Vania, Gabrielli: “Contro violenze prevenzione e cultura” foto

Una giovane madre di 34 anni arriva al pronto soccorso del San Luca con il figlio undicenne. Ha un dolore alla spalla e a medici e infermieri che la soccorrono racconta di essere caduta. Qualcosa non quadra al personale sanitario che ormai da anni, quasi giornalmente, assiste a casi come il suo: così, a poco a poco, viene a galla una nuova amara verità. La donna è stata picchiata dal compagno: i suoi seni sono tumefatti, al punto che hanno cambiato il colore. A Lucca, però, la donna fuggita dalla sua città del Nord a casa di amici, trova chi la sostiene. La dottoressa Piera Banti attiva immediatamente la procedura del codice rosa, prevista per casi di violenze sulle donne e sulle fasce deboli: “Le abbiamo creato un guscio attorno – spiega -: adesso è al sicuro: lei e il suo bambino”.

E’ questa la Lucca che vuole reagire allo choc della drammatica morte di Vania e quella che è emersa in primo piano oggi pomeriggio (2 settembre) a Villa Bottini, davanti al prefetto Franco Gabrielli, capo della polizia invitato in città dal sindaco Alessandro Tambellini e che ha presentato i nuovi strumenti per reprimere ma soprattutto per prevenire le violenze.
Un dibattito che cade ad un mese esatto dall’omicidio di Vania Vannucchi, l’operatrice sanitaria data alle fiamme e uccisa dall’ex ai magazzini del Campo di Marte, anche se le istituzioni in primis non l’hanno mai nominata direttamente. “Per rispetto alla famiglia”, è stato spiegato e poi per non indugiare sui dettagli di una vicenda che ha scioccato la città, ma il ricordo di Vania è stato nell’aria dall’inizio alla fine del convegno, come una presenza invisibile e allo stesso tempo imprescindibile.
“Il contrasto alle violenze di genere – ha detto il capo della polizia – parte da considerazioni di tipo culturale, anzi non può prescindervi. Credo che sia giusto fare un dibattito e parlarne: accendere i riflettori su questi temi è fondamentale. Come a volte si violenta il territorio credendosene padroni, così facciamo purtroppo anche con le persone. Ed è questo atteggiamento che va fermato e sono convinto che al proposito sia importantissimo il ruolo giocato dalla comunità. La polizia, come le altre forze dell’ordine, stanno cambiando atteggiamento: è giusto non aspettare che siano le donne a venire da noi. Adesso siamo noi che andiamo da loro, con progetti specifici, con nuovi strumenti e maggiori poteri assegnati ai questori. Se dovessimo limitarci ai dati – ha aggiunto Gabrielli – dovremmo stare tranquilli: rispetto al periodo giugno luglio tra il 2015 e il 2016 gli omicidi riconducibili al contesto familiare o comunque maturati nei confronti delle donne sono calati dai 114 agli 89, con una diminuzione del 20%. Secondo me invece questi dati sono preoccupanti perché dimostrano che esiste una difficoltà nelle vittime, che c’è tutto un sommerso che non emerge, donne che non si fanno avanti e non denunciano. Per questo bisogna partire da una nuova presa di coscienza di questo fenomeno, aiutare le vittime prima e dopo le violenze. Il volontariato fa tanto, ma non può essere considerato l’unica strada”. Prima di tutto gli strumenti. E proprio oggi a Lucca il questore ha fatto un ammonimento nei confronti di un uomo violento. Una segnalazione che possono fare tutti: non solo le vittime, anche coloro che, stando loro vicini, vengano a conoscenza o sospettino degli abusi. Una prova provata, secondo Gabrielli che la polizia deve “attivare una rete di contatti” ed essere ancora più vicina al territorio e fare da spalla, in casi di violenze, agli assistenti sociali.
Concetti espressi in apertura anche dal sindaco Alessandro Tambellini che ha voluto organizzare l’iniziativa, interpretando anche l’esigenza espressa dalle tante associazioni che sul territorio si occupano e si battono contro la violenza alle donne. “Questo confronto vuole dimostrare ancora una volta che le istituzioni ci sono e che queste invitano le donna a non avere paura, a farsi avanti e a denunciare perché sul territorio c’è e vogliamo implementare una rete che può e deve prestare assistenza”. Ma lo sforzo che va fatto è anzitutto culturale: “Si deve partire dall’educazione, che vuol dire rispetto della dignità della persona. A cominciare dalla famiglia e proseguendo poi nella scuola. Il secondo punto fermo è l’informazione: bisogna fornire l’informazione alle donne degli strumenti che possono essere attivati sul territorio e di tutte le garanzie che possono essere fornite in caso di violenza e abuso”. Poi c’è il capitolo professionalità: “Questa è la città del volontariato – ha detto il primo cittadino – ma il terzo settore da solo non ce la può fare. Serve sostenere le professionalità specifiche che vi sono sul territorio, dare loro tutti gli strumenti per operare. Ed ecco che si arriva al quarto elemento fondamentale: il coordinamento. Deve essere potenziata la rete fra i consultori, le associazioni, i centri antiviolenza e le forze dell’ordine che si occupano della prevenzione e della repressione. Da ultimo serve un passo importante del legislatore: togliere la possibilità delle attenuanti in caso di femminicidio”.
Per rendere ancora più operativa la rete dei centri sono necessarie risorse. E il sindaco, dal canto suo, si è impegnato: “Saranno a breve annunciati stanziamenti importanti a livello nazionale e locale: è doveroso e noi faremo la nostra parte”. Dei fondi necessari a garantire la formazione di quel “guscio protettivo” attorno alle vittime a cui si è riferita la responsabile Asl del codice rosa ha parlato la deputata del Pd, Raffaella Mariani, presente al tavolo dei relatori e da sempre in fila contro le violenze alle donne: “L’8 settembre il ministro Boschi riunirà la cabina di regia per illustrare il piano antiviolenza del governo e annuncerà lo stanziamento dei fondi alla conferenza Stato-Regioni. Il lavoro fatto a livello nazionale ha voluto recepire le istanze arrivate anche dal territorio. Alla Camera, ad esempio, abbiamo votato per inserire nel codice aggravanti per il femminicidio e per eliminare l’automatismo delle attenuanti agli imputati accusati di aver ucciso donne che ricorrono al rito abbreviato, lasciando la facoltà al giudice di applicare o meno gli sconti di pena previsti. Ora l’obiettivo è quello di favorire una forma di prevenzione istituzionalizzata dei reati di staliking e violenza sulle donne”. “Perché quando si arriva ad un delitto, è una perdita e un fallimento per l’intero sistema”, ha suggerito il sottosegratario agli Interni Domenico Manzione: “E’ necessaria una svolta anzitutto di tipo culturale, una sensibilità che deve riguardare quanti applicano il codice in casi di violenze. Il nostro è specchio di una determinata situazione culturale che prevedeva anche il delitto d’onore. E purtroppo, questo codice, pur essendo molto cattivo con gli imputati, lo è ancora di più con le donne”.
Le istituzioni locali sono pronte a raccogliere la sfida, anche nel nome di Vania, brutalmente assassinata dall’ex per aver deciso di chiudere la relazione: “Un caso che ha scosso la città e non solo: dopo il dolore e il lutto ora è arrivato il momento dell’azione”, ha detto il presidente della Provincia, Luca Menesini: “L’ente che rappresento continua ad avere il proprio ruolo di coordinamento tra i Comuni e lo farà ancora: la rete sul territorio è importante e deve essere ancora di più rafforzata”.
Certo, non mancano i punti deboli. Lo ha fatto presente, nel suo intervento, la dottoressa Piera Banti: “Il primo anello che non tiene – ha detto – è sicuramente quello del servizio sociale. Ci sono alcuni Comuni dove è presente soltanto un assistente e si va sempre in emergenza. In più non c’è un servizio di reperibilità nel fine settimana, periodo in cui, statisticamente, si verificano più di frequente le violenze. Non da ultimo, ci sono i Centri Antiviolenza, che ultimamente sono in sofferenza: ma sono i loro operatori ad averci insegnato veramente tutto. Sono loro che hanno l’esperienza e il bagaglio tale da saper affrontare e gestire le vittime di violenza”. E sono loro i primi a chiedere attenzione. E oggi, di fronte ad una sala composta non solo da istituzioni e politi – sindaci, assessori e i consiglieri regionali del Pd, Stefano Baccelli e Ilaria Giovannetti – ma soprattutto da loro: le donne. Semplici cittadini, ma soprattutto impegnate in enti e associazione che si battono contro le violenze. Tra di esse Daniela Grossi, presidente della commissione pari opportunità del Comune di Lucca: “E’ stata una bella occasione di confronto, un momento per raccogliersi nel ricordo rispettoso di Vania ma per guardare soprattutto al futuro. E’ quello che anche le associazioni chiedevano. In città subito dopo l’omicidio di Vania ci sono state manifestazioni spontanee sentite e coinvolgenti: l’occasione di oggi è stata il passaggio successivo. Riflettere per guardare avanti”.
Ed è quello che tutti chiedono. “Speriamo che sia la volta buona perché ai centri antiviolenza sia consentito di operare in serenità con i fondi necessari, perché dal 2013 non vedono più nulla”, chiosano dal coordinamento donne di Spi Cgil. Ma in città e tra le associazioni c’è la speranza che da tanto dolore e da altrettanta attesa possa nascere qualcosa di buono. A testimoniarlo c’erano tante rappresentanti di associazioni: dal Cif, alla Città della Donne, fino alla Casa delle Donne di Viareggio, all’Udi, al Centro Donna. In sala anche i rappresentanti dello Sportello Uomini Maltrattanti, oltre che dell’Asl e della diocesi. Tutte realtà e istituzioni unite da un unico obiettivo: fermare la violenza di genere.

Rob. Sal.

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