Infermiera bruciata viva, 30 anni al killer di Vania foto

di Roberto Salotti
Trenta anni. E’ questa la condanna pronunciata stamani (29 maggio) dal giudice per le udienze preliminari Antonia Aracri nei confronti di Pasquale Russo, 47 anni, di Segromigno in Monte, accusato di aver dato alle fiamme e ucciso l’infermiera Vania Vannucchi di Lucca. Una sentenza arrivata nel primo pomeriggio dopo una pesante richiesta della procura. Il pm Piero Capizzoto, titolare dell’inchiesta che portò all’arresto del presunto killer, aveva chiesto l’ergastolo. Una proposta non raccolta dal gup. Per gli avvocati difensori Gianfelice Cesaretti e Paolo Mei che avevano chiesto il rito abbreviato anche per evitare la condanna a vita una vittoria, anche se al momento i legali non intendono commentare. Aspetteranno le motivazioni della sentenza che il gup depositerà entro 90 giorni. Da valutare anche le mosse della procura, che potrebbe ricorrere in Appello.

Ma in aula Russo – che dovrà anche risarcire le parti civili – non c’era. L’ex operaio della Manutencoop ha preferito attendere la sentenza nel carcere di Prato, dove si trova rinchiuso. In tribunale c’erano però i familiari dell’infermeria, la cui vita è stata sconvolta per sempre. Impossibile cancellare il dolore per la perdita di Vania, avvenuta in circostanze terribili che hanno impressionato tutta la città.
Vania Vannucchi aveva lottato fino all’ultimo, ma aveva perso l’estrema battaglia contro la violenza assurda, improvvisa e cieca dell’uomo che non riusciva ad accettare il suo rifiuto: l’ex collega Pasquale Russo, nella mattina del 2 agosto scorso l’aveva aggredita dopo averla incontrata ai magazzini dell’ex Campo di Marte, dove aveva conosciuto l’ex barelliera assunta poi come operatrice socio sanitaria all’ospedale Cisanello di Pisa (Articolo e foto).
Proprio a Cisanello, attorno alle 6 del 3 agosto, vicino alle colleghe che non l’hanno lasciata sola un attimo, Vania, 46 anni di Lucca, figlia del massaggiatore della Lucchese, Alvaro Vannucchi, era morta, dopo essere stata ricoverata in gravissime condizioni al centro grandi ustionati. Disperate fin dall’inizio le sue condizioni: l’uomo che l’ha uccisa, secondo quanto era stato ricostruito dall’accusa, l’aveva prima cosparsa di benzina e poi le aveva dato fuoco. Le fiamme l’avevano avvolta provocandole ustioni sul 90% del corpo.
Il dramma si era consumato attorno alle 13 del 2 agosto ed era stato ripreso, parzialmente, da una telecamera di videosorveglianza, acquisita dagli agenti della squadra mobile di Lucca che avevano arrestato Russo poco dopo i fatti, rintracciandolo nella sua abitazione. I due, secondo quanto era stato ricostruito, si erano incontrati in un piazzale vicino all’obitorio sul retro dei magazzini dell’ex ospedale, ma era scoppiato subito un violento litigio. Russo, che non si dava pace per la fine della relazione, aveva perso la testa dopo il nuovo rifiuto della donna, che si sentiva ormai perseguitata tanto da confessare le sue angosce alle amiche (Leggi). Vania, dopo la discussione nel piazzale, si era allontanata in direzione della sua auto, una Fiat 500.
Ma era stata aggredita alle spalle da Pasquale – secondo quanto ricostruito dalla polizia -: l’operaio le aveva gettato addosso della benzina e le aveva dato fuoco, allontanandosi subito dopo in sella al suo motorino.
I colleghi di Vania l’avevano soccorsa come avevano potuto, afferrando dei secchi e riempiendoli d’acqua mentre altri avevano dato l’allarme ai vigili del fuoco e al 118: “Era a pancia in giù a terra, avvolta dalle fiamme”, avevano raccontato i primi soccorritori. “E’ stato terribile, sono scene che pensi di vedere soltanto nei film”, aveva anche detto un addetto alla sicurezza. Purtroppo per Vania Vannucchi una tragica realtà. I soccorritori del 118 avevano prestato le prime disperate cure sul posto, sedando la donna per alleviare il più possibile il dolore, lancinante. “Avvisate la mia famiglia, chiamate il mio babbo”, aveva detto con un filo di voce Vania prima di fare il nome di quello che con la sua morte sarebbe diventato il suo assassino: “Pasquale, è stato Pasquale”, aveva detto.
La polizia aveva chiuso in breve il cerchio sulle indagini, ricostruendo il delitto a ritroso, dagli episodi che lo avevano scatenato. Erano emersi così particolari di molestie e persecuzioni che avrebbe subito la donna nel periodo precedente all’omicidio da Pasquale, che dopo averla lasciata una prima volta, non accettava di essere stato respinto dalla donna, quando le si era ripresentato chiedendole di riprendere la loro relazione.
Il litigio scoppiato nella tarda mattina del 2 agosto scorso era stato per un telefonino che la donna si era vista sottrarre dal comodino di camera la notte prima della furia omicida. Un furto del quale Vania riteneva responsabile Russo, anche se nella denuncia che presentò qualche ora prima ai carabinieri di Borgo Giannotti il nome dell’operaio non appariva. Vania non lo fece. Si era limitata a sfogarsi con qualche amiche, raccontando che Russo l’avrebbe perseguitata. Ma lei non lo aveva denunciato.

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