Primavera e rinascita con lo yoga ratna foto

È primavera e tutta la natura si sta risvegliando dopo il lungo inverno. Il processo di germinazione nella natura ha avuto inizio già da tempo quando ancora all’esterno non si notava alcuna modificazione e ora la linfa vitale riprende a scorrere. E questo avviene analogamente dentro di noi: anche la nostra forza vitale si risveglia, determinando un’attività di trasformazione e di rinnovamento continui che possono farci sentire stanchi e assonnati. Siamo pure vicini alla Pasqua, festa cristiana in cui si celebra la morte e la resurrezione del Cristo. E feste analoghe le troviamo da sempre in molte altre tradizioni con la caratteristica comune del morire e rinascere.

 Quale momento migliore per portare lo sguardo al proprio interno e lasciarsi sprofondare in una morte simbolica per iniziare un percorso di rinascita? Prepariamoci a sperimentare la possibilità di realizzare una presa di coscienza che ci induca al distacco dalle solite abitudini, a rimuovere chiusure ed eliminare rigidità e resistenze che si sono consolidate durante l’inverno. Lo yoga ratna, basato sul linguaggio simbolico, ci guida in questo cammino portandoci a sperimentare attraverso il corpo stati emotivi e psicologici che sono rimasti sommersi, per realizzare una relazione tra cosciente e subcosciente che conduca non tanto ad un cambiamento momentaneo ma ad una crescita duratura.
La sequenza inizia con Shavasana, la posizione del cadavere, nella quale siamo soliti fare il rilassamento. Sarà un rilassamento profondo: preparatevi sdraiandovi con la schiena a terra e coprendo il vostro corpo (durante il rilassamento la temperatura del corpo si abbassa). Assumete una posizione comoda in cui lasciate un po’ di spazio tra un piede e l’altro, mentre le punte dei piedi vanno verso l’esterno, e create spazio anche tra le braccia ed il corpo. Chiudete gli occhi ed ascoltate il vostro respiro spontaneo: a poco a poco esso diverrà calmo e regolare. Allora portate l’attenzione a tutte le parti del corpo che contattano la terra: sentite l’appoggio dei talloni, dei polpacci, del retro delle cosce e dei glutei; sentite la parte della schiena, la parte delle mani e delle braccia che contatta la terra ed osservate l’appoggio della testa. Abbandonate tutta questa parte al suolo, sentitela diventar più pesante e più molle e lasciatela scendere giù. Ora tornate ad osservare i vostri piedi e sentite che la loro fatica sta scendendo attraverso i talloni nella terra e le dita si fanno leggere, le piante morbide e i dorsi scendono giù lateralmente. Questa sensazione di abbandono che avvertite nei vostri piedi fatela risalire su dalle caviglie alle ginocchia e ancora su fino alle anche e sentirete le gambe rilassarsi completamente, diventar morbide, pesanti. I glutei sono già spalmati a terra e l’attenzione si sposta ai fianchi che si lasciano andare lateralmente e tutto l’addome cala giù con il peso delle viscere trascinando con sé il peso di qualsiasi emozione si sia chiusa al suo interno. Lasciate che le fasce muscolari del perineo si rilassino ed anche la zona genitale. Dalla vita ai piedi il corpo è diventato pesantissimo. Concentrate ora l’attenzione nelle mani e sentitele vuote di qualsiasi gesto, di qualsiasi oggetto: le dita si stanno alleggerendo e l’abbandono dei palmi, dei dorsi e dei polsi è totale. Percepite questa sensazione di abbandono risalire negli avambracci e nei gomiti, nelle braccia e nelle spalle. Scivolate poi dietro nella schiena e sentite le scapole spalmarsi meglio a terra e tutta quanta la schiena rilassarsi, anche la colonna, dal coccige alla nuca. E dalla nuca salite su fino alla sommità del capo e da lì scendete sul volto: sentite la fronte distendersi, gli occhi cadono pesantemente verso terra lasciando che ogni immagine che si è fermata al loro interno, bella o brutta che sia, si dilegui. Le palpebre sono leggere e le guance morbide. Sentite lo sfiorarsi delle labbra e fate sì che la mandibola si rilassi. Il collo è morbido e la gola aperta: ogni parola detta, ogni grido, ogni lacrima che non è uscita, si dissolve adesso come neve al sole e l’aria passa leggera attraverso la gola che continua a rilassarsi. Tutto il corpo è pesante e rilassato ed ha lasciato la sua impronta nella terra. Fate vostre le parole di un saggio (Khalil Gibran) che dice: “Essere coscienti di quel che si svolge nel nostro interno significa contribuire al suo svolgersi”.
Poi iniziate la sequenza risvegliandovi, lasciando emergere dalle profondità del vostro essere Sayana Visnu-asana, il riposo di Visnu, la divinità che preserva la vita. Stendetevi sul fianco sinistro con il braccio sinistro ripiegato in modo che il gomito sia a terra e la mano sostenga la testa. Ascoltate il respiro spingendolo delicatamente verso il basso e lo sentire premere verso il fianco che è a terra. Visnu è disteso sull’oceano primordiale ed il suo sonno è protetto da Anantha, il serpente dalle mille spire.
Piegate il ginocchio destro e, passando davanti ad esso con il braccio, inspirando afferrate con le dita della mano destra il piede o la caviglia ed espirando distendete la gamba verso l’alto. Ripetete le due asana sull’altro lato mantenendo gli stessi tempi. 
Seguirà il rovesciamento del corpo intero, nell’asana di Shakini (dea tutelare del chakra della gola) che vuole indurre al ribaltamento del punto di vista, proponendo l’allontanamento da ciò che è noto, dalle abitudini consolidate. In posizione supina, inspirando sollevate il bacino e fate salire le gambe ed il busto verso l’alto. Espirando rendete stabile la forma con le mani che sostengono il busto aderendo prima alla zona lombare e poi spingendosi verso la parte dorsale. Avvicinate il più possibile i gomiti perché si avvicinino le scapole in modo da alleggerire la parte cervicale. Per tornare farete scendere le ginocchia verso la fronte e srotolerete la schiena a terra pian piano espirando. 
Quindi con Jalakanta, l’asana di colei che nasce dal mare, permetteremo al seme del vento di scendere nella profondità del bacino per germogliare. Vi sedete con la schiena dritta, le caviglie incrociate, facendo in modo che la parte esterna dei piedi aderisca alla terra. In un primo tempo i palmi delle mani premeranno sull’esterno delle ginocchia mentre i gomiti resteranno aperti lateralmente ed il respiro sarà toracico: un vento che si apre spazio dentro al torace; poi gli avambracci aderiranno alle gambe e saranno le ginocchia a premere verso le mani ed respiro scenderà nelle profondità del bacino. 
Dall’abisso del mare compare il cavallo che guida il carro di Surya, il sole: Vatayana, simbolo della conoscenza, si muove nell’aria ed ha poteri terapeutici. Quest’asana emerge dal vostro interno quando vi ponete in ginocchio creando spazio tra le due ginocchia ed appoggiando le punte delle dita a terra; inspirando ponete la caviglia sinistra di fronte al ginocchio destro e con l’inspirazione successiva raddrizzate il busto lentamente ed espirate. Inspirando aprite le braccia lateralmente e unite le mani davanti al cuore con gli avambracci su di un’unica linea. Ripetete l’asana sull’altro lato mantenendo gli stessi tempi. 
Svardhanari-asana: vi alzate in piedi e lasciate che ci sia uno spazio tra un piede e l’altro pari alla misura delle spalle e sentite la presenza dei piedi a terra, il loro radicamento. Le gambe sono forti e vi sostengono. Le braccia ai lati del corpo. Una profonda inspirazione vi fa sollevare lateralmente le braccia fino a portarle in alto; ponete tra le due mani la stessa distanza che c’è tra i vostri piedi e volgete i palmi verso il cielo mentre le punte delle dita si dirigono all’indietro. C’è forza nelle braccia, la forza necessaria per sostenere la volta celeste. Sentite che si sta attivando in voi questa potente energia che vi fa crescere verso l’alto mantenendovi stabilizzati a terra. La sequenza va ripetuta con costanza. Mantenendo ogni asana per il tempo necessario ad effettuare 10 respiri ed aumentando gradualmente i tempi, potrete attivare l’energia specifica della forma rappresentata. La sequenza si concluderà, ritornati in una posizione seduta, con un gesto del capo, brahma mudra (il volto si porterà di profilo verso sinistra espirando e ritornerà al centro nell’inspirazione, poi tutto si ripeterà a destra): Brahma è il signore dell’inizio e simbolicamente sta ad indicare il principio di un nuovo percorso. E infine, restando nella posizione seduta immobile e comoda, con la colonna vertebrale ben diritta, cercate la concentrazione su di un mantra (man-tra significa strumento per la mente) che rappresenta il suono naturale del respiro: ham-so. Ponetevi all’ascolto del vostro respiro e lasciate che divenga calmo e regolare. Durante tutta la durata dell’inspirazione sentite il suono interno “ham” e mentre espirate ascoltate il suono “so”. Questa possibilità di restare concentrati sul suono del respiro, facendolo diventare da atto involontario ad azione che dipende dalla volontà, permette di rafforzare quest’ultima inducendo la mente a focalizzarsi senza dispersioni e vi farà sentire quella parte dell’Universo che realmente siete. In un antico testo si dice: “Quando il respiro è agitato la mente è instabile, quando si acquieta la mente trova la sua pace naturale”. 

Patrizia Martinelli
insegnante di yoga ratna

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