Con Odifreddi la storia della matematica diventa show

Un magnifico viaggio immaginario, attraverso il tempo e lo spazio, che ha portato il pubblico ad attraversare in poco più di un’ora tutto il Mediterraneo, dalla Spagna al medio oriente. È questo ciò a cui hanno potuto assistere ieri sera (10 novembre) nell’auditorium di San Francesco, i tanti lucchesi che non sono voluti mancare all’incontro che ha visto come grande protagonista il matematico e scrittore Piergiorgio Odifreddi. L’incontro dal titolo Un mare di scienza, era il terzo appuntamento della rassegna Conversazioni in San Francesco organizzata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Lucca. Il celebre studioso ha accompagnato il pubblico lungo le rotte del Mediterraneo sulle orme dei più grandi matematici dell’antichità. “Mentre mi preparavo a questo incontro – spiega Odifreddi – mi sono reso conto che c’erano molte più cose da dire di quelle che mi aspettavo”. Infatti, sono stati moltissimi i temi toccati e che hanno abbracciato non solo la matematica ma anche l’arte e la cultura, la filosofia, la religione e molto altro.

“Sono molto felice di essere qui, meno di trovarmi in una chiesa consacrata – esordisce con ironia il matematico, noto per le sue posizioni ferventemente atee – ma cercherò ugualmente di essere all’altezza”. E dire che il giovane Odifreddi avrebbe voluto fare il papa. Come lui stesso spiega infatti: “Quando ero bambino in televisione si vedeva solo il Rischiatutto e la messa. Ma sinceramente non mi vedevo molto nei panni di Mike Bongiorno per cui optai per l’altra carriera. Quando però, dopo il Concilio Vaticano Secondo, capii che le mie chances di diventare pontefice sarebbero state poche decisi di lasciar perdere. Quando ho raccontato questa storia a Benedetto XVI si è messo a ridere perché per lui non era immaginabile che un bambino potesse desiderare di fare il papa da grande”.
Dopo queste battute iniziali, Odifreddi inizia il suo viaggio portando idealmente il pubblico nell’antico Egitto di 4500 anni fa, più precisamente a Giza. È qui che nascono la matematica e la geometria a cui poi si sarebbero ispirati anche gli antichi greci: “In questa fase della civiltà egizia, la matematica era già conosciuta e molto sviluppata. Il termine geometria, cioè misura della terra, deriva proprio da questo periodo: infatti, quando il Nilo si ritirava dopo le piene, i contadini avevano bisogno di ricostruire le loro abitazioni e le facevano tirando delle funi per calcolare aree e dimensioni”. Da qui, gli antichi egizi iniziarono a sviluppare un pensiero geometrico astratto che fu la base poi per la costruzione delle piramidi volute dai faraoni.
Sempre nell’antico Egitto ma circa 2000 anni dopo, quando la grande civiltà che aveva costruito le piramidi era già decaduta e le sue conoscenze perdute, arrivò un altro grande protagonista della storia della matematica: Talete di Mileto, città dell’Asia minore. “La leggenda – racconta Odifreddi – narra che a Talete, che stava visitando l’Egitto, venne chiesto di capire come calcolare l’altezza delle piramidi. Talete, si dice, ebbe l’intuizione osservando il suo bastone ed un obelisco. Egli capì che il bastone e la sua ombra e l’obelisco e la sua ombra formavano due triangoli rettangoli simili. Conoscendo l’altezza del bastone e facendo una proporzione tra le ombre, era possibile risalire all’altezza dell’obelisco. Lo stesso teorema era applicabile, con alcuni accorgimenti, anche per calcolare l’altezza delle piramidi”.
Lo scrittore e matematico prosegue il suo viaggio nel Mediterraneo e conduce la platea nella Crotone di 2500 anni fa. Qui viveva Pitagora che “oggi sarebbe definito un immigrato – ironizza Odifreddi – perché proveniva da Samo e si trovava in Calabria in esilio”. Pitagora aveva costituito in Calabria una scuola che diede alla matematica un contributo fondamentale: “Oltre al noto teorema che tutti conosciamo, un teorema meraviglioso che nasconde molte più implicazioni di quelle che ci insegnano a scuola, Pitagora scoprì molte altre cose. Ad esempio, scoprì il rettangolo aureo: un rettangolo in cui il rapporto fra il lato maggiore e il lato minore è identico a quello fra il lato minore e il segmento ottenuto sottraendo quest’ultimo dal lato maggiore. Ebbene, questo tipo di rettangolo ha delle proprietà particolarissime ed è stato, ad esempio sfruttato da Piero della Francesca, che oltre ad essere un illustre pittore era anche un matematico, per dipingere la Flagellazione di Cristo. Non solo, grazie alla scoperta di questo rettangolo, per la prima volta nel mondo matematico compare l’infinito: infatti, il processo di segmentazione del rettangolo aureo può essere ripetuto all’infinito ed è questo il principio con cui si costruisce la spirale aurea, una forma geometrica molto presente in natura, ad esempio nel guscio del nautilus. La natura aveva dunque scoperto questa curva molto prima dei pitagorici”.
“Le scoperte di Pitagora però non si fermano qui – prosegue Odifreddi -: dovete sapere infatti che a Crotone in quel periodo si trovavano dei cristalli di pirite dalla forma pentagonale. Questi cristalli furono d’ispirazione per la scoperta del dodecaedro, il solido geometrico composto appunto da 12 facce pentagonali. Questo solido ha ispirato, ad esempio, L’Ultima cena di Dalì”.
Un nuovo salto nel tempo e nello spazio ci riporta in Egitto, nella Alessandria di 2300 anni fa. Lì, nel centro della cultura dell’impero di Alessandro Magno, viveva Euclide. “Euclide ci ha lasciato un vero e proprio monumento intellettuale: il suo libro ‘Elementi di geometria’ rappresenta una vera e propria enciclopedia del sapere matematico. Un libro su cui centinaia di studiosi fino all’800 si sono formati. Insieme alla Bibbia è il libro che è stato stampato di più e in più versioni. Pensate che tutto il primo capitolo è dedicato a dimostrare il teorema di Pitagora”.
Con un piccolo salto temporale di una cinquantina d’anni, si giunge in Sicilia e più precisamente a Siracusa, terra del più famoso scienziato dell’antichità, Archimede: “Su Archimede si narrano storie e leggende a non finire. Come spesso accade nella storia, Archimede si era messo al servizio del potente di turno che finanziava le sue ricerche. Sappiamo che contribuì a costruire le fortificazioni della città e inventò alcune armi estremamente distruttive come gli specchi ustori che convergevano la luce solare in un unico punto e grazie a questo sistema riuscivano ad incendiare le vele delle navi nemiche. Una dimostrazione di come la conoscenza possa avere anche aspetti negativi. Pochi sanno che molte delle conoscenze matematiche che abbiamo si debbono a lui come ad esempio il calcolo della superficie e della circonferenza del cerchio ed il calcolo infinitesimale. Ma il teorema di cui lui andava più fiero e che si fece anche incidere sulla tomba, fu la dimostrazione che il rapporto tra il volume di una sfera e di un cilindro avente stesso diametro e stessa altezza è 2/3 e che lo stesso vale per la superficie. Si tratta di un risultato meraviglioso e che eccita il matematico – scherza – Ci sarebbe potuto essere un rapporto diverso tra area e volume oppure sarebbe potuto essere un numero assurdo, invece è un risultato perfetto. Archimede ha poi scoperto un altro solido e cioè l’icosaedro troncato, un solido composto da 32 facce di cui 20 esagoni e 12 pentagoni. Pensate che noi idolatriamo questo solido ogni domenica dato che è la forma niente meno che di un classico pallone da calcio. Ma, anche in questo caso, la natura è arrivata prima degli scienziati: esiste infatti un elemento chimico composto da 60 atomi di carbonio che ha questa forma. È incredibile pensare che in natura possano esistere degli elementi così complessi”.
L’ultima tappa del viaggio è Granada, roccaforte dei mori in Spagna. Qui si trova la bellissima Alhambra. E sempre qui, nel 1492, cessò definitivamente l’epoca dei mori quando Isabella di Castiglia e Ferdinando D’Aragona la riconquistarono strappandola al sultano Abū ʿAbd Allāh. Tra gli spettatori di questo avvenimento c’era anche Cristoforo Colombo che, pochi mesi dopo, sarebbe partito per il suo viaggio. “Gli arabi avevano preso la torcia del sapere matematico dai greci, la cui cultura era decaduta. In questo periodo non è più il Mediterraneo la culla della conoscenza ma le città del Medio Oriente. Una parte di questa conoscenza arrivò anche a Granada e dentro la Alhambra. Qui si studiarono le strutture di simmetria. Un esempio di questi studi è rappresentato dal Quadro che visto da vicino sembra una tigre e visto da lontano sembra la faccia di Lenin di Dalì. Ma dentro la Alhambra c’è qualcosa di più profondo: a differenza dei cristiani che non prendono seriamente i comandamenti – ironizza ancora una volta Odifreddi – ebrei e musulmani non possono raffigurare immagini reali ma solo astratte. Per questo, l’arte islamica approfondì lo studio delle figure geometriche astratte. Dentro la Alhambra ci sono tutte le 17 forme possibili di simmetria. I mori c’erano arrivati mille anni prima del teorema del russo Fedorov che le teorizzava”.
Con l’arrivo nella splendida fortezza rossa si conclude il viaggio attraverso la matematica del Mediterraneo. Un viaggio utile a ricordare come il Mare Nostrum sia stato la culla della civiltà contemporanea e come il connubio di influenze e provenienze diverse abbia contribuito in modo fondamentale, insieme a molte altre culture come quella indiana, allo sviluppo della conoscenza.

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