L’arte in bianco e nero di Corbijn incanta al Film Festival foto

Dopo una giornata dedicata al piccolo grande uomo del cinema Martin Freeman oggi (10 aprile) il Lucca Film Festival cede il suo trono ad un altro mostro della settima arte: Anton Corbijn. Il fotografo e regista olandese è infatti arrivato oggi nella nostra città per la proiezione di Control, pellicola in bianco e nero del 2007 che ha subito messo in risalto il duplice talento dell’artista, eccezionale anche dietro la macchina da presa. In tantissimi, soprattutto giovani, quelli che questa mattina hanno riempito il cinema Centrale che, oltre alla proiezione, ha ospitato l’artista alla presenza di Alessandro Romanini e Enrico Stefanelli, direttore artistico di Photolux. Una chiacchierata in cui sono stati proiettati anche tanti lavori di Corbijn, celebre soprattutto per aver ritratto i giganti della storia del rock e realizzato videoclip ormai considerati delle vere e proprie opere d’arte.

“Control non è stato girato in bianco e nero – ha raccontato Corbijn poco dopo l’applauso e i titoli di coda – Il film è stato girato a colori e desaturato successivamente, quindi l’immagine risulta molto più intensa. In fotografia non illumino mai i soggetti con la luce artificiale, ma qui ho dovuto fare delle eccezioni. Volevo che lo spettatore si concentrasse sulla trama del film, non sull’estetica sgranata della pellicola”.
Il film, ricordiamo, racconta la controversa figura di Ian Curtis, cantante del gruppo rock Joy Divsion, e il dramma personale, professionale e sentimentale che lo porterà a togliersi la vita alla giovane età di 23 anni.
“Le scene girate all’esterno sono reali – continua a raccontare l’artista – mentre le scene girate in casa sono state completamente ricreate in studio: lo spazio era troppo piccolo, non riuscivamo nemmeno a passare con la camera, abbiamo dovuto creare pareti in grado di muoversi. I movimenti di camera sono sempre piuttosto statici nel mio cinema, sempre tanto imprevedibile”.
All’evento sono stati proiettati vecchi lavori come Hockey (1983) e Red Guitar (1984) di cui ancora tutto il mondo parla.
“Negli anni ’80 ho cominciato in Germania a girare video musicali che all’epoca andavano molto in voga. Mi sono detto ‘provo, tanto non li vedrà mai nessuno’ e invece eccomi qui. Per quei tempi i miei lavori erano molto progressisti, cose mai viste prima. Tutti gli altri – spiega il regista – erano video superficiali, pieni di colori e scintillii. Io sono sempre stato diverso. Adesso a riguardarli me ne vergogno, sembrano quasi video girati in casa, ma negli anni Ottanta feci davvero scalpore, la mia ricerca estetica è sempre stata considerata molto coraggiosa. Ai tempi non avevo nemmeno tanto budget a disposizione e spesso alcuni pezzi del filmato non riuscivano bene, ma ho continuato per la mia strada. Oggi – racconta – molto probabilmente non tornerei mai a fare il fotografo: adesso sono molto più affascinato dalla pittura, infatti anche i miei ultimi lavori si sono concentrati sugli artisti. La musica è bella ma l’arte mi affascina molto di più. Tra poco mi trasferirò ad Amsterdam e chissà cosa accadrà: di una cosa sono certo, l’Europa ha da regalare molto di più degli Stati Uniti”.
Corbijn questa sera alle 20,30 riceverà il premio alla carriera al cinema Astra (dalle 20,20 sul red carpet). La cerimonia precederà la proiezione del film Life (Canada e Germania, 2015), introdotta da Alessandro Romanini, che racconta il forte legame di amicizia fra il fotografo della rivista Life Dennis Stock e l’attore James Dean. Un altro tappeto rosso dalle grandi emozioni, sperando che il maltempo trovi un attimo di respiro.

Giulia Prete

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