Corruzione per le protesi: nei guai in 15 e 4 società

Corruzione per l’utilizzo di protesi ortopediche nella clinica, partiti gli avvisi di conclusione indagini: nella rete ci sono 15 persone e 4 società.
Al termine delle indagini svolte dal nucleo di polizia economico finanziaria di Lucca e coordinate dalla procura della Repubblica sono stati notificati gli avvisi: tra gli indagati sette medici chirurghi provenienti dall’area laziale, i responsabili della società romagnola che si occupa della commercializzazione in Italia delle protesi ortopediche a marchio Ceraver ed il rappresentante legale della società che, in virtù di un contratto di affitto, gestisce la clinica Barbantini di Lucca. Il reato ipotizzato è corruzione per l’esercizio della funzione in violazione dell’articolo 318 del codice penale.

Dopo l’esecuzione, nel settembre del 2017, di decine di perquisizioni da parte delle fiamme gialle di Lucca tra la Toscana e il Lazio, in coordinamento con contestuali attività investigative eseguite dalla guardia di finanza di Milano sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Monza per un parallelo filone investigativo, sono state esaminate la documentazione sanitaria e commerciale e le comunicazioni informatiche intercorse tra gli indagati riguardo ad interventi chirurgici a carico del Servizio sanitario nazionale per l’impianto di centinaia di protesi ortopediche nella clinica lucchese.
All’esito delle indagini gli inquirenti avrebbero accertato, di qui gli avvisi di conclusione indagine, che la società romagnola, attraverso il suo responsabile commerciale, con l’ausilio di suoi collaboratori e con l’approvazione dei vertici aziendali, in cambio dell’utilizzo esclusivo di protesi prodotte dalla multinazionale francese Ceraver, avrebbe indotto i medici ortopedici che operavano in Lazio ad eseguire interventi chirurgici, nei confronti di loro pazienti laziali, alla clinica lucchese. Trattandosi di interventi ad alta complessità ed essendo eseguiti su pazienti di provenienza extraregionale, questi potevano gravare sul bilancio della Regione Toscana senza alcuna limitazione poiché, in tal caso, non trovavano applicazione i limiti di spesa invece previsti per gli interventi relativi a pazienti toscani.
Il responsabile commerciale della società che si occupava della commercializzazione nel nostro paese delle protesi, con l’avallo dai vertici aziendali, alla luce dei suoi rapporti con la clinica lucchese, sarebbe riuscito così ad incrementare il fatturato societario ed i compensi personali, anche sotto forma di provvigioni erogate dalla casa di cura per ogni protesi acquistata.
I medici dell’area laziale avrebbero visto così moltiplicarsi le opportunità di lavoro e di guadagno, riuscendo così anche ad ottenere dalla clinica compensi mediamente più elevati, per ogni intervento, rispetto a quelli riconosciuti per analoghi interventi nei confronti di pazienti toscani.
Agli stessi medici, oltre ai compensi ottenuti dalla clinica, sarebbero stati poi offerti sistematicamente dalla Ceraver una serie di servizi e benefit (a seconda dei casi viaggi, personal computer e rimborsi spese per convegni), alcuni dei quali proprio in corrispondenza dell’effettuazione degli interventi chirurgici (spostamenti, vitto e alloggio). Grazie a tale fidelizzazione, i medici ortopedici coinvolti, in occasione degli interventi chirurgici, si sarebbero impegnati ad impiantare esclusivamente protesi della citata multinazionale.
Tale meccanismo avrebbe consentito anche alla casa di cura di trarre rilevanti vantaggi economici, potendoerogare prestazioni sanitarie, puntualmente rimborsate dall’erario, anche a favore di pazienti extra-regionali.
Ai vari soggetti che hanno beneficiato del sistema sono stati contestati vantaggi economici, ottenuti a vario titolo, per circa 1,5 milioni di euro. Dopo la conclusione delle indagini i risultati passano in mano al Gip del tribunale di Lucca che dovrà decidere come proseguirà il procedimento.

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