I giudici: “Strage Viareggio, rischi sottovalutati”

Se è vero che la strage della stazione di Viareggio, dove 32 persone persero la vita il 29 giugno 2009, non fu un fatto “imprevedibile”, è vero che le responsabilità sono anche dell’amministrazione delegato di Rfi, Mauro Moretti (fino al 2006) e al suo successore Michele Mario Elia, che sottovalutarono “situazioni di pericolo perduranti nel tempo, derivanti da carenze strutturali, e relative ad impostazioni di carattere generale, nonchè a scelte di politica aziendale, che non dovevano e non potevano sfuggire” all’ad. Lo scrivono i giudici del collegio del tribunale di Lucca, Gerardo Boragine (presidente), Nadia Genovesi e Valeria Marino, nelle oltre 1.300 pagine delle motivazioni della sentenza del 31 gennaio scorso.

Per questo, tra i condannati nel processo di primo grado, ci sono anche Moretti (a 7 anni) ed Elia (a 7 anni e mezzo), colpevoli secondo i giudici anche di non aver fatto “una adeguata analisi e valutazione dei rischi”, in particolare per quelli connessi “alla circolazione di convogli trasportanti merci pericolose sulla intera rete nazionale”. Non solo: a loro i giudici imputano anche la colpa di aver consentito la circolazione di materiale rotabile “che in base alle regole e agli standard di sicurezza stabiliti dalla stessa Rfi, in mancanza della necessaria ‘tracciabilità'”, scrivono ancora i giudici. E del resto all’ad di Rfi, quindi a Moretti prima ed Elia poi, vengono “espressamente attribuiti tutti i poteri ed illimitata autonomia organizzativa, senza alcun vincolo di spesa – prosegue il collegio – in materia di sicurezza di esercizio e al fine di garantire la sicurezza e l’igiene del lavoro, l’incolumità di terzi e la tutela dell’ambiente”. Ma vanno fatti dei distinguo, secondo le motivazioni della sentenza. “Non risulta sufficientemente provato che Mauro Moretti” in qualità di ad di Ferrovie dello Stato, carica da lui ricoperta dall’aprile 2007, “abbia assunto anche la qualità di amministratore di fatto di Trenitalia e Rfi”. Secondo il tribunale “non sono sufficienti i suoi innumerevoli interventi” nella gestione delle società controllate. Per quanto riguarda la condanna delle società coinvolte, sia italiane sia estere, e in particolare della multinazionale Gatx proprietaria delle cisterne che trasportavano il gpl, i giudici fanno anche riferimento alla sentenza contro la ThyssenKrupp che, scrivono, “ha sgombrato il campo al riguardo, affermando che ‘i concetti di interesse e vantaggio nei reati colposi d’evento, vanno di necessità riferiti alla condanna e non all’evento antigiuridico’”. L’avvocato di parte civile Enrico
Marzaduri, è convinto che si tratti di una sentenza “molto convincente soprattutto nella parte che riguarda l’infortunistica sul lavoro”.
Per Marzaduri, legale di Daniela Rombi (madre di Emanuela Menichetti, 21 anni, una delle 32 vittime), della Provincia di Lucca e della Croce Verde di Viareggio che si sono costituiti parte civile, “la fonte del pericolo deve essere ì valorizzata a prescindere da dove avviene l’infortunio”. Per quanto riguarda l’appello l”avvocato spiega di non aver ancora parlato con i suoi assistiti. “Vedremo”, dice.
Marco Piagentini, presidente dell’associazione “Il Mondo che vorrei” che raggruppa i familiari delle 32 vittime, attende di leggere anche lui come tutti le 1.300 pagine delle motivazioni della sentenza, ma da una prima lettura ha avuto la conferma che ciò che accadde poteva essere evitato. “Lo avevano sempre detto che pur avendone le possibilità economiche non era stato fatto nulla sulla sicurezza delle Ferrovie e purtroppo quanto accaduto la notte del 29 giugno del 2009 ne è la dimostrazione. Quello è stato un incidente sul lavoro e i vertici delle aziende sono i responsabili di tutto questo”, dice Piagentini.
“Vorremmo sapere dal ministero dei Trasporti ciò che è stato fatto per quanto riguarda la sicurezza dal 31 gennaio”, aggiunge riferendosi al giorno in cui si chiuse il processo con la lettura del dispositivo delle condanne. “I ferrovieri avevano sempre sollecitato interventi in tal senso, che sono stati disattesi da chi poteva fare e non ha fatto. Noi chiediamo giustizia – prosegue – per chi ha perso figli, mogli, parenti tutti in questa strage. Abbiamo atteso sette anni per il processo di primo grado, speriamo di attenderne meno per l’appello e la Cassazione. Quello che è stato fatto
principalmente sono gli interessi economici a discapito della sicurezza e ciò è inaccettabile”.
“Da stasera, e fino a domenica, ci troviamo nella pineta di levante in Darsena a Viareggio per la Rassegna ‘I Giorni della memoria e della solidarietà’ – aggiunge riferendosi alla manifestazione organizzata dal’Associazione -. Domenica sera è previsto il dibattito ‘Dentro la sentenza il cammino verso l’appello’ con la presenza dei nostri avvocati e dopo avere letto le 1.300 pagine delle motivazioni sulla sentenza saremo in grado di fare altri commenti in merito”.

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