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Sanità: zone distretto, ok alla legge per le autonomie gestionali

Zone distretto: il Consiglio regionale approva a maggioranza la legge regionale che introduce disposizioni straordinarie per riconoscere l’autonomia gestionale delle autonomie territoriali. Il provvedimento è stato approvato con 20 voti a favore (Partito democratico e Art.1-Mdp), 5 voti contrari (Movimento 5 stelle, Sì-Toscana a sinistra e gruppo misto-Tpt), 7 voti di astensione (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia).

La legge regionale, presentata a firma della vicepresidente dell’Assemblea toscana, Lucia De Robertis (Pd) interviene nell’ambito delle funzioni riconosciute al Consiglio dalla legge regionale 11 del 2017, con la quale sono state accorpate alcune zone-distretto in conseguenza della riorganizzazione del servizio sanitario regionale. Il nuovo provvedimento normativo consente agli enti locali di decidere il riconoscimento dell’autonomia funzionale prevista dalla legge, attraverso la creazione di autonomie territoriali, per le zone in cui non sussistano le Società della salute. Disciplina modalità, tempi e procedure di queste eventuali articolazioni.
La problematica era nata proprio a seguito dell’approvazione della legge 11/2017: in alcune parti del territorio, i processi aggregativi messi in atto hanno fatto emergere per gli enti locali la difficoltà di essere adeguatamente protagonisti nelle scelte demandate alla zona-distretto. Questo è accaduto particolarmente nel territorio dell’area aretina, in ragione dell’estensione territoriale.
La stessa facoltà di autonomia territoriale non è, invece, prevista per i territori nei quali è presente la società della salute, ritenuta strumento funzionale a garantire la piena partecipazione degli enti locali.
“Si tratta di un grande passo avanti per dare sostanza dal punto di vista legislativo all’avvicinamento dei territori alle funzioni di coordinamento e programmazione delle politiche socio-sanitarie, non si tratta di un piccolo passo rispetto alle richiesta dei Comuni”, dichiara in Aula la vicepresidente De Robertis. “L’autonomia era prevista dalla legge del 2017 – ricorda –, abbiamo voluto riformulare meglio i riconoscimenti alle articolazioni territoriali. Istituiamo la Conferenza di articolazione territoriale composta dai sindaci e il ruolo di coordinatore. Introduciamo elementi certi di autonomia: di rappresentanza, di programmazione, di controllo, ma anche di gestione”.
L’Aula ha approvato, sempre a maggioranza, anche un ordine del giorno del Partito democratico che impegna la Giunta regionale “a integrare lo schema-tipo di convenzione per l’esercizio delle funzioni di integrazione socio-sanitaria da sottoscrivere negli ambiti territoriali nei quali non sono costituite le Società della salute”; a prevedere la ripartizione fra le articolazioni territoriali “già negli atti regionali di riparto delle risorse complessivamente attribuite per il funzionamento delle zone distretto”; ad assumere “nella proposta di prossimo Piano sanitario e sociale le articolazioni territoriali come ambiti delle zone distretto dotati di autonomia funzionale” e ad attivarsi presso le Asl affinché “diano rapida e concreta attuazione alle forme di autonomia” introdotte dalla legge approvata oggi; a realizzare “una piena attuazione delle previsioni normative, con particolare riferimento alla assegnazione diretta delle risorse al fine di realizzare pienamente le prerogative di autonomia amministrativa, organizzativa, contabile, gestionale e tecnica”. Il consigliere Paolo Sarti, vicepresidente della commissione Sanità, ha annunciato il voto contrario del gruppo Sì-Toscana a sinistra, dopo l’astensione in commissione. “L’impianto è stato cambiato, volevamo consultarci con i territori della zona aretina, la visione è stata ribaltata. Le articolazioni territoriali hanno le armi spuntate in quanto ad autonomia rispetto alla zona più forte che di fatto è Arezzo”.
Per la Lega è il consigliere Marco Casucci ad annunciare l’astensione del gruppo: “I territori non ritengono determinante questo contributo normativo. Chiedevano il ritorno alle vecchie zone distretto. Per questo, non possiamo che astenerci criticamente su quello che dal nostro punto di vista è semplicemente un pannicello caldo. Continuiamo a chiedere l’autonomia di Arezzo, Valtiberina e Casentino”.
Il capogruppo del Partito democratico, Leonardo Marras, ritiene “che si sia colto lo spirito di questa iniziativa legislativa, che rappresenta un obiettivo raggiunto rispetto alle sensibilità che si sono manifestate sul territorio”. La norma, spiega Marras, “si propone di recuperare una distanza che c’è tra l’autonomia delle Società della salute” e la diversa situazione nelle zone dove ha prevalso “la scelta di alcuni Comuni di mantenere la gestione in convenzione”. Dove non c’è la Sds, “le Asl non hanno ancora riconosciuto autonomia sufficiente”. Poi, aggiunge Marras, c’è una questione specifica: “Quei territori chiedono autonomia perché non è loro riconosciuta dalla prepotenza del Comune di Arezzo”.
Secondo Paolo Marcheschi (Art.1-Mdp) “si cerca di sanare le difficoltà generate da questa riforma sanitaria, frutto di scelte sbagliate della Giunta regionale. Ci sarebbe voluto più coraggio, questo provvedimento non è quello che si attendeva il territorio. È un cerotto”. Quello che serve ora, sostiene Marcheschi, “è riprendere in mano quanto prima la riforma”.
La consigliera Serena Spinelli (Art.1-Mdp) invita a distinguere tra “organizzazione funzionale e dislocazione dei servizi: la prima può essere anche accorpata, la seconda deve essere capillare. Non ha funzionato una relazione di solidarietà tra aree molto disomogenee, che però potevano trovare elementi di organizzazione funzionale”. Con questo provvedimento, “non si fa una modifica della legge in vigore, ma la si applica”, prosegue Serena Spinelli, secondo la quale “nei territori bisogna ricomporre il ruolo degli enti locali in rapporto alle aziende sanitarie”.
Voto contrario anche del Movimento 5 stelle, come spiega in Aula a nome del gruppo il consigliere Andrea Quartini. “Sono molte le perplessità, pur condividendo almeno in parte lo spirito politico. Siamo di fronte a un tentativo di rimediare senza contraddirsi troppo, nei confronti di una riforma sanitaria che di fatto sta mostrando il proprio fallimento”. La nuova legge “poteva essere l’occasione anche per ripensare a soggetti di pari entità territoriale collocati in altre Asl e ridare valore a quelle comunità, dopo aver creato un sistema che ha ridimensionato e sottratto i servizi di prossimità, mentre le zone distretto ancora oggi non sono dotate di una vera e propria autonomia gestionale. Questa pezza, invece, non risolverà niente”.
Anche la consigliera Monica Pecori (gruppo misto-Tpt) esprime una posizione critica sul provvedimento: “Ci sono due gestioni diverse tra le aree dove ci sono le Società della salute e le altre zone. La confusione ha continuato a coesistere, le zone distretto lavorano ognuna come gli pare”. E cita l’esempio di Livorno, “dove non risulta pervenuta la sinergia tra sindaci e zona distretto. La ricaduta è sulla prestazione dei servizi, che sono in sofferenza: l’anello di congiunzione tra il medico di famiglia e l’ospedale continua a mancare”.

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