L’equinozio e la ricerca di equilibrio foto

Lo yoga ci porta a vivere nel presente, a prendere consapevolezza delle sensazioni, piacevoli o fastidiose, che si muovono dentro di noi mentre pratichiamo, e di ciò che permane e si impone al nostro ascolto nella vita quotidiana. Ci sono percezioni che riguardano la fisicità e ce ne sono altre che si espandono in altre sfere più sottili e che possono stupirci, visto il vigore con cui mobilitano l’attenzione.

Se inizialmente possiamo pensare di “fare” yoga, col tempo ci rendiamo conto di “essere” nello yoga e questa dilatata sensibilità si evidenzia bene anche nel rapporto che abbiamo con l’universo; così può accadere che migliori il senso dell’orientamento, che in determinati periodi o situazioni ci si renda conto che siamo maggiormente a nostro agio se siamo rivolti verso uno o un altro dei quattro punti cardinali e similmente possiamo provare una sensazione di benessere se siamo più vicini ad un elemento della natura (terra, acqua, fuoco, aria, etere) piuttosto che ad un altro. C’è un rapporto stretto tra microcosmo e macrocosmo e lo yoga ci aiuta ad identificarlo. Ci stiamo avvicinando all’equinozio di autunno. Nella ciclicità delle stagioni, l’estate rappresenta il periodo in cui tutto arriva al culmine, è la parte attiva, estroflessa dell’anno; mentre in autunno si raccoglie ciò che si è seminato, si tende all’equilibrio così come avviene tra il giorno e la notte, tra l’ombra e la luce. Al nostro interno tutto ciò trova corrispondenza, sia pure inconsciamente, in un’esigenza interiore di armonia, di equilibrio, che non ha ancora preso una forma tangibile ma sente l’urgenza di manifestarsi. E lo yoga può agevolarci in questa concretizzazione. “Yoga ratna propone un cammino carico di simboli che albergano nella profondità di ogni essere ma non sempre vengono riconosciuti e la ‘magia’ di questo percorso ci aiuta a vederli e agirli con una facilità che all’inizio sembra incredibile” (G. Cella, Alla scoperta dello yoga ratna, Bompiani). Consideriamo le caratteristiche delle posizioni che formano la sequenza proposta. Nava è la forma della barca, il mezzo con cui il viaggio ha inizio. L’attenzione vien attirata nel centro ed è lì che si colloca il respiro, mentre il corpo, in equilibrio su di un piccolo ma potente triangolo, esprime la sua forza. C’è bisogno di saggezza per continuare il cammino e viene in aiuto l’asana di Rishi, la posizione del saggio, cioè di colui che da un punto sa guardare in ogni direzione, anche dietro alle proprie spalle, nel proprio inconscio. L’attenzione è attirata nei due lati del torace e si crea equilibrio tra i due. Krauncha asana richiama il discernimento qualità propria dell’airone archetipico che di fronte ad una ciotola contenente latte mischiato ad acqua, riesce a bere il latte non curandosi dell’acqua. L’equilibrio si realizza nel volo ampio. Ma dove possiamo andare senza radici interiori? Dharani è la bella dea che dà stabilità e favorisce il passaggio dell’energia ctonia nel corpo intero. La possibilità di raccogliere l’energia del cielo ci viene offerta da Taraka, una delle 108 forme di Shiva, colui che dall’alto scende sulla terra a proteggere la razza umana. A realizzare l’equilibrio tra maschile e femminile, tra l’alto ed il basso, il cielo e la terra, ecco emergere dalle profondità del corpo l’asana di Trikona. La sequenza si conclude con Aruna, il cocchiere che guida il carro del sole e tiene ben serrate le ginocchia al cavallo Etasha che lo sorregge, mentre lascia che chi dà la direzione non siano le mani che tengono le redini ma il centro del comando, Ajna Chakra. La sequenza si conclude con un pranayama: Surya chandra bedhana pranayama. Surya è il sole e Chandra la luna; bedhana significa traforare le due correnti energetiche del sole e della luna. È un pranayama molto importante che ossigena il sangue e ristabilisce equilibrio tra la parte alcalina e quella acida, alleggerisce la mente ed allenta le tensioni.

La sequenza
Per iniziare questa sequenza alla ricerca dell’equilibrio, sdràiati in posizione supina e prendi contatto con tutte le parti del tuo corpo che premono a terra e abbandonale, lasciando scorrere via ogni tensione, ogni rigidità. Poniti all’ascolto del tuo respiro, del suo ritmo spontaneo finché questo non diventerà calmo e regolare. Poi permetti al respiro di elasticizzare il tuo corpo attraverso tre mudra (movimenti, gesti) prima di dare spazio alle asana.
Sapurna pavana mukhti mudra: i piedi sono uniti e le braccia lungo il corpo; un’inspirazione ampia e profonda porta le braccia verso l’alto e all’indietro, espirando fletti il ginocchio sinistro e, con le dita delle mani intrecciate su di lui, spingilo verso il basso e in questa chiusura mantieni una pausa a polmoni vuoti. Poi inspirando torna ad allungare le braccia all’indietro e le gambe in avanti ed espirando chiudi il lato destro per rimanere nella pausa a polmoni vuoti. Infine, dopo esserti allungato/a ancora, espirando abbraccia entrambe le ginocchia ascoltando ancora il vuoto. Assapora le sensazioni che provengono dai due lati del corpo e dalla loro ricomposizione nel centro.
Kati chakra mudra, il gesto della manipolazione della base, convoglierà l’attenzione nel bacino che verrà mosso da un respiro ben ritmato in due fasi. Pòrtati in posizione prona e sovrapponi le mani su cui poggia il mento lasciando i gomiti su di un’unica linea. Solleva i piedi da terra e mantienili uniti così come le ginocchia, poi espirando fai perno sul ginocchio sinistro e porta i piedi verso il basso su questo lato; inspirando i piedi torneranno su ed espirando scenderanno dall’altra parte e così via mentre il ritmo del respiro scandisce il movimento.
Raja bhujanga mudra, il gesto del cobra che attacca e si ritira, esprime la forza e l’abbandono, la proiezione verso l’esterno ed il ritrarsi dentro di sé, la luce e l’ombra. Rimani in posizione prona e distanzia i piedi in modo che la parte interna delle ginocchia scenda a terra e poni le mani ai lati del busto; inspirando premi sulle mani per raddrizzare le braccia ed inarcare il busto sollevando il viso; espirando spingi il bacino indietro e verso l’alto, mentre le mani restano dove sono ed il viso ed il petto scendono a terra. Ed il gesto si ripete alcune volte guidato dal respiro.
Nava asana, seduto/a con le ginocchia flesse, solleva un poco i piedi da terra in modo da cercare l’appoggio sul piccolo triangolo formato dai due ischi e dal coccige. Quando ti senti stabile, con un’inspirazione solleva le gambe ed inclina leggermente il tronco all’indietro; stendi le braccia parallele alla terra e mantieni la forma aiutandoti mediante il controllo dei muscoli addominali. Per tornare fletti un poco le ginocchia ed espirando fai scendere a terra le braccia e le gambe.
Rishi asana, con le caviglie incrociate ed il busto ben diritto, senti un’inspirazione che muove la mano destra fino a farla appoggiare sul ginocchio sinistro mentre il busto intero ruota e intanto il braccio sinistro avvolge il tronco con il dorso della mano che vi si appoggia sopra; espirando anche la testa ruota verso sinistra e all’indietro. Mantieni la posizione per una decina di respiri e poi inspirando ritorna con un movimento che inizia dalla testa. Quindi dedicati all’ascolto e poi ripeti tutto sull’altro lato, verificando l’equilibrio tra i due lati.
Krauncha asana, rimani in posizione seduta portando il tallone sinistro vicino al perineo ed il ginocchio vicino a terra. Fletti la gamba destra e porta il piede a terra davanti al tallone sinistro. Le mani con le dita intrecciate vanno sotto al piede sinistro. Inspirando solleva la gamba sinistra e stendi le braccia e la gamba verso il cielo. Lascia che il respiro diventi calmo e con un’inspirazione più intensa apri le braccia lateralmente mentre la mano sinistra manterrà la presa sul piede esternamente. Il respiro calmo e regolare ti aiuterà a mantenere la forma dell’airone con le ali spalancate. Quando vuoi tornare fletti il ginocchio sinistro e riporta il piede a terra, poggia la fronte sulle ginocchia ed i polsi si incroceranno sulla caviglia. Rimani in ascolto e poi ripeti tutto sull’altro lato.
Dharani asana, poggia bene le piante dei piedi a terra e poni tra loro una distanza pari alla misura del bacino. Raddrizza pian piano le gambe mantenendo le ginocchia un poco flesse e poni le mani a terra in modo da formare un quadrato con i piedi. Cerca di mantenere il busto diritto senza incurvare la schiena e se è possibile raddrizza le gambe (se la zona lombare non te lo consente, tieni le ginocchia morbide); il volto è parallelo a terra. Senti di premere sulla terra con la stessa forza dei piedi e delle mani in equilibrio. Resta nella posizione per una decina di respiri e quando vuoi tornare sposta il peso del corpo sui piedi e raddrizza pian piano il busto. Fatti assorbire dall’ascolto.
Taraka asana, mantieni lo spazio tra i due piedi e sposta il peso del corpo sulle loro dita mentre i talloni si alleggeriscono; un’inspirazione profonda farà sollevare le braccia. Senti la forza delle tue mani che si chiudono a pugno e si spingono al cielo mentre i talloni si staccano da terra. Tra le mani c’è la stessa distanza che c’è tra i piedi. Senti il cielo che ti attira a sé e fai sì che questa energia che viene dall’alto pervada il corpo intero. Il ritorno sarà guidato da un’espirazione lenta che porterà i talloni a terra e le braccia ai lati del corpo. Osserva l’impronta energetica che è rimasta nell’aria.
Trikona asana, con le gambe ben divaricate, ruota il piede sinistro portandolo verso l’esterno. Mentre inspiri solleva le braccia lateralmente perché formino una linea parallela alla terra, poi gradualmente, espirando, fai scendere la mano sinistra verso il ginocchio e tutto il busto si flette verso sinistra mentre il braccio destro sale verso l’alto. Continua a fa scendere la mano sinistra fino a farla poggiare sulla caviglia. Ripeti l’asana sull’altro lato e quindi resta ad ascoltare le sensazioni che il corpo ti rimanda e visualizza l’impronta che il corpo energetico ha lasciato nell’aria.
Aruna asana, riduci la distanza tra i piedi finché lo spazio che li separa corrisponda alla misura del bacino. Inspirando stendi le braccia in avanti ed espirando fletti leggermente i gomiti e le ginocchia. Le ginocchia premono verso l’interno come ad afferrare bene il cavallo e intanto i gomiti poggiano leggeri sull’aria e le mani si stringono appena come se stessero tenendo le briglie. Dietro alle palpebre pesanti lo sguardo leggero sale verso un punto centrale e lì rimane. Il ritorno è guidato dal respiro che con l’inspiro raddrizza le gambe ed espirando fa scendere le braccia. Rimane l’ascolto.
Surya chandra bedhana pranayama, poniti in una posizione seduta stabile e comoda che ti permetta di tenere la colonna vertebrale ben diritta, gli occhi socchiusi e ascolta il respiro spontaneo senza modificarlo. L’addome rimane piatto anche se il diaframma si abbassa completamente. Rilassa il braccio sinistro e tieni la mano in Jnana mudra (pollice ed indice uniti formano un cerchio mentre le altre dita si stendono unite verso terra) e solleva il destro portando la mano davanti al viso; fletti l’indice ed il medio sul palmo così che l’anulare ed il mignolo possano chiudere la narice sinistra mentre il pollice chiuderà la destra. Espira dalla narice sinistra, lunare, e da lì inspira per espirare ed inspirare a destra, dalla narice solare. E così via, cercando di mantenere il respiro sottile e silenzioso. Osserva questo scambio tra le forze Sole-Luna. Dopo alcuni minuti inserisci delle brevi sospensioni sia a pieno che a vuoto, mantenendo le pause per tempi uguali e cerca di allungare i tempi dell’espirazione. Lasciati assorbire da questa pratica finché non senti che sta per subentrare la fatica; sarà un’esalazione dalla narice destra a completare. Prima di alzarti, permetti alle parole di un saggio di entrare dentro di te: “Per realizzare la bellezza umana dobbiamo imparare da come il bocciolo produce il fiore: senza fretta, senza sforzo, col ritmo giusto, al momento opportuno”. (Raimon Panikkhar)

Patrizia Martinelli
insegnante yoga ratna

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