Da attore a regista, ‘Ciro’ di Gomorra si racconta

Davvero pensavate che fosse finita? Dopo l’evento dello scorso anno che ha visto protagonista il boss di Gomorra Salvatore Esposito, oggi (2 novembre) al Lucca Comics and Games non poteva non arrivare anche lui: l’immortale. Marco D’Amore, meglio conosciuto al pubblico come lo spietato e cupo Ciro Di Marzio, è salito infatti sul palco dell’Astra per raccontare al pubblico dei Comics la sua nuova ed emozionante avventura. Chi è fan della serie lo saprà benissimo: dopo una scena toccante che ha lasciato tutti a bocca aperta tra stupore e fazzolettini di carta, purtroppo la terza e ultima stagione si è conclusa con la morte di D’Amore, da sempre in scena a fianco del nemico/amico Esposito. Una perdita colossale per la serie che senza uno dei suoi pezzi forti dalla prossima primavera dovrà cercare sempre più di tenersi stretto chi l’ha sempre amata, mantenendo alto il nome di una delle serie italiane più acclamate dalla critica mondiale. Come mai Ciro è tornato? Semplice: anche se molti fanno ancora molta fatica ad accettarlo, D’Amore ha lasciato la scena solo per poterla seguire da dietro la telecamera. Proprio così: da attore quasi protagonista della serie adesso ne sarà regista. Un amore quasi improvviso, quello del bel Ciro, che dopo essere cresciuto poco a poco sul set sbirciando qui e là durante ciak e montaggio adesso è divenuto la sua strada. Dopo una vita trascorsa nelle accademie e sui palchi incorniciati da velluto rosso anche gomito a gomito con mostri del teatro come Toni Servillo, dopo una breve ma intensissima carriera sul piccolo schermo ecco che la vera essenza di D’Amore sembra essere saltata veramente fuori. Un attore superlativo e pienamente cosciente del proprio talento che però ha capito di voler fare altro, di voler fare di più.

“Non ho mai creduto a chi mi diceva ‘sono nato per fare questo’ – racconta – Io mi sono ritrovato a fare l’attore per puro caso, come per caso mi sono ritrovato nel cast di Gomorra. Sono gli incontri che ti cambiano la vita, non le ‘illuminazioni’. Lo volete sapere? Io nemmeno lo volevo fare Gomorra. Non mi convinceva, avevo quasi paura perché è senza dubbio una storia che richiede molta responsabilità da parte degli attori. Sapevo che sarei andato a mettere il dito nel dolore delle persone portando in scena storie più o meno simili in ogni angolo di mondo. Con storie come questa hai il dovere di scuotere, ti senti in dovere di far scaturire alla gente delle domande. Come mi hanno insegnato a teatro ‘ciò che l’attore prova sul palco deve scendere in platea’. Gomorra non è solo un racconto della realtà, è un racconto della coscienza. Non c’è mai stato un personaggio particolare che avrei voluto fare. A me interessano da sempre le storie, i temi, quindi forse è stata quasi un’esigenza fisiologica per me passare alla regia. Già durante le riprese della terza serie – racconta – ho cercato di dare una mano, di far notare la mia passione. Quando ho detto che non avrei più voluto fare l’attore ma stare dietro la telecamera nessuno ha detto niente, era come se si aspettassero che io prima o poi prendessi quella decisione. L’attore è come un centometrista, mette tutto se stesso in quei pochi minuti di scena. Il regista invece lavora prima, durante e dopo, quando con il montaggio riesci a tirar fuori quasi tutta un’altra storia. Io ho capito che il mio posto era quello, e quando trovi la tua attitudine tutto è anche più semplice: non che non ci siano state difficoltà, ma in tanti mi hanno detto ‘sembra che tu abbia già fatto almeno venti film’. Ho fatto tanti sacrifici per fare l’attore, ho studiato tanto, ho abbandonato molte strade. Penso che questa figura non sia presa mai sul serio, al di là della popolarità, delle storie sui social e di tutte le altre puttanate un attore è molto altro: è un mestiere elevato e difficilissimo che deve saper toccare anche corde molto complesse e drammatiche dell’animo umano. L’attore non è il ‘figo’ con cui volersi fare le foto, l’attore è quasi un dio. E’ molto più vicino alla cultura che all’intrattenimento. E mi fa male quando sento dire dai ministri che si può considerare cultura anche il Grande Fratello”.
Adesso non resta quindi che aspettare l’arrivo della quarta stagione firmata D’Amore, in tutti i sensi.

Giulia Prete

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