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Regione – Caritas, presentati i primi risultati dell’accordo su scuola e lavoro

Non solo raccolta dei dati sulle povertà e sul disagio ma anche attivazione di esperienze concrete, in due ambiti chiave come scuola e lavoro. Sono stati illustrati oggi a Palazzo Strozzi Sacrati i primi risultati dell’accordo triennale Regione-Caritas sui percorsi attivati con le scuole e di sostegno al lavoro. Due approfondimenti al Dossier Caritas 2014 già presentato lo scorso giugno. L’accordo, firmato a fine 2013, oltre a confermare e potenziare l’attività (avviata nel 2003) di rilevazione delle situazioni di disagio attraverso la rete dei Centri di Ascolto, ha permesso di sviluppare altre azioni concentrando l’attenzione sulle scuole, con l’avvio di progetti di formazione e di esperienze dirette di volontariato e servizio civile, e sul mercato del lavoro, sia per agevolare la ricerca o la creazione di opportunità che di accompagnamento e orientamento.

“Un ottimo esempio di collaborazione con una fra le associazioni più importanti sul territorio”, ha detto la vicepresidente Stefania Saccardi, con delega alle politiche sociali, durante la presentazione del documento. “Anche da ex assessore comunale penso proprio di conoscere bene come lavora Caritas – ha aggiunto – e come riesce a intercettare con efficacia i bisogni delle persone in difficoltà. Lavoreremo ancora insieme anche sul tema del disagio alimentare: massima disponibilità e massima collaborazione da parte nostra in un rapporto di sussidiarietà autentica in favore del bene comune”. Alla presentazione, caratterizzata anche da testimonianze di operatori e volontari coinvolti nei percorsi scolastici, sono intervenuti il vescovo di Arezzo, delegato per le Caritas toscane nella Conferenza Episcopale, Riccardo Fontana con il delegato Caritas toscane, Alessandro Martini.
Ecco in breve alcuni dati di sintesi sui due approfondimenti
Scuola Due le azioni promosse: percorsi di formazione ed esperienze di cultura della cittadinanza. Obiettivo della prima è far conoscere agli studenti il fenomeno delle povertà, le risposte attivate e le risorse del loro territorio, promuovendo la sensibilizzazione con percorsi di studio e analisi dei dati provenienti dagli Osservatori diocesani.
Sette le province coinvolte (eccetto Grosseto, Massa Carrara e Siena), 28 gli istituti superiori per complessive 127 classi e oltre 2300 studenti. Più di metà degli istituti sono situati in aree di particolare disagio sociale e 8 studenti su 10 provengono da fasce deboli della popolazione. Con la seconda azione gli studenti sono stati stimolati a mettersi al servizio degli altri: progetti sperimentali di volontariato, esperienze dirette di servizio (mense, strutture, case famiglia), organizzazione di eventi e manifestazioni. Le province coinvolte sono state le stesse della prima azione, gli studenti 911, il 62% dei quali appartenenti a fasce disagiate. Circa la metà è entrato in contatto con realtà di accoglienza, il 36% ha fatto esperienze dirette. Il coinvolgimento prevalente è stato attraverso attività extrascolatiche. Il 14% dei casi di esperienze dirette è servito come fase propedeutica al servizio civile o tappa di avvicinamento al volontariato.
Lavoro L’approfondimento in questo ambito parte anzitutto da un’analisi della situazione di crisi che ha iniziato ad affacciarsi, in Italia e in Toscana, a partire dal 2008. Crisi che per la Toscana si è tradotta, nel 2013, con il tasso di disoccupazione più alto degli ultimi 20 anni, l’8,6%, passato poi al 9,3% nel settembre 2014. Crisi uguale povertà, se è vero che nel 2013 oltre i tre quarti (76,4%) delle persone che si sono rivolte a un Centro d’Ascolto Caritas erano disoccupati (+3% rispetto al 2009).
La ricerca prova poi a censire i 23 progetti (definiti opere segno) promossi dalle Caritas della Toscana per sostenere l’occupazione delle famiglie più fragili (18 dei quali attivati a partire dal 2009), con un coinvolgimento di 55 operatori e 54 volontari.
I vari progetti si caratterizzano per l’importanza del lavoro di rete ed il collegamento con i servizi territoriali e per la forte componente innovativa, data la necessità di rivolgersi a persone con profili molto diversi rispetto a quelli cui erano prevalentemente dedicati prima della crisi: oltre alle categorie colpite dal disagio, sociale e non (disabilità, dipendenze, ex detenuti), va abbracciata una più ampia e variegata platea di ‘senza lavoro’.
Altri due gli elementi messi in evidenza: la capacità dei progetti esaminati di scendere nella concretezza del territorio, valorizzando l’esistente e recuperando le potenzialità in esso contenute (a volte celate) e la loro replicabilità anche in altri contesti, grazie alle ridotte dimensioni degli start-up, in termini di investimento, di personale richiesto e di numero di persone a cui si rivolgono, almeno nelle fasi iniziali.

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