Previsto anche il carcere per chi maltratta o abbandona animali

Con l’avvicinarsi della stagione estiva e delle vacanze, cominciano a trovare più spazio nella cronaca quotidiana notizie relative all’abbandono di animali domestici, nonché campagne di sensibilizzazione contro il maltrattamento dei nostri amici cani e gatti. Ciò cui forse non viene dato il giusto risalto è il fatto che tali condotte integrano fattispecie sanzionate dal codice penale, con pene sino a due anni di reclusione.

La materia era inizialmente disciplinata dall’articolo 727 del codice penale, che non prevedeva una pena detentiva, ma soltanto pecuniaria. Successivamente, in forza delle istanze delle associazioni animaliste e del mutato sentire comune, la legge 189 del 2004, ha previsto una disciplina più specifica, introducendo ad hoc nel codice penale il Titolo IX bis, rubricato Dei delitti contro il sentimento per gli animali. In particolare i nuovi articoli 544 bis e 544 ter del codice penale, reprimono con forza variegate ipotesi di maltrattamenti e, per la prima volta, sanzionano l’uccisione di animale in sé. L’articolo 544 bis punisce infatti “chiunque cagioni la morte di un animale”, ed ha un incipit identico a quello dell’articolo 575 del codice in materia di omicidio, ed è evidente la sua portata innovativa. L’articolo 544 ter stabilisce invece che chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3mila a 15mila euro. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti vietate, li sottopone a trattamenti che procurano loro un danno alla salute ed è aumentata sino alla metà se la condotta provoca la morte dell’animale.
In sostanza quindi, si può ritenere che siano sanzionate tutte le azioni perpetrate dall’uomo agli animali che comportano per gli stessi una lesione fisica, inflitta con crudeltà, ovvero per motivi abietti e futili e con la volontà specifica di nuocere alla bestiola. Non è necessaria un’azione commissiva, che comporta un agire materiale nei confronti dell’animale, ma è sufficiente anche un’azione omissiva, consistente in un non-fare, che implica una sofferenza. Infatti, la Corte di Cassazione (46560 del 2015), decidendo un caso in cui “animali domestici venivano tenuti in un luogo privo di un ricovero adeguato, denutriti, dissetati con acqua piovana e circondanti dalle loro feci” ha affermato che costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione. Più in particolare la differenza del danno cagionato dalla condotta umana all’animale, consistente in una sofferenza o in un danno alla salute, costituisce il discrimine per applicare l’art. 544 ter del codice penale o l’art 727 del codice penale, che, come detto, prevede una sanzione più blanda.
Un’ulteriore svolta alla tutela degli animali è stata data nel 2010, con la legge 201, con cui l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987. Sono state, infatti, ulteriormente innalzate le pene previste per l’uccisione e il maltrattamento degli animali e introdotte, tra le altre, le fattispecie di traffico illecito di animali da compagnia e della loro introduzione illecita nel territorio nazionale.
Varie polemiche sono emerse in relazione ai numerosi reati colpiti dalla “non punibilità per la speciale tenuità del fatto” introdotta dal decreto legislativo 28 del 16 aprile 2015. Erroneamente, infatti, si è pensato che rientrassero in questa possibilità anche tali reati, ma così non è perché l’articolo 131 bis, prevede espressamente che l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, quando l’autore, tra l’altro, ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali.
Ad oggi, gli animali godono di un’ampia tutela e quindi non esitate denunciare queste condotte.

A cura dell’avvocato Elisa Salvoni

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