Cervello e cecità, a Imt le nuove scoperte

Volge al termine il ciclo di eventi promossi dalla scuola Imt Alti Studi Lucca in occasione della Settimana mondiale del cervello.  L’ultimo appuntamento è per domani (17 marzo) alle 17 nell’auditorium Cappella Guinigi e sarà dedicato alla scoperta delle funzionalità del cervello delle persone non vedenti. Si intitola Un altro vedere: nuova luce nell’oscurità l’incontro che vedrà la partecipazione di Emiliano Ricciardi, professore di psicobiologia e psicologia fisiologica, e Davide Bottari, ricercatore in neuroscienze cognitive, della scuola Imt Alti. Con loro, parteciperanno Barbara Leporini, ricercatrice in informatica all’istituto di scienza e tecnologie dell’informazione Alessandro Faedo del Cnr di Pisa, e Antonio Quatraro, presidente del consiglio regionale Toscano dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.

Negli ultimi anni, le neuroscienze si sono rivolte a studiare il cervello dei non vedenti per capirne principalmente le potenzialità di recupero plastico, dopo la perdita della vista. Ma lo studio del ‘cervello non vedente’ si è ben presto rivelato uno dei campi più promettenti nelle scienze della mente, in quanto osservare il comportamento e le risposte cerebrale dei ciechi ha portato a meglio comprendere il funzionamento del cervello e a ripensare il modo in cui esso elabora le informazioni sensoriali e astratte. Il nostro cervello sviluppa la sua meravigliosa organizzazione e le sue complesse modalità di funzionamento indipendentemente dalla vista: per molte funzioni mentali, vedenti e non vedenti mostrano, infatti, un’identica attività cerebrale e un modo affine di rappresentarsi il mondo esterno, indipendentemente dal fatto che siano utilizzati canali sensoriali differenti.
“Grazie alle metodologie di esplorazione funzionale del cervello, come l’elettroencefalografia o la risonanza magnetica funzionale, metodi non invasivi che permettono di monitorare l’attività delle diverse aree cerebrali, i ricercatori di tutto il mondo, compresi quelli della nostra scuola –  ci spiega Ricciardi –  hanno dimostrato che il cervello dei non vedenti accende le stesse aree utilizzate dai vedenti, anche se la stessa informazione (per esempio la forma di un oggetto, la sua localizzazione nello spazio) è percepita con l’udito o con il tatto”.
E cosa accade alle cosiddette regioni visive? “La corteccia visiva nei non vedenti – ci spiega il Bottari – anche se non utilizzata per processare stimoli visivi, viene riutilizzata in diversi processi cognitivi. Il nostro cervello è plastico e fa fare alla corteccia visiva un compito diverso che, forse, compensa la mancanza della vista”.
“I risultati dimostrano che il cervello è organizzato in modo più articolato di quanto si credesse e che utilizza tutte le informazioni, a prescindere dalla singola attività sensoriale – commenta il professor Pietrini -. La vista resta una funzione importantissima ma adesso sappiamo che la capacità di rappresentare il mondo esterno non dipende strettamente da questa perché il cervello è in grado di svilupparsi anche quando manca l’esperienza visiva. Il cervello del non vedente è ‘diversamente abile’, proprio in senso neurobiologico”..

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