Fanghi, al via le analisi sui prelievi nei depuratori

di Roberto Salotti
I campionamenti su fanghi e liquami sono già stati acquisiti e Arpat lavora alle analisi i cui risultati finiranno a breve sul tavolo del pm antimafia Giulio Monferini. I prelievi serviranno a capire se il prodotto del ciclo contiene elementi tossici o dannosi per l’ambiente o se soltanto in seguito alla depurazione e prima di finire come fertilizzanti in alcuni terreni in provincia di Pisa e Firenze i fanghi venivano mescolati a scarti della produzione di due cartiere della Lucchesia (Leggi).

Sono queste le ipotesi che gli inquirenti cercano ora di confermare o confutare e che, nell’ambito della maxi inchiesta su un giro di smaltimenti illeciti di rifiuti condotta dal Gico della guardia di finanza di Firenze, hanno visto coinvolgere alcune società che, in provincia, si occupano della depurazione di fanghi e liquami. Le “provette” che ora devono dare una strada agli inquirenti sono state prelevate da Arpat e corpo forestale dello stato anche all’impianto di depurazione gestito a Lucca da Geal, a quello di Gaia e all’impianto della Migliarina di Sea Risorse, in Versilia.
A Lucca nessun avviso di garanzia ha colpito i vertici dell’azienda, così come per ora non sono state formulate accuse. Gli inquirenti della procura distrettuale antimafia di Firenze, diretti dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, hanno delegato comunque l’acquisizione anche della documentazione relativa alla depurazione di fanghi, alle procedure seguite e alla gara che a Lucca è stata vinta dalla Dc Green, i cui vertici sono agli arresti domiciliari: il titolare e amministratore Felicino e Federico Del Carlo, entrambi di Porcari, e il legale rappresentante Alessandro Salutini. In base a questo appalto, la società acquistando a prezzi competitivi i fanghi derivati da scarichi civili e depurati da Geal, li rivendeva come fertilizzanti. La procura tuttavia ipotizza che quello che finiva nel terreno di aziende agricole “compiacenti” era rifiuto tossico. Gli esami disposti servono a chiarire quello che allo stato sembra ipotizzare l’accusa: ovvero che quei rifiuti depurati da Geal e “buoni” come fertilizzanti in agricoltura, venissero poi mescolasti a liquami provenienti dal ciclo industriale e, infine, dispersi nell’ambiente.
Un giro di smaltimento illegale di rifiuti che oltre ai Del Carlo ha portato in manette Mariano e Martino Fornaciari, di 62 e 34 anni, entrambi di Porcari, e Gianni Pagnin, di 65, residente in provincia di Padova. Provocando un terremoto in Lucchesia.
Ma l’indagine, che si è sviluppata in due anni concentrandosi sul biennio dal 2013 al 2015, è tutt’altro che conclusa. Sia la posizione di Geal che delle altre società di depurazione deve essere chiarita, ma al momento resta almeno defilata. Anche perché per ora non è in piedi l’ipotesi di responsabilità dirette in questa sorta di ciclo parallelo e pericolosissimo dello smaltimento dei rifiuti.
Geal preferisce non commentare il suo coinvolgimento nell’inchiesta, che allo stato è soltanto un atto dovuto necessario a consentire i prelievi e i campionamenti ed esaminare gli atti delle procedure, alla luce invece delle gravi accuse che vengono mosse dagli inquirenti alla Dc Green e che vanno, a vario titolo, da traffico illecito di rifiuti, truffa alla Regione e falsità ideologica. Perché, sostiene l’accusa, il rifiuto che finiva seppellito in campi a Palaia, Peccioli o Montaione era “camuffato”. Soltanto sulla carta, cioè, fertilizzante innocuo, ma in realtà – per la procura – fango non trattato e scarto industriale.
I vertici della società lucchese Geal si dicono comunque tranquilli e convinti che le indagini della magistratura dimostreranno la loro estraneità ai fatti. Del resto dalla parte di Geal ci sono i continui controlli svolti all’impianto di depurazione, che si traducono in due campionamenti annuali che sono sempre risultati regolari e in linea con le procedure. All’impianto tra l’altro i reflui arrivano dalle fognature civili e vengono trattati da un impianto che li trasforma in fanghi buoni per l’agricoltura e che, dotato di turbune, produce anche energia elettrica che consente di abbattere i costi dello smaltimento e del conferimento. Un risparmio, dunque, che ha ricadute positive su investimenti e agevolazioni.
Il terremoto dell’inchiesta giudiziaria si è fatto sentire anche in Versilia, perché ieri gli addetti dell’Arpat e la forestale si è presentata anche agli impianti di depurazione di Sea Risorse e Gaia, sempre come atto dovuto e per effettuare i prelievi necessari a chiarire eventuali ruoli e posizioni delle altre società di smaltimento, i cui vertici invece sono stati direttamente coinvolti dall’inchiesta. Sea Risorse si dice “estranea alla vicenda” e informa che “sta valutando la possibilità di adire alle vie legali in quanto parte lesa. Gli ispettori di polizia giudiziaria – si legge in una nota – hanno visitato l’azienda nella giornata di ieri, trovando porte aperte e massima collaborazione e acquisendo tutta la documentazione loro necessaria per attestare l’iter dei fanghi da depurare che interessa l’azienda esclusivamente per la fase di trattamento all’interno dello stabilimento di Viareggio”.
Come risulta dai documenti forniti dall’azienda agli ispettori, che per prassi hanno iscritto nel registro degli indagati tutti i soggetti interessati dal percorso fatto dai fanghi e quindi anche l’azienda viareggina, “Sea Risorse – spiega quest’ultima azienda – tratta i fanghi del depuratore di Gaia, li tratta all’interno dello stabilimento e li consegna a un trasportatore incaricato da Gaia, che ha rapporti economici esclusivamente con Gaia. E’ estranea a Sea Risorse ogni decisione sulla destinazione di tali fanghi. L’azienda ha subito reso dichiarazioni spontanee agli ispettori ed ha offerto la sua piena disponibilità all’indagine tesa ad individuare i responsabili”.
In più proseguono anche gli accertamenti sul filone “lucchese” del presunto giro di smaltimento illegale di pulper, lo scarto della lavorazione della carta. Tra gli indagati ci sono Luisiano Pieretti, 81 anni, titolare dell’omonima azienda, e per la Lucart è stato iscritto finora nel registro degli indagati il responsabile dello stabilimento incaricato della gestione dei rifiuti, ovvero Paolo Luigi Romanini, di 53 anni. Un atto dovuto, anche quest’ultimo, perché secondo l’accusa una società di Pescia accusata dello smaltimento illegale di rifiuti avrebbe acquistato dalle loro cartiere il pulper industriale, disperso poi nell’ambiente – sostengono i pm antimafia – tramite l’incenerimento in alcuni termovalorizzatori, tra cui quello della Css Energy di Gallicano, chiuso dal gennaio 2015. Per l’accusa, vi arrivava il pulper trasportato dalla 3F Ecologia della famiglia Fornaciari: secondo gli inquirenti, però, lo scarto non veniva trattato e presentava ancora gli agenti tossici presenti all’uscita dagli stabilimenti.

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