Padri separati e figli: non basta un weekend su due

Quando una famiglia si sgretola è necessario ricostruire la vita futura dei genitori e dei figli e, quando non si raggiunge un accordo, si ricorre al giudice. Questi decide facendo applicazione del principio della bigenitorialità, secondo cui i figli hanno diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, ricevendo da entrambi cura, educazione, istruzione ed assistenza morale. Sempre ovviamente che non vi siano motivi ostativi e/o di pregiudizio. Un caso interessante è stato recentemente affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9764 del 2019.

La vicenda. Nel gennaio 2016 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto affidava la figlia minore ad entrambi i genitori, con domiciliazione presso la madre e facoltà per il padre di vederla e tenerla con sé, salvo diverso accordo con la madre, soltanto a fine settimana alternati. La Corte di Appello di Messina, successivamente adita, confermava le modalità di visita tra padre e figlia, “rigettando tutte le altre richieste formulate dalle parti”. Il padre proponeva quindi ricorso in Cassazione, asserendo che il provvedimento in questione aveva leso il diritto alla bigenitorialità. Si rammaricava in particolare del fatto che la figlia non poteva restare presso di lui anche in tempi infrasettimanali e quindi in misura tendenzialmente paritetica rispetto alla madre, in modo da consentire l’esercizio della comune responsabilità genitoriale. Rilevava che la Corte d’Appello non aveva individuato elementi per giustificare tempi di visita tanto ristretti. La Corte di Cassazione ha dato ragione al padre ed ha invece precisato che nell’interesse superiore del minore va assicurato il rispetto del principio di bigenitorialità, inteso come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione. La Suprema Corte ha altresì richiamato l’indirizzo della Corte europea dei diritti dell’uomo che invita le autorità nazionali a porre in essere tutte le misure opportune “per mantenere i legami tra il genitore ed i suoi figli”. In particolare, gli obblighi positivi degli Stati nazionali non debbono limitarsi a controllare che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma includono anche quelle misure preparatorie che permettono di raggiungere questo risultato, “perchè il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui”. Con riferimento quindi al caso concreto, la Corte di Cassazione ha censurato il provvedimento impugnato, rilevando che la Corte di Appello di Messina pur ritenendo che la minore aveva bisogno di intensificare i rapporti con il padre in maniera graduale, aveva poi confermato il provvedimento del Tribunale di primo grado. Ciò senza considerare i motivi di impugnazione formulati dal padre e senza indicare le eventuali ragioni che l’avevano portata ad escludere la frequentazione infrasettimanale della minore con il genitore ed alla inosservanza del principio della bigenitorialità. Ha quindi cassato il provvedimento impugnato, rinviandolo alla giudice di secondo grado affinchè decida i tempi di permanenza della minore presso il padre, uniformandosi ai principi affermati.

A cura dell’avvocato Elisa Salvoni
(www.studiolegalesalvoni.it)

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