Lucchesi in chiesa. A Roma

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Magari sei spagnolo e hai la fortuna di vivere nella ‘città eterna’ in un tempo compreso tra i fasti rinascimentali, la magnificenza del barocco e l’opulenza del tardo barocco romano. È il giorno del Signore e vuoi ‘prender Messa’: verso quale chiesa indirizzi i tuoi passi? Direi verso piazza Navona e qui, sul lato destro dell’antico circo agonale, entri nel tempio cristiano di San Giacomo degli Spagnoli promosso nel 1450 da papa Niccolò V proprio per venire incontro al bisogno di fede e di comunità dei sudditi della corona iberica. 

Sei francese e hai lo stesso problema? Ti accoglierà, allora, a qualche centinaio di metri appena, San Luigi dei Francesi, riconoscibile perché sulla facciata spicca la salamandra incoronata, l’impresa di re Francesco I di Francia. Qualora, poi, tu fossi fiorentino allora un breve tratto di strada in direzione del Tevere ti porterà a San Giovanni dei Fiorentini, voluta dal papa mediceo Leone X, severa facciata del Sansovino. Se le tue origini sono piemontesi, ti recherai in via del Sudario, non molto distante, dove prenderai posto nella chiesetta barocca che porta lo stesso nome della strada, mentre i belgi residenti a Roma si ritroveranno in San Giuliano dei Fiamminghi, un’altra piccola e quasi contigua chiesa seicentesca. Quindi, nel caso in cui tu appartenessi alla nobile ma decaduta Repubblica di Genova, allora gambe in spalla sino al popolarissimo quartiere di Trastevere, dove la chiesa di San Battista dei Genovesi ospita i marinai e i commercianti liguri e le loro famiglie. Ai non numerosissimi lucchesi che avevano fatto di Roma la sede delle loro attività commerciali competeva Santa Croce e San Bonaventura dei Lucchesi, nella via omonima, meno noto degli altri templi cattolici ‘nazionali’ ma assai ben posizionato: rione Trevi, a due passi dalla frequentatissima piazza della Pilotta dove i romani giocavano a palla, anzi alla pelota, e vicinissima alla celeberrima fontana di Trevi – inaugurata nel 1735 – e alla sua fantasmagoria di marmi e acque. Eretta sui ruderi dell’antico tempio cristiano di San Nicola de Portiis (IX secolo), appartenuta ai frati minori cappuccini a partire dalla seconda metà del Cinquecento, la chiesa fu concessa nel 1631 dal pontefice Urbano VIII ai lucchesi. Donazione avvenuta anche grazie al generoso lascito di un ricco giureconsulto lucchese, Alessandro Cantoni, che aveva destinato una cospicua somma di denaro ad alcuni suoi concittadini affinché edificassero una chiesa dedicata alla Santa Croce, patrona di Lucca. Opera di Mattia de’ Rossi, architetto e ingegnere con un’abbondante attività a Roma, Parigi e allievo prediletto dal Bernini, presenta una facciata piuttosto sobria: la parte centrale è divisa in tre campate ed è coronata da un elegante timpano triangolare. Il portale, con timpano ricurvo, è sormontato da una finestra inserita in una profonda cornice. La semplicità dell’esterno è riscattata da un interno in un’unica navata ricco di stucchi, marmi e fregi dorati: un bel soffitto ligneo intagliato e dorato racchiude, entro pesanti cornici finemente lavorate, tre dipinti eseguiti tra il 1673 ed il 1677 dalla coppia di pittori lucchesi, Giovanni Coli e Filippo Gherardi, detto il Lucchesino: L’imperatore Eraclio che riporta a Gerusalemme la vera croce al centro; Angeli col velo della Veronica e Angeli con la Santa Croce dei lucchesi in due grandi ovali ai lati, oltre a otto piccoli triangoli con Putti con strumenti della passione. Tre cappelle per ogni lato rendono questo interno simile a una una galleria teatrale secondo i modi di una pietà piuttosto mondana, scenografica e già settecenteca. Lo slargo davanti alla chiesa, che nel Cinquecento era denominato piazza delle Erbe per il mercato degli ortaggi che vi si teneva, presenta una delle tante lapidi romane contro la brutta abitudine dei sudditi del papa di tenere poco puliti i propri ambienti di vita: “Per ordine di Monsignore Illustrissimo Presidente delle Strade si proibisce a qualunque persona di buttare mondezza in questo loco sotto le pene di scudi dieci contenute secondo li bandi pubblicati nel giorno 14 luglio 1733. Li mondezzari stanno al capo croce che va a Fontana di Trevi e alla Dataria e l’altro su la piazza per andare alla Pilotta”. Un luogo, come si desume, fervido di vita e devozione religiosa. Qui, per oltre due secoli, la piccola consorteria dei lucchesi a Roma, lontani dalla patria, ha ricevuto i conforti della fede e si è riconosciuta nella comune appartenenza. Una piccola nazione, certo, quella lucchese, ma inferiore a nessun’altra, per devozione, intraprendenza, laboriosità e riconosciuta onestà.

Luciano Luciani

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