Coronavirus, il professor Caldarelli: “Dati scarsi per monitorare la pandemia”

L'ordinario dell'Imt Lucca critica il sistema: "Mancavano informazioni decisive per valutazioni scientifiche sui decessi"

“Esistono modi diversi di indagare la realtà. Alcuni fenomeni si possono studiare con un approccio riduzionista, togliendo tutto ciò che è di contorno e concentrandosi solo sul fenomeno in sé. Ma ci sono casi dove questo non è possibile, come la pandemia da covid-19. Per spiegare alle persone le infinite sfaccettature del problema e trovarne una soluzione, serve un’analisi olistica che non ne esamini solo una parte. Di questo si occupa la scienza dei sistemi complessi, una disciplina che cerca di capire come una cosa si relaziona e impatta con l’altra”. Così spiega il professore Guido Caldarelli, dal 3 ottobre 2018 presidente della Complex System Society, professore ordinario di Imt e al lavoro sul tema del coronavirus.

“La Complex promuove un modo diverso di guardare alla ricerca e al mondo che attrae sempre più giovani, soprattutto dall’Italia: un paese dove la scienza dei sistemi complessi è cresciuta molto”, osserva il professore.

Laureato in fisica alla Sapienza di Roma con una tesi sui frattali, dopo un dottorato alla Sissa (Trieste) e un post doc alla Manchester University Guido Caldarelli è tornato in Italia, dove ha ricoperto importanti incarichi. È stato docente al National Institute for Condensed Matter (Infm) e primo ricercatore dell’Institute of Complex Systems of The National Research Council of Italy, approdando infine all’Imt di Lucca dove dal 2013 è ordinario di fisica teorica.

Una vita dedicata alla ricerca, in particolare all’indagine sull’invarianza di scala: “Mi sono interessato ai frattali, alla materia condensata e attualmente, mi occupo di sistemi complessi. Ma nonostante le differenze di termini, la mia intera attività riguarda lo studio dell’invarianza di scala nei fenomeni naturali – spiega Caldarelli – Non è un concetto difficile. Molto spesso gli oggetti che vediamo in natura sembrano semplici, li riassociamo a sfere o altri modelli geometrici chiari, ma è solo un nostro schema mentale”.

“In realtà possiedono geometrie complesse, regolate tuttavia da una legge universale –  spiega – Ecco, negli anni Settanta è stato scoperto che quasi tutta la natura è fatta così: che per esempio, le nuvole non sono sfere quali appaiono. In matematica si parla appunto di dimensione frattale per descrivere una superficie molto particolare, più complicata da riempire delle figure geometriche semplici: lo spazio vi si dispone come una specie di chiocciola, ricoprendo il piano in una maniera infinitamente ricorsiva”.

“Agli inizi di questo secolo c’è stata una svolta nella ricerca – continua Caldarelli -: io ed altri scienziati abbiamo osservato che anche le relazioni umane seguono la stessa legge universale. Si tratta quindi di una regola trasversale, che si ritrova in tutti gli ambiti del sapere, comprese le scienze umanistiche e sociali dove permette di analizzare e comprendere fenomeni complessi come quello del coronavirus”, spiega il professore.

Porta infatti la sua firma e quella del collega Giuseppe Pinter Lauria dell’istituto Besta (Milano) uno studio svolto con il dottor Tommaso Gili dell’Imt sulle malattie che hanno complicato il quadro dei malati da covid-19, giocando un ruolo nella morte dei più fragili. Grazie a un’analisi a rete elaborata da Caldarelli, si deduce che il decesso non dipenderebbe dall’età in sé, ma dalla presenza nel soggetto di malattie del cuore, cancro, ipertensione, diabete e malattie respiratorie: “Abbiamo lavorato sui dati di più ospedali della zona di Crema, dove l’epidemia ha raggiunto picchi notevoli – racconta Caldarelli  – Il dato è un’informazione inizialmente non strutturata e ordinata, che attraverso un’analisi a rete può essere visualizzata e letta. In questo modo diventa quantitativa, si possono costruire dei modelli e fare degli scenari predittivi: è così che funziona il metodo scientifico, uno strumento estremamente prezioso che nelle scienze sociali aiuta a comprendere il comportamento della popolazione, o come si evolverà una malattia. In questo studio-continua- io e il collega Lauria abbiamo osservato che la comorbilità, ovvero la compresenza di più patologie nella stessa persona, è un fattore fondamentale perché permette di prevedere se il paziente affetto da covid-19 ce la farà o meno. Le nostre formule hanno individuato due gruppi di malattie: insufficienza respiratoria e cardiaca, ipertensione e cancro; diabete, dislipidemia e obesità. I dati dicono che una persona affetta da covid-19, se ha anche una malattia di entrambi i gruppi, probabilmente non ce la farà”.

“I dati parlano. Parlano chiaro – afferma Caldarelli – Per questo da un lato, come accademico, penso che se ci fosse stata una raccolta capillare di dati sul territorio la gestione della pandemia in Italia poteva andare meglio. Avremmo potuto evitare alcune delle problematiche che si sono verificate: basti pensare che non sapevamo nemmeno quanti sono gli italiani vivi oggi – denuncia il professore – Aver avuto questo dato sarebbe significato tanto: si poteva calcolare qual era l’eccesso dei morti in una certa regione rispetto agli anni precedenti, fornendo una stima di cosa stava succedendo, cioè di quanto era diffusa l’infezione. Ecco, questa anagrafica di base, ovvero l’esser in vita o meno che si può sapere senza violare la privacy, va migliorata e in casi di emergenza sanitaria come la pandemia da covid-19, resa disponibile nell’immediato. Che previsioni si possono fare sennò?”.

“Da un altro lato, come privato cittadino mi sento di dire che l’Italia, nell’imprevedibilità del momento e con i mezzi a disposizione, e vista anche l’abnegazione delle persone che hanno lavorato e quello che si sapeva sul virus, ha saputo reagire all’emergenza – afferma Caldarelli”. Tuttavia come scienziato, se potessi muovere una critica al sistema, indicherei la scarsità di dati che abbiamo avuto a disposizione. Ne servono sicuramente di più per rispondere a una epidemia o pandemia. In questa direzionesi muove un progetto europeo cui ho preso parte: lo scopo è creare una rete capillare di raccolta dati per prevedere gli scenari possibili legati alla pandemia. Per sapere, per esempio, dove le persone si ammalano di più, quali attività è meglio chiudere e aprire da un punto di vista economico…”.

“Risposte – conclude il professore – che ci permetterebbero di reagire ancor meglio in futuro al riproporsi dell’emergenza o a situazioni simili”.

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