Delitto di Halloween, la Cassazione conferma le condanne per i due maggiorenni

Ora per i due giovani di Viareggio si apriranno le porte del carcere

La Cassazione mette la parola fine sul delitto di Halloween, avvenuto la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 2014 in via Coppino in Darsena a Viareggio. Confermate le condanne per i due maggiorenni, Alessio Fialdini e Federico Bianchi, come deciso dai giudici Giuseppe Santalucia, presidente, e Antonio Cairo, relatore.

Il procuratore generale Giuseppina Casella aveva chiesto il rigetto dei ricorsi presentati dalla difesa dei due giovani, avvocati Massimo Landi e Eriberto Rosso per Alessio Fialdini e avvocati Emilio Soppelsa  e Franco Coppi per Federico Bianchi, con conferma della sentenza. Le parti civili, assistite dagli avvocati Riccardo Carloni, Enrico Marzaduri, Luca Fontirossi e Gianmarco Romanini, hanno presentato una memoria e replicato. L’udienza, inziata questa mattina (4 dicembre) alle 9, si è conclusa alle 12,30. La sentenza è stata resa nota nel tardo pomeriggio dopo oltre 6 ore di camera di consiglio.

Ora, per i due giovani viareggini, si apriranno le porte del carcere.

In rito abbreviato, in primo grado al tribunale di Lucca dinanzi al giudice Antonia Aracri, il 5 luglio 2017 Fialdini e Bianchi erano stati condannati a 18 anni e 15 e 8 mesi. I due giovani erano finiti alla sbarra con l’accusa di omicidio volontario, tentato omicidio e lesioni. Per i due era stato riconosciuto il concorso. Quella fu un’ udienza ad oltranza, iniziata alle 9 di mattina con la richiesta di 30 anni da parte del pubblico ministero Sara Polino, con il gip che – dopo la discussione e le arringhe difensive, atte a dimostrare il solo concorso e sminuire le accuse in rissa aggravata e omicidio preterintenzionale – alle 15,30 si era ritirato in camera di consiglio per leggere il dispositivo intorno alle 17, 30. Condanne che furono entrambe confermate in corte d’appello a Firenze, cosi come le provvisionali alle parti offese, tutelate in giudizio dagli avvocati Riccardo Carloni, Gianmarco Romanini, Luca Fontirossi e Francesco Marenghi, di 150mila euro a ciascuno dei genitori di Manuele Iacconi, 100mila per ogni fratello, mentre agli zii di Iacconi e Matteo Lasurdi – ferito nel massacro ma vivo – 50mila euro.

Alessio Fialdini e Federico Bianchi, i due maggiorenni erano stati coinvolti, assieme ai due minori processati e condannati uno, difeso dagli avvocati Valentina Tognocchi e Giacomo Ciardelli, a 12 anni e l’altro, difeso dall’avvocato Cristiano Baroni, a 6, nell’aggressione a colpi di casco avvenuta la notte di Halloween del 2014 a Viareggio e costata la vita a Manuele Iacconi, pestato a sangue e morto dopo un mese di agonia all’ospedale di Livorno. Al faccia a faccia tra l’ex minorenne condannato a Firenze e i maggiorenni, Alessio Fialdini e Federico Bianchi, furono inchiodati dal ragazzino reo confesso. “Il primo a colpire con un pugno Manuele Iacconi è stato Federico Bianchi, poi col casco Alessio Fialdini, io ho colpito dopo”, aveva affermato il ragazzo durante l’incidente probatorio, ribadendo quanto già affermato nel terzo interrogatorio, quello del 14 maggio 2015, quando aveva accusato il maggiorenne, difeso dall’avvocato Massimo Landi, di essere stato Fialdini ad innescare la lite scoppiata in via Coppino in Darsena la notte di Halloween del 2014, assestando lui allo Iacconi il primo colpo alla nuca, che lo avrebbe fatto cadere a terra, per poi passare il casco al minorenne, difeso dagli avvocati Giacomo Ciardella e Valentina Tognocchi, dicendogli, a mò di comando, frasi del tipo “si fa così”, “finiscilo tu”. L’incidente probatorio, chiesto dal pm Sara Polino, era stato accolto dal gip Giuseppe Pezzuti. Un “passaggio”, questo, ritenuto dalla procura di Lucca fondamentale per acquisire ulteriori prove. Il pubblico ministero lucchese, che aveva seguito le indagini – condotte dal commissariato di polizia di Viareggio – sul delitto di Halloween in merito ai due maggiorenni, finalmente, aveva potuto ascoltare il ragazzo, ritenendo basilare questo passaggio, prima di decidere se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione, dopo le dichiarazioni rese dal condannato in merito alla posizione di Fialdini e Bianchi.

Una vicenda terribile, quella accaduta nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 2014 in via Coppino in Darsena, quando Manù, un 35enne di Piano di Mommio, nel comune di Massarosa, fu letteralmente massacrato e lasciato in terra esamine. La svolta del caso fu pochi giorni dopo. Furono da subito quattro gli indagati per l’ omicidio di Manuele Iacconi e il tentato omicidio di Matteo Lusardi. I due pm, Sara Polino e Benedetta Parducci, rispettivamente della procura di Lucca e della procura tel ribunale per i minorenni di Firenze, avevano iscritto nel registro degli indagati i due maggiorenni, Alessio Fialdini difeso dall’avvocato Massimo Landi e Eriberto Rosso e Federico Bianchi difeso dall’avvocato Emilio Soppelsa, e due minorenni, difesi rispettivamente dagli avvocati Giacomo Ciardelli e Valentina Tognocchi e avvocato Cristiano Baroni, accusandoli di omicidio volontario aggravato da futili motivi, di tentato omicidio e favoreggiamento.

La storia di Manuele Iacconi, dalla notte di follia, quella di Halloween, alla morte, quando l’incubo si era trasformato in una tragedia immane, ha scosso due comunità, Viareggio e Massarosa. Furono trenta giorni di dolore. Un mese in cui tutti avevano sperato in un lieto fine. Poi la morte, inesorabile. Erano le due di notte di una serata di festa quando il sangue aveva macchiato via Coppino. Scene da film, in Darsena, dove il 34enne di Massarosa era stato preso a pugni, rimediando anche una serie di colpi in testa con un casco da moto, a seguito di un diverbio per una precedenza. Ferito gravemente, l’uomo era stato ricoverato nel reparto di neuro chirurgia dell’ospedale di Livorno. Un fatto inquietante, avvenuto in via Coppino intorno alle due di notte e sul quale gli uomini dell’Anticrimine del commissariato di polizia di Viareggio, all’epoca dei fatti diretto dalla dottoressa Rosaria Gallucci e della squadra mobile di Lucca con a capo Virgilio Russo, si erano subito messi al lavoro. Da quanto ricostruito nell’immediatezza dei fatti Manuele Iacconi, titolare assieme al padre di una piccola azienda artigiana a Porcari, era in auto con amici quando era stato aggredito da un gruppo di giovani in scooter. Sul posto, a sirene spiegate, era intervenuta un’ambulanza della Croce Verde che lo aveva trasportato in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale Versilia, dove i medici, dopo avergli riscontrato un forte trauma cranico, avevano deciso il trasferimento nel nosocomio della città labronica. Con Manù, in macchina, c’era anche un altro ragazzo, Marco Lusardi, ferito anche lui alla testa durante la colluttazione a colpi proibiti, e sottoposto a una Tac al Versilia. Illesi, fortunatamente, un amico e una ragazza presenti nella vettura. A cercare di fermare gli aggressori, che però erano riusciti a fuggire in sella ai loro scooter, era stato il titolare della paninoteca di via Coppino, Gandi Brijani. Il personale dell’Anticrimine, con il supporto degli uomini della squadra mobile di Lucca, aveva preso a verbale le varie testimonianze e acquisito le immagini delle telecamere di video sorveglianza che avevano immortalato la scena. Stupore, indignazione, rabbia. Poi, il 6 novembre 2014 la confessione del 17 enne. Una svolta nel caso del giovane di Massarosa massacrato a colpi di casco in Darsena la notte di Halloween: accompagnato dai suoi legali, avvocati Giacomo Ciardelli e Valentina Tognocchi, il minorenne si era presentato in commissariato ammmettendo di aver colpito Manuele Iacconi, ma dando una versione diversa dei fatti rispetto a quanto riferito dai vari testimoni del fatto. “Ho agito da solo – aveva raccontanto ai poliziotti, aggiungendo che stava tornando a piedi da un locale del vialone e una volta in via Coppino, nei pressi della piadineria, di aver chiesto una sigaretta a Iacconi che era in auto fermo in coda al semaforo. “Mi sono difeso – aveva aggiunto il minorenne -, ho raccattato un casco che era in terra e ho iniziato a colpirlo”. Fino a mandarlo in coma. Poi la fuga, a quanto aveva raccontato alla polizia, da solo. Un racconto, quello del 17enne che vive al Varignano, che non ha mai convinto gli inquirenti, ma le sue ammissioni erano state prese a verbale e inviate in procura, a disposizione del pm Sara Polino. Le indagini da parte degli investigatori sulla brutale aggressione avvenuta alle 2 di notte del 1 novembre erano poi proseguite, con la convinzione che ad agire fosse stato un branco, Trenta giorni di coma, di operazioni, di lotta per Manuele Iacconi per rimanere vivo, mentre la polizia effettuava perquisizioni nelle case dei giovani sospettati, sequestrando abiti, caschi e un hard disk del computer. A Viareggio fu fatta anche una fiaccolata partita dalla stazione e arrivata in via Coppino, luogo del pestagggio brutale. Poi il cuore di Manù aveva cessato di battere. E la speranza di poterlo riabbracciare vivo si era spenta come neve al sole.

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