Friedkin a Lucca: “Con la tecnologia il cinema è morto”

Il regista premio oscar statunitense, William Friedkin, ospite d’onore alla serata inaugurale del Lucca Film Festival di domani, durante la quale riceverà il premio alla carriera, ha proposto, questa mattina (2 aprile) nel complesso di San Micheletto, una riflessione sulla deriva del cinema contemporaneo, ripercorrendo la sua carriera dagli esordi all’incontro con Hitchcock, fino alla conquista della statuetta d’oro.
“Non seguo molto il cinema americano di oggi – ha dichiarato – i registi contemporanei che più apprezzo sono Paolo Sorrentino, Matteo Garrone e i fratelli Coen. Credo che in generale il cinema europeo non abbia saputo rimpiazzare i grandi maestri quali Fellini, Scola, Bertolucci, Truffaut, da cui ho imparato a fare film. Quello che stiamo vivendo – ha spiegato – è un periodo pericoloso per il cinema a livello mondiale: era chiaro che anche questo settore, come tutte le altre forme d’arte, sarebbe mutato, ma non avevo mai assistito a cambiamenti così epocali. Se fossi un giovane che si affaccia oggi su questo scenario non sarei interessato a fare cinema, mi specializzerei piuttosto in grafica del computer”.

L’analisi di Friedkin parte dall’evoluzione dei gusti del pubblico, dovuto in gran parte all’avvento delle nuove tecnologie, che dominano le odierne pellicole a discapito dell’aspetto contenutistico.
“Ormai viviamo in un mondo completamente diverso dal passato, ma non si tratta di un mondo amico del cinema – ha osservato – la tecnologia ha preso il sopravvento sulle storie e sui personaggi: oggi in ogni parte del mondo il pubblico vuole vedere i supereroi e non sarebbe spaventato dai film di quello che per me è il più grande regista horror, Dario Argento, perché è abituato ad avere paura di alieni e vampiri. La mia generazione – ha raccontato – amava i grandi classici come se rappresentassero la storia vivente del cinema: questi venivano infatti proiettati in tutte le sale americane, mentre oggi è molto raro che ciò avvenga, al massimo si guardano in dvd”.
Un altro aspetto su cui riflettere è l’opposta concezione che americani ed europei hanno della tradizione storico-culturale del proprio Paese. “Una città come Lucca – ha detto – con le sue meravigliose e antiche architetture non potrebbe mai esistere in Usa, se avessimo una delle vostre strade probabilmente la trasformeremmo in un grande museo, ma non verrebbe vissuta. Non fa parte della cultura statunitense l’idea di preservare l’eredità storica ed architettonica dello Stato: la mente degli americani è proiettata al futuro, alla creazione del nuovo, anche la nostra storia politica sta subendo una reinterpretazione e se fossi uno studente oggi probabilmente non amerei la mia patria”.
Nonostante la sua produzione cinematografica gli abbia fruttato il soprannome di “regista del male”, Friedkin ha confessato di non aver mai avuto intenzione di fare de L’esorcista o di Bug delle pellicole horror: “Il mio intento non era quello di spaventare, per me sono una sorta di documentari – ha detto – con L’esorcista volevo solo raccontare una storia vera, del 1949, finita anche sulla prima pagina del Washington Post. In Bug invece il tema centrale è la paranoia, che ognuno di noi, sebbene in forma diversa, prova ogni giorno. Esistono segreti, anche abbastanza ovvi, su come iniettare la paura in un film, basti pensare alla classica scena della passeggiata notturna in una strada buia, dove il protagonista sente dei passi sovrapporsi ai suoi. Si tratta di una paura che il pubblico prova in una condizione che definisco oscurità sicura. Con L’esorcista ho cercato di non fare questo: il male, infatti, si manifesta in una camera da letto inondata dalla luce”.
Molto, a detta del regista, dipende dalla concezione che si ha del male: “Ho idee molto complesse su cosa sia il male – ha spiegato-: molti leggendo il nuovo testamento credono che Giuda fosse malvagio, posseduto dal demonio. Per me, al contrario, era solo una strumento della profezia per cui il figlio di Dio sarebbe venuto sulla terra per essere crocifisso e salvarci dai nostri peccati. In ognuno di noi esiste una lotta continua fra bene e male”.
Lanciando uno sguardo al futuro, il regista non ha programmi chiari: “Qualsiasi cosa abbia fatto finora – ha raccontato – mi è arrivata senza che la cercassi. Non ho mai fatto progetti a lungo termine, non avrei neanche mai pensato di scrivere libri: quando gli editori me lo hanno proposto ho rifiutato, poi i ricordi mi sono tornati alla mente, dettati dal mio passato e ne è nata una mia biografia. Ho dedicato la mia vita al tentativo di imparare a fare film, ma adesso quelli che mi piacciono sono finiti. Altre cose che adoro fare sono viaggiare, andare in barca a vela, ma ciò che più mi riscalda il cuore è sapere che ci sono persone che mi amano e ricordano i miei film: essere qui, al Lucca Film Festival, è quindi per me un’immensa gioia”.
Non mancano anche i riferimenti a Puccini: “E’ stato un personaggio centrale per la mia vita professionale e per i miei film”.
In chiusura Friedkin ricorda il primo incontro con il maestro Alfred Hitchcock: “Ero molto giovane quando sono stato chiamato a dirigere l’ultimo episodio di Hitchcock hour – ha raccontato – lui veniva raramente in studio, ma un giorno il suo staff ha deciso di farci conoscere. Fu un incorro breve, ma indelebile nella mia mente: mi porse la mano per farsela baciare e le uniche parole che disse furono: di solito i nostri registi indossano una cravatta. Quattro anni più tardi, in occasione del ritiro di un prestigioso premio, lo raggiunsi al tavolo dove sedeva con la sua famiglia per mostrargli il mio trofeo e soprattutto il papillon che indossavo, ma non ci fu un momento amarcord, perché non si ricordava della frase che mi aveva detto quattro anni prima”.
Domani sera, al cinema moderno alle 21, William Friedkin riceverà il premio alla carriera dal Lucca Film Festival e un’onorificenza da parte della Fondazione Puccini, per aver deciso di dedicare un documentario al Maestro lucchese. Sarà l’evento inaugurale dell’edizione 2016, cui seguirà la proiezione de Il salario della paura. Altra tappa del premio oscar sarà il cinema centrale di Viareggio, il 5 aprile alle 21, dove farà l’introduzione alla proiezione di Amarcord, uno dei film di Fellini che preferisce.

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Jasmine Cinquini

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