importanti tradizioni musicali: intanto la presenza in città di Niccolò Paganini, primo violino dell’orchestra della Repubblica. Inizialmente il rapporto tra i due non è facile. La principessa preferisce affidare i ruoli d’autorità alla persone di maggiore anzianità e così Niccolò perde il suo incarico prestigioso. Per riconquistarlo, però, in breve tempo, insieme al titolo di Capitano d’onore delle Guardie e a un posto privilegiato nel cuore di Elisa. Una relazione amorosa durata alcuni anni, complicata dai caratteri egocentrici e spigolosi dell’uno e dell’altra. Un sodalizio erotico/artistico/di potere che si scioglie definitivamente col trasferimento di Elisa a Firenze nel 1809 e coincide col congedo di Paganini dalla corte lucchese. La continuità della vita musicale lucchese è, però, mantenuta dal lavoro indefesso di Domenico Puccini, il nonno di Giacomo, musicista eclettico, “buon pianista e buonissimo suonatore d’organo”. Maestro della Cappella di Palazzo e organista della Cattedrale svolse una frenetica attività di cantate d’occasione per le più diverse festività: onomastici e compleanni dei principi, dell’imperatore, vittorie militari e maternità. Una musica che si piega a fini propagandistici, ma riesce a mantenere caratteri di qualità e dignità formali e fa da colonna sonora alle importanti trasformazioni introdotto da Elisa. I beni dei conventi sono trasformati in demaniali e le nuove risorse investite in opere di pubblica utilità. Sono ampliati gli istituti caritativi, risanate le carceri, potenziate le istituzioni culturali. È costituita la biblioteca pubblica e l’Accademia Napoleone riorganizzata secondo i diversi rami delle arti e delle scienze per quaranta accademici. Tra i soci corrispondenti è da annoverare il fiore della cultura europea: Monti, Paisiello, Canova, David, Volta, Laplace. Ma fanno cultura anche gli anniversari: il 14 luglio, ribattezzato festa della Concorde; il 15 agosto, compleanno dell’imperatore; il 2 dicembre, anniversario dell’incoronazione e della vittoria di Austerlitz; il 3 gennaio, data della nascita di Elisa; il 18 maggio, san Felice, festa per il Baciocchi: campane, spari, messa solenne in San Martino. Senza dimenticare, in settembre, la Santa Croce, mentre da Bagni di Lucca si diffonde il piacere dell’acqua e delle terme. Timidamente fanno la loro apparizione i bagni di mare: a Viareggio, il porto franco dei lucchesi, dove ci si reca per giocare – e spesso rovinarsi – a biribisso e praticare per le festività religiose lauti digiuni a base di eccellenti piatti di pesce. A Lucca si contano cinque cioccolatieri e sette caffeanti, mentre da Parigi non mancano arrivi di bottiglie di champagne per la mensa dei principi che amano combattere la calura estiva con sorbetti e gelati.

Luciano Luciani

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