Con la febbre da un mese denuncia il medico: mi ha negato assistenza

Una donna di Lucca racconta la sua odissea che va avanti dal 5 marzo scorso

Proprio nel bel mezzo della pandemia di coronavirus, giunge l’appello di una cittadina lucchese che denuncia un presunto caso di malasanità e violazione del codice deontologico da parte di un medico di base della Piana.

Ricostruiamo gli aventi nel modo in cui si sono succeduti, secondo la testimonianza fatta dalla donna che sostiene che non le siano state prestate le dovute attenzioni del caso.

“Dal 5 di marzo accuso febbre alta, i primi giorni la temperatura variava dai 38.2 ai 38.5 gradi, nei giorni successivi dopo varie cure di antibiotici la temperatura corporea scendeva leggermente variando dai 37 ai 38°”.

“Il 5 marzo – spiega la signora – accusando altri sintomi che potevano far pensare al coronavirus, come tosse, stanchezza e difficoltà respiratorie, ho deciso di contattare il mio medico curante. Lavoro al tribunale di Lucca e nei giorni precedenti, gli ambienti potevano essere a rischio, visto che un avvocato e un giudice sono risultati positivi. Al telefono il dottore mi ha prescritto un antibiotico e tachipirina per una settimana, il lunedì accusando ancora febbre alta ho ricontattato il medico di base che mi ha cambiato la cura di antibiotici. Il giovedì sera ho avuto una forte crisi respiratoria anche con vomito e la sensazione di affogare, ho provato a contattare tutti i numeri utili ma non ho avuto risposta. A quel punto sono andata nel panico, erano le 23 del 12 marzo, ho preso la macchina e con le ultime forze rimaste mi sono recata al pronto soccorso del San Luca di Lucca”.

Questo nonostante che nelle ultime disposizioni di legge, è vietato recarsi al pronto soccorso accusando sintomi compatibili con il coronavirus per non mettere in pericolo le persone che si trovano al loro interno e gli operatori sanitari che vi lavorano.

“So benissimo che non dovevo uscire, alcuni medici mi hanno rimproverato per il mio gesto, ma non riuscivo a trovare aiuto e mi sentivo perduta – prosegue – sono stata fermata nei tendoni esterni di accettazione e verificate le mie condizioni, mi hanno isolato in una stanzina in attesa di effettuare le verifiche. Mi hanno fatto le analisi del sangue, la tac e il tampone che per il risultato ci voglio 24 ore. Il medico del pronto soccorso, il dottor Di Vito, mi ha comunicato i primi risultati delle analisi ed è stata evidenziata un’infezione da virus, ma le lastre per fortuna erano pulite. Avevo due scelte: essere ricoverata nel reparto di malattie infettive o tornare a casa in isolamento fiduciario, in attesa del risultato del tampone e appoggiandosi al medico curante. Il dottor Di Vito mi ha spiegato che se avessi deciso per il ricovero, le mie condizioni precarie di salute avrebbero potuto compromettersi e ho deciso di tornare a casa”.

Da questo momento inizia il calvario della signora: “Il giorno successivo spedisco tramite whatsapp tutti i risultati delle analisi al medico curante, ma non risponde né ai messaggi né alle telefonate. A sera ricevo il risultato del tampone che fortunatamente è negativo. Il dottor Di Vito al telefono ha però sottolineato che le analisi non sono buone e che evidenziano una infezione da virus sconosciuto e di contattare comunque il medico di base per le cure. Riesco a contattarlo al limite della chiusura dell’ambulatorio proprio nel mentre stava uscendo, e mi dice di raggiungerlo al suo studio lunedì successivo per un controllo e se ci sono peggioramenti mi consiglia di contattare la guardia medica. Lunedì contatto l’ambulatorio del mio dottore perché presento ancora i sintomi, al cellulare però risponde il sostituto del mio medico che mi aggredisce verbalmente per non essermi presentata. Io pensavo di parlare con il mio dottore che conosco da molti anni. Ho provato a giustificarmi ma lui non ha voluto darmi nessuna indicazione e mi ha invitato a raggiungerlo nel suo studio. Io ho rifiutato perché ho la febbre e non voglio mettere in pericolo nessuno, inoltre in queste due settimane il mio fisico si era debilitato e ho perso 7 chili, non avevo la forza di alzarmi”.

La signora spaventata contatta un amico medico che le prescrive un altro tipo di antibiotico che dovrebbe essere utile per il suo caso. Conclude anche questa cura, ma purtroppo la febbre non cala e i sintomi sono sempre presenti.

“Ricontatto il medico sostituto – continua la signora – che mi consiglia di andare al pronto soccorso di nuovo per farmi fare un altro tampone. Già memore degli avvertimenti che mi avevano dato i dottori del pronto soccorso, minacciando di denunciarmi se mi fossi recata nuovamente lì, gli rispondo se c’è la possibilità di farsi fare il tampone a casa. Ma lui nega ogni possibilità. Anche nei giorni successivi provo a continuare a mettermi in contatto con lui. Una volta, quando ho chiamato, mi ha risposto un uomo che non conoscevo dicendo che il dottore non poteva parlare al telefono e di richiamarlo verso le 19,30. A quell’ora l’ambulatorio è chiuso e il medico era stato chiaro che dovevo contattarlo solo nell’orario di servizio, mi sento presa in giro. Quando faccio presente questa cosa allo sconosciuto al telefono mi risponde ironicamente di non sapere i dettagli perché lui è soltanto un paziente. Non capisco come possa essere possibile che un paziente chiama al cellulare il proprio dottore e questo fa rispondere un altro paziente, quando si ha urgente bisogno di comunicare con lui. Dopo alcuni minuti riprovo e stavolta risponde il sostituto del mio dottore, ma ha un atteggiamento aggressivo. Sono quattro settimane che ho la febbre, decide di prescrivermi un altro antibiotico per la quarta volta. Lo prego di non insistere con delle terapie quando non si sa ancora che cosa ho, perché ho dolori di stomaco e sono debilitata dalle altre terapie, gli chiedo se può farmi una impegnativa per degli esami. Lui mi risponde in modo maleducato e interrompe la conversazione. Ho provato a comunicare con lui altre volte, ma è rimasto sulle sue posizioni negandomi le richieste che gli facevo e dicendomi di andare al pronto soccorso”.

La signora decide a quel punto di agire per vie legali e denuncia il sostituto del proprio dottore per avergli negato gli accertamenti che le erano stati consigliati dai medici del pronto soccorso e per violazione del codice deontologico.

Attualmente la signora si trova ancora con la febbre a 37.4, la tosse è calata ma ha ancora delle crisi, durante queste crisi la pelle le brucia e la temperatura sale a 37.9, ha perso 10 chili in queste ultime quattro settimane, vive da sola e l’unica persona che si prende cura di lei è il suo ragazzo che le porta i generi alimentari e le medicine.

Il dottor Di Vito, contattato sul caso, ha detto di volersi interessare alla situazione della signora: “Nessuno deve essere lasciato indietro e nessuno deve sentirsi abbandonato in questo momento. La signora qualche settimana fa ha raggiunto il pronto soccorso e le abbiamo raccomandato di non ripetere la cosa, perché espressamente vietato dal codice penale – spiega il dottor Di Vito –. Mi impegno però personalmente a interessarmi della salute di questa persona. Può telefonarmi quando vuole e se ha ancora sintomi manderò qualcuno a constatare le sue condizioni”.

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