Manzione al Real Collegio: “Giustizia, qualcosa non funziona bene” foto

Il pm proposto come prossimo procuratore di Lucca analizza anche il problema della lentezza degli uffici: "Il nodo è il gran numero di appelli"

Tempi della giustizia e comunicazione. Su questo doppio binario si è svolto ieri sera (21 luglio) l’incontro del talkshow del Real collegio estate, condotto dal giornalista Paolo Mandoli, che ha avuto come ospite il sostituto procuratore di Firenze Domenico Manzione, insieme ai giornalisti Paolo Pacini e Marco Innocenti.

Mazione ha alle spalle una lunga carriere giuridica: diventa magistrato nel 1983 ed esercita le funzioni di sostituto alla procura di Monza, di Lucca (nel periodo in cui alla guida c’era Giuseppe Quattrocchi), e, in applicazione, alla procura distrettuale e generale di Firenze. Dal 1999 al 2001 è addetto all’ufficio legislativo del ministero della giustizia e partecipa a numerose commissioni di studio per la riforma del codice processuale e penale sostanziale, nonché a gruppi di lavoro preparatori della legislazione Ue.

Nel 2009 viene nominato procuratore della Repubblica di Alba. Nel 2012 è designato dal Csm come componente del comitato direttivo della Scuola superiore della Magistratura. Il 2 maggio 2013 viene nominato sottosegretario di stato al ministero dell’interno sotto il ministro Angelino Alfano nel governo Letta. Dopo essere stato confermato nel governo Renzi, approda al distretto di corte d’appello di Firenze incarico attualmente ricoperto.

L’argomento principale del talkshow sono i rapporti che intercorrono tra la magistratura e la stampa nella cronaca giudiziaria.

“Negli anni la giustizia ha subito numerose riforme, ma molti problemi non sono cambiati e oggi è evidente che qualcosa non funziona bene, ma è anche possibile che queste difficoltà facciano anche comodo a molti – spiega Domenico Manzione –. La magistratura ha avuto negli anni cambiamenti significativi, se si pensa alle quote rosa tra i magistrati, i risultati si sono raggiunti solo negli anni ’60 e solo ieri l’altro una donna è stata nominata a ricoprire l’incarico di presidente aggiunto della Corte di Cassazione”.

“Allo stesso modo, anche l’informazione ha patito molti cambiamenti e non sempre in positivo – prosegue –. Oggi in un mondo frenetico, c’è interesse ad arrivare per primi sulla notizia a discapito della veridicità e degli approfondimenti. La congiunzione tra due poteri forti, la lentezza giuridica e la velocità dell’informazione, fanno sì che molte volte nella cronaca giudiziaria la notizia si limita alle fasi iniziali di arresto e fermo del sospetto, tralasciando tutto la parte processuale che non interessa più a nessuno. Senza contare che in molti casi le persone che subiscono un avviso di garanzia, successivamente nei procedimenti giudiziari vengono assolti e in un mondo in cui vi è difficoltà nel diritto all’oblio si creano difficoltà di comprensione nell’opinione pubblica, per cui si finisce per additare come colpevole una persona che è stata dichiarata innocente”.

La cronaca giudiziaria è sempre stata il fiore all’occhiello del giornalismo e ha da sempre suscitato l’interesse dell’opinione pubblica, ma rimane un argomento complesso da trattare con i guanti di velluto:

“Scrivere di cronaca giudiziaria è argomento difficile – dice il giornalista Marco Innocenti –. Occorrono grandi conoscenze nel campo giuridico e tra i magistrati, le notizie vengono prese sia direttamente dagli organi inquirenti ma anche e soprattutto dagli avvocati: molto spesso infatti sono quest’ultimi a rivolgersi alla stampa”.

Dello stesso avviso è il giornalista Paolo Pacini: “Penso che il problema principale sia il tempo e la mancanza di approfondimenti, la velocità di informazione è una spirale vorticosa in cui manca la verifica della notizia. Di conseguenza il magistrato diventa diffidente nei confronti della stampa e questa diffidenza diventa reciproca”.

Eppure anche ieri la cronaca giudiziaria è stata protagonista di molti canali d’informazione con la notizia dell’imputazione coatta per tre dirigenti del comune di Lucca per lesioni personali colpose a seguito della caduta dalle mura di un bambino francese e del padre avvenuta nell’agosto del 2018.

“Conosco la notizia – dice il procuratore capo di Firenze –. Questa è la dimostrazione classica di come l’informazione viaggia veloce nel mondo di oggi, essendo però una vicenda in corso non è possibile esprimere un giudizio”.

I lucchesi però, sempre molto affezionati alle mura, non hanno certamente preso bene la notizia, esiste quindi un divario tra i rapporti che si sono creati tra opinione pubblica e magistratura.

“A mio avviso il rapporto non è mai stato dei migliori – precisa il dottor Manzione – Vedo attualmente delle eccessive manifestazioni di dissenso, anche a seguito degli ultimi episodi che hanno colpito i più alti organi giuridici, occorre da parte di tutti fare un mea culpa. Questo clima non fa bene alle istituzioni e crea confusione nell’opinione pubblica. Ricordo ancora le parole di due dei miei maestri giudiziari, Gabriele Chelazzi e Pier Luigi Vigna che dicevano: ‘Gli uffici e le istituzioni non vivono di vita propria, ma delle facce di chi li rappresenta’”.

Anche la stampa ha le sue colpe nel clima che si è creato, sottolinea Marco Innocenti:

“Noi giornalisti facciamo poco per far capire all’opinione pubblica i problemi che hanno gli organi e gli uffici giuridici. Abbiamo fatto ancora meno per far capire che la magistratura è fatta da persone e che come persone possono avere o non avere capacità. Occorre evidenziare che il giudice applica la legge, leggi che a loro volta sono state approvate dal Parlamento e se queste sono troppo interpretabili è perché non sono fatte in maniera adeguata”.

Paolo Pacini evidenzia alcune difficoltà che possono riscontrare gli organi giudiziari nello svolgere il loro lavoro:

“Alcuni magistrati lanciano inchieste che poi dimenticano, questo è dovuto al fatto che il pm deve occuparsi di tutte le inchieste che gli si presentano, dal piccolo furto al grande processo, ciò è dovuto all’obbligatorietà dell’azione penale prevista dal nostro codice giuridico. L’obbligatorietà dell’azione penale diventa un grosso freno alla velocità della giustizia e i tempi biblici sono un’evidenza di un meccanismo che non funziona”.

L’obbligatorietà dell’azione penale impone al pubblico ministero di valutare la fondatezza di ciascuna notizia di reato e di svolgere indagini per formulare un’eventuale imputazione o archiviazione:

“L’obbligatorietà è sicuramente un tema molto importante – spiega Manzione –. Quando il nostro codice è stato scritto il senso era quello di dare al magistrato la possibilità di intraprendere l’azione penale senza che per procedere ci sia bisogno dell’azione politica. La giustizia de minimis sembra insignificante di fronte alle grandi inchieste che coinvolgono imprenditori e altre personalità rilevanti. Eppure è una giustizia che influenza chi la subisce, il singolo cittadino ne è molto influenzato e l’argomento diventa importante per la collettività, anche di più del grande processo, non si tratta di bazzecole e ne va data la rilevanza che merita”.

Altro tema caldo da un punto di vista giuridico è quello della prescrizione, molto abusato negli ultimi anni:

“L’istituto della prescrizione è stato modificato molte volte – precisa il magistrato –. Penso che l’ultima riforma che lo blocca dopo la sentenza di primo grado di giudizio sia un passo avanti di cui se ne vedranno i risultati tra alcuni anni, perché le norme penali non sono retroattive. In molte indagini, si scopre l’esistenza di un reato troppo tardi, questo avviene soprattutto per quanto riguarda i reati fiscali. Ciò allunga molto i tempi e immancabilmente il procedimento si blocca per prescrizione. I tempi biblici dei processi sono dovuti per lo più alle numerose richieste di appello, vero imbuto del nostro sistema giudiziario, ma se dopo il primo grado non sarà più possibile bloccare i procedimenti ciò si tradurrà in un aumento delle lungaggini processuali e i tempi di attesa saranno ancora maggiori”.

La custodia cautelare e la decorrenza termini sono due dei problemi che hanno acceso molte polemiche negli ultimi giorni, soprattutto dopo la scarcerazione di Massimo Carminati a seguito della decisione della Cassazione nel processo Mondo di mezzo:

“Dovrebbe essere una extrema ratio da usare con la massima cautela, perché si priva della libertà una persona senza che vi sia stato un giudizio di colpevolezza – spiega Manzione –. Riguardo alla decorrenza termini concessa a soggetti come Massimo Carminati, bisogna tenere in considerazione la decadenza del reato di associazione di stampo mafioso (416 bis) stabilito dalla Cassazione. Questo genere di reato prevede la custodia cautelare dovuta alla pericolosità del soggetto, nel momento in cui decade è possibile che si rientri nella decorrenza dei termini, perché la persona ha già scontato il carcere previsto per altri reati venendo a mancare inoltre la vera causa per cui veniva privato di libertà”.

Secondo il sostituto procuratore di Firenze l’aggravamento di pena per alcuni reati previsto in alcune riforme della giustizia non è un deterrente a non commettere illeciti:

“La minaccia di un inasprimento di certe pene non è funzionale come deterrente a non commettere lo specifico reato. Se pensiamo ad esempio al reato di omicidio stradale, mi pare sia sotto gli occhi di tutti, che non ha contribuito a far calare i morti sulle strade. La maggiorazione della pena non è la soluzione ma è la certezza della pena ciò che serve, meglio una pena mite ma certa!”

Molti avvocati si lamentano di un potere eccessivo della pubblica accusa nel nuovo codice di procedura penale, rispetto alla difesa.

“Non ne sono così sicuro, però ci sono molte riforme che hanno visto l’avvocatura come protagonista, offrendogli la possibilità di svolgere indagini difensive da espletare con l’ausilio di un investigatore privato. Si tratta comunque di posizione deontologicamente diverse tra i due soggetti”.

I tempi biblici dei processi secondo Domenico Manzione sono dovuti all’imbuto dell’appello, è forse il caso di inasprire le pene in caso di richiesta di processo di appello?

“Gli osservatori della procura generale hanno hanno evidenziato la quantità di appelli richiesti solo con lo scopo di ridurre la pena – dice il magistrato – La richiesta di appello nei reati più gravi viene inoltre utilizzata per rimandare l’esecuzione della pena. Vi sono stati nel tempo numerose metamorfosi che hanno creato limitazioni nelle possibilità di richiesta, rimane comunque l’imbuto del nostro sistema giudiziario e in molti hanno avanzato la possibilità di chiedere un inasprimento della pena in caso di richiesta di processo di secondo grado e colpevolezza dell’imputato, rimangono per adesso ipotesi di lavoro”.

Altro problema importante e molto sentito nell’opinione pubblica è lo sconto di pena riconosciuto al condannato in caso di richiesta di rito abbreviato:

Quando il codice è nato, chi l’ha scritto ha preso come esempio il processo americano, un processo di tipo accusatorio, ma molto oneroso – prosegue Manzione – I problemi nascono dall’esercizio dell’obbligatorietà dell’azione penale, cosa che non è prevista nel sistema giuridico statunitense, dove il giudice è eletto dal popolo e di conseguenza influenzato dal governatore. Si tratta quindi di un processo costoso sia per lo Stato sia per chi lo subisce, per questo è nato il rito abbreviato. Il rito abbreviato prevede un processo in cui si arriva a giudizio in tempi molto più brevi rispetto al rito ordinario, contemporaneamente l’imputato giudicato colpevole ha diritto ad uno sconto di un terzo della pena. Oggi le possibilità di accedere a questo genere di processo sono sempre minori e ci sono più reati che lo escludono. Dal 2019, ad esempio, non è possibile richiedere il rito abbreviato per i reati che prevedono l’ergastolo”.

Lo scorso giugno è arrivata la notizia che il dottor Manzione si è candidato alla carica di procuratore capo di Lucca, dopo il pensionamento di Pietro Suchan, quando arriverà la notizia ufficiale?

“C’è una procedura prevista dal Csm, vi è una proposta avanzata dalla V commissione che è stata votata all’unanimità, questa proposta deve essere ratificata dal plenum, per diventare ufficiale, fino a quel momento non voglio sbilanciarmi troppo”.

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