Chiede l’asilo: “Sono gay e rischio la pena capitale”. La Cassazione dice sì al migrante

Annullata la sentenza del tribunale che aveva negato lo status sulla base del parere della commissione che aveva giudicato non credibile il 30enne

Era fuggito dalla Nigeria perché, aveva raccontato nella richiesta di asilo politico, aveva una relazione omosessuale per la quale nel suo Paese avrebbe rischiato la vita. Per questo motivo aveva chiesto protezione in Italia ma gli era stata rifiutata; ora però può rimanere a Lucca. Così ha deciso nei giorni scorsi la suprema corte di Cassazione.

In alcune Nazioni come la Mauritania, Sudan, Nigeria settentrionale e Somalia meridionale, chi appartiene alla comunità gay infatti rischia la pena di morte. Il tribunale di Lucca, dove vive il 30enne, e la corte d’Appello di Firenze, però gli avevano negato il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria perché il suo racconto in sede di Commissione territoriale per i rifugiati non era stato giudicato credibile e provato, da questo rifiuto i due ricorsi giudiziari entrambi dall’esito negativo.

Di diverso parere invece gli ermellini che hanno cassato la sentenza impugnata dal cittadino nigeriano che quindi ora potrà rimanere in Italia e a Lucca dove vive e con lo status di rifugiato. Per la Cassazione in questi casi vanno fatte approfondite valutazioni proprio perché è a rischio la vita del richiedente rifugio e protezione: “la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poiché incombe al giudice, nell’esercizio del detto potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa ed attuale conoscenza della complessiva situazione dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto”. Il caso è chiuso e il giovane può tirare finalmente un sospiro di sollievo.

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