Respirare è un’arte

Siamo nel pieno dell’estate ed in questi giorni cerchiamo luoghi e situazioni che ci diano refrigerio: accendiamo ventilatori, attiviamo l’aria condizionata, boccheggiamo disperatamente tanto più se le nostre condizioni di salute sono critiche. In breve tempo ci troviamo in preda all’ansia, allo stress, alla stanchezza ed alla preoccupazione; tutto ciò determina un irrigidimento generale in cui facilmente blocchiamo anche il respiro, dimenticandoci che “tra tutti i diversi metodi curativi il respiro è il più importante poiché nel respiro è racchiuso il flusso della vita” (Inayat Khan) e che “la forza del respiro guarisce il corpo e la mente”.

La respirazione ed il battito del cuore sono atti involontari (e meno male sennò non potremmo dormire mai) che ci mantengono in vita; trasformando il respiro in un’azione volontaria, facendolo divenire calmo e regolare, o lento e profondo, oppure sottilissimo, diveniamo capaci di mettere in movimento ciò che pareva immutabile, fisso, rigido, morto. Allora la respirazione diventa un’arte.
L’antica scienza del pranayama, prevista come tappa fondamentale del cammino yogico, riguarda le pratiche del respiro ed insegna ad accedere al prana, l’energia vitale che si trova in ogni particella vivente dell’universo. Dall’energia fisica a quella mentale, tutto è un’unica vibrazione che cambia incessantemente. Imparare ad essere consapevoli del respiro vuol dire innanzi tutto fermarsi ad osservarlo, individuarne il ritmo spontaneo e divenire capaci di modificarlo senza costringerlo con forza in schemi rigidi, ma diventando capaci di nutrirlo, di modificarlo gradualmente. Questo sarà l’inizio di un atto di purificazione e di rinnovamento che ci porterà ad inspirare prana, energia vitale e ad espirare tossine e negatività, mettendo in relazione l’interno e l’esterno, il conscio e l’ inconscio.
Sperimentiamo. Cerca un luogo appartato dove puoi rimanere in silenzio senza correre il rischio di essere disturbato/a. Trova una posizione seduta comoda e stabile, incrociando le caviglie o stando sui talloni, oppure anche su di una sedia o comunque appoggiandoti ad un sostegno, ma fai in modo che la schiena possa rimanere ben diritta e così la colonna. Chiudi gli occhi. Percepisci il coccige e fai sì che da lì le tue radici scendano nella terra e senti il vertice del capo trascinato su dall’alto come se una potente calamita lo attirasse a sé. Cerca il silenzio e l’immobilità del corpo, lascia scivolar via gli ultimi gesti, le ultime azioni; senti che si spenge l’eco delle ultime parole; i pensieri continuano ad arrivare, ma tu decidi di non trattenerli, di non colorarli. A poco a poco il corpo trova la sua quiete e tu cerchi il contatto con il respiro che entra ed esce dalle narici. Guarda dov’è che si muove spontaneamente, poniti all’ascolto ed osservane il ritmo: a poco a poco quel ritmo diventerà calmo e regolare. Cerca ora di rallentare il respiro ma senza affaticarti mai. Osserva l’aria che entra dalle narici e spingila verso il basso in modo che si espanda nell’addome. Come se ci fosse un palloncino che si gonfia inspirando e che tu sgonfi espirando. Dai vigore all’espirazione: l’azione del respiro comincia da lì. Nell’inspirazione cerca la spinta verso il basso ed espirando agisci in modo da svuotare completamente l’addome, così ti stai liberando da tossine e da ciò che è stagnante, stantio e spento dentro di te. Stai entrando nel tuo corpo e ti stai collocando proprio nel tuo centro fisico, nel tuo baricentro, in quel luogo dove potrai trovare rifugio quando gli eventi della vita ti trascineranno via, cercando di farti assorbire in vortici vari. Resta in questo ascolto finché non avvertirai il movimento del diaframma che, come un’onda, tenderà a scendere mentre inspiri ed a risalire quando espiri. Poi lascia che il respiro iniziato dal basso cominci ad ampliarsi anche nel torace, dietro allo sterno e nel costato (se poni le mani sulle costole fluttuanti e fai in modo che non si muovano il respiro sarà addominale e quando permetterai al soffio di espandersi più in alto le sentirai aprirsi e dar luogo al respiro toracico); e quando pensi di aver finito di inspirare inspira ancora e fallo delicatamente e potrai osservare un lieve movimento nella zona clavicolare e nella gola (quest’ultima fase è caratterizzata da un soffio più leggero e sottile). Ecco che hai realizzato una respirazione yogica completa che rafforza la capacità respiratoria ed aumenta la resistenza organica. Una volta che sei diventato esperto/a in questa respirazione potrai utilizzarla in ogni situazione della vita in cui ne senti la necessità. Il respiro circolare è una pratica che non permette all’energia di disperdersi, anzi agisce da ricarica nei casi di affaticamento e induce all’equilibrio. Segui le indicazioni precedenti per trovare una posizione immobile e comoda, con gli occhi chiusi oppure mantenendo una leggera fessura di presenza, stabilizza la colonna e concentrati sul respiro finché non lo sentirai calmo e regolare. Percepisci il tuo corpo inserito in un grande cerchio ed inizia ad inspirare dal basso procedendo verso destra e quando arrivi nel punto in alto continua espirando nella parte sinistra: metà del cerchio in salita e l’altra metà in discesa procedendo in senso orario. Sarà facile che tu ti senta assorbita in questo grande cerchio e che tu avverta che ogni tua spigolosità si dilegua. Resta per qualche minuto in questa concentrazione e quando vorrai uscirne fallo con un’espirazione più lenta e profonda che esce dalla bocca. Per ottenere un maggiore stabilità e centratura e conseguire un equilibrio psicofisico più forte, ti offre un aiuto il respiro quadrato (Chatushkona Pranayama). Sistemati nella posizione seduta con il busto ben diritto e gli occhi chiusi. Respira attraverso le narici in modo calmo e regolare e conta i tempi dell’inspirazione e dell’espirazione facendo in modo che arrivino ad essere della stessa durata; poi comincia a raccorciare queste due fasi e ad inserire alla fine di ognuna una breve sospensione del respiro e continua così fino ad arrivare gradatamente ad avere quattro fasi della stessa lunghezza. Mantieni questo ritmo assicurandoti di non forzare, di non affaticarti mai soprattutto nelle due pause (se dovesse accadere, diminuisci la durata di tutte le fasi. Tornerai ad aumentarle poi, con calma). Continua a respirare così per alcuni minuti, aumentando gradualmente il tempo del respiro quadrato. È determinante procedere lentamente. Il respiro del vento è importante sotto vari punti di vista: crea silenzio nella mente, sviluppa una situazione di tranquillità e facilita il sonno. Controlla che la tua posizione seduta sia corretta, con la base rilassata e la colonna diritta senza essere rigida, abbassa le palpebre e sentile pesanti. Tutti i lineamenti del viso sono rilassati e distesi. Inspira attraverso le narici e per espirare socchiudi le labbra come se tu volessi fischiare e da quel piccolo foro circolare espira emettendo un suono simile a quello del vento. Lasciati assorbire da questo suono; non c’è sforzo, non ci sono rigidità. Senti il suono del vento che pulisce, spazza via tutto ciò che tu gli affidi, sentilo portarsi via i pensieri e ti troverai con la mente piacevolmente vuota, immerso/a in una situazione di quiete, di vuoto.
Sempre alla fine di ogni pratica rimani in silenzio e resta ad osservare ciò che affiora, immagini, percezioni, intuizioni, ma lascia perdere i pensieri. Quel che accade è proporzionale al livello di consapevolezza raggiunta, una consapevolezza che non può avvalersi di competenze razionali perché “l’intelletto uccide quell’amorosa partecipazione alla vita delle cose e delle creature di cui l’anima è capace con le sue emozioni e le sue intuizioni”. (Giuseppe Tucci)
Per approfondire leggi Gabriella Cella, Fai un bel respiro, Rizzoli e Andre Van Lisebeth, Pranayama, la dinamica del respiro, Astrolabio.

Patrizia Martinelli
insegnante yoga ratna

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