Bancarotta da 2,7 milioni: nei guai imprenditore

Bancarotta fraudolenta con distrazione di 2,7 milioni di euro: disposto il divieto di esercitare attività d’impresa per un imprenditore livornese, sequestrati conti correnti e un appartamento. Nel mirino è finita anche due società lucchesi che, per l’accusa, sarebbe collegata all’imprenditore. I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Livorno hanno dato esecuzione ad un’ordinanza, emessa dal gip del Tribunale, Antonio Pirato, di applicazione della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale e ricoprire uffici direttivi in persone giuridiche e imprese, nei confronti di un livornese settantenne, domiciliato in provincia di Pisa, per le ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

Le indagini dirette dalla Procura della Repubblica (titolare dell’inchiesta il pm Daniele Rosa) sono scaturite dagli sviluppi di una verifica fiscale eseguita da militari del nucleo di polizia tributaria di Livorno nei confronti di una società, con sede nel capoluogo labronico, operante nel settore del commercio di autovetture, sottoposta alla procedura di concordato preventivo, omologato dal Tribunale labronico il 18 gennaio 2015. Le attività ispettive e le successive investigazioni di polizia giudiziaria hanno consentito di ricostruire più analiticamente le cause della crisi e del dissesto economico che avevano portato la società – di cui l’imprenditore livornese è stato l’amministratore unico fino al 30 dicembre scorso – al conseguimento di una perdita d’esercizio, nell’anno 2012, per circa 2 milioni di euro (con impossibilità di ricapitalizzazione da parte dei soci) ed all’approvazione dei bilanci per gli anni 2013 e 2014, con un giudizio fortemente negativo da parte dell’organo di controllo.
In sintesi, sono stati appurati fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale con la complessiva distrazione di denaro per circa 2,7 milioni di euro, che sarebbero avvenuti, a partire dal 2006, attraverso tre differenti condotte illecite.
La prima condotta afferisce, spiegano gli investigatori, al mancato incasso di crediti per circa 2 milioni di euro vantati dalla società oggi in concordato nei confronti di tre imprese (di cui due con sede a Lucca), operanti nel medesimo settore commerciale o, comunque, in settori attigui, riconducibili (direttamente o indirettamente) sempre allo stess livornese, raggiunto da misura cautelare personale. Si tratta di somme concesse sotto forma di prestiti/aiuti economici o di deposito cauzionale, senza un piano di rientro, accordi scritti, una plausibile logica economica e senza promuovere alcuna azione per il recupero, anche parziale, dei crediti vantati, così depauperando parte del patrimonio aziendale.

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