Tensione in carcere, Sappe ‘chiama’ ministero

Carcere di Lucca, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) chiede l’intervento del ministro della giustizia, Andrea Orlando: “Nelle ultime settimane la casa circondariale di Lucca  – dice il segretario generale Donato Capece – e gli agenti di polizia penitenziaria sono stati, loro malgrado, coinvolti in molteplici episodi che compromettono la sicurezza del penitenziario. E il sindacato chiede l’intervento del ministro della giustizia. La situazione è sempre più grave ed è grave che non vengano adottati, da parte del ministero e del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria adeguati provvedimenti.

Il carcere di Lucca è stato oggetto di gravi episodi. Già qualche settimana fa un detenuto di origine algerine ha tentato di appiccare, alle 4 del mattino ossia quando meno personale c’è in servizio, un incendio all’interno della propria cella. Il tempestivo intervento dell’agente di polizia penitenziaria del reparto ha limitato i danni: infatti solo lo stesso detenuto e il compagno di cella sono stati trasportati all’ospedale per intossicazione da fumo. Il compagno di cella dopo qualche ora è stato riportato in sede mentre l’interessato è rimasto ricoverato e piantonato per tre giorni. Dimesso dall’ospedale è stato sottoposto a misura di sorveglianza a vista. Altro episodio si è verificato la scorsa settimana. Due detenuti di origine tunisina (uno conosciuto per gli eventi accaduti al carcere di Pisa) sono arrivati alle mani durante l’afflusso dei colloqui. Nello stesso momento un terzo detenuto, sempre tunisino, ha tentato di partecipare alla colluttazione. Ovviamente gli agenti hanno limitato i danni e preso la situazione sotto controllo anche se dopo qualche minuto in infermeria un detenuto di origini rumene iniziava a spaccare ciò che trovava. Anche qui in personale è intervenuto immediatamente”.
Ultimo, in ordine di tempo, racconta Capece “un terzo episodio, accaduto il giorno dopo, e che ha visto come protagonista lo stesso detenuto della rissa (lo stesso dell’episodio del carcere di Pisa). Trovandosi a regime di sorveglianza a vista ha messo le mani al collo spingendolo violentemente a terra un poliziotto, intervenuto in reparto perché il detenuto iniziava a creare i primi problemi. L’intervento di due agenti hanno limitato i danni. Rimasto solo in cella il detenuto ha iniziato a infierire con minacce di morte, lanciando pezzi di cibo e urinando sul tavolino, sulla sedia e sul registro dell’agente addetto alla sorveglianza a vista. Giornata conclusa con quattro giorni di prognosi all’ufficiale, sette e quattro giorni ai due agenti. A cadenza giornaliera un quarto episodio vede interessato il detenuto di origine rumene che qualche giorno prima aveva spaccato l’infermeria che si è reso protagonista della rottura di una porta in vetro di un ufficio dopo una comunicazione di sanzione disciplinare. E rispetto a tutti questi gravi episodi nulla è stato fatto”.
Gli eventi critici, denuncia il Sappe, hanno avuto ricadute anche sull’organizzazione del lavoro generale: “Nonostante i molteplici casi di detenuti in escandescenza e organico minimo di polizia penitenziaria, quotidianamente vengono prelevati dal turno personale che viene impegnato in servizi di traduzione. Nell’ultimo episodio sono stati presi ben nove agenti costringendo il personale a coprire più di un posto di servizio. E nello svolgimento del proprio dovere spesso il personale di polizia penitenziaria, soprattutto quelli che montano nei reparti, ricorrono a denuncia verso detenuti che minacciano anche di morte. Alcuni agenti per tutelare la propria incolumità fanno richiesta di poter evitare di svolgere il turno nel reparto dove è recluso il detenuto che ha ricevuto la denuncia. Tale richiesta a quanto pare non viene presa in considerazione visto che gli agenti interessati arrivano a svolgere il turno nello stesso reparto per giorni di seguito”.
Per tali ragioni, il Sappe sollecita l’intervento del ministro della giustizia Andrea Orlando: “Anche queste possono essere le conseguenze alle quali si va incontro con lo smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari e delle carenze di organico della polizia penitenziaria – conclude la nota – Smantellamento che ha visto, lo ricordiamo, la chiusura in molte Regioni d’Italia delle sedi dei provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria, presidi di polizia sul territorio assolutamente indispensabile per farsi carico dei controlli sull’esecuzione proprio dei permessi premio, delle misure alternative alla detenzione, sui trasporti dei detenuti e sul loro piantonamento in ospedale. Chiudere uffici di polizia è sempre sbagliato: ne va della sicurezza sociale”.

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