Trascina la nuora in tribunale per un prestito non restituito: l’Appello gli dà ragione in parte

La donna dovrà restituire 8mila euro usate per l'acquisto di un'auto e pagare 6mila euro di spese legali

Due automobili, una per la moglie del figlio e una per la nipote, al centro di un contenzioso familiare finito in tribunale.

Lui dice di aver prestato 35mila euro alla nuora che non li restituisce perché afferma che si era trattato di un regalo, ma la trascina in tribunale per ben due volte e la corte d’Appello gli dà ragione, almeno per una parte del denaro. La vicenda partita nel 2016 in ambito familiare a Lucca è poi arrivata nelle aule giudiziarie. In primo gradi i giudici cittadini avevano dato torto al suocero che secondo la sentenza avrebbe dato i soldi a titolo di “liberalità” alla moglie del figlio per consentire l’acquisto di due autovetture ad uso familiare.

Ma in Appello le cose sono andate diversamente. Due i bonifici in questione uno da 8mila euro e l’altro da 27mila, il primo dovrà essere restituito perché secondo i giudici di secondo grado si era trattato di un prestito con promessa di restituzione. Per il secondo bonifico, invece, il suocero non è riuscito a provare la titolarità non gratuita che quindi in questi casi va considerata come donazione. Il contratto (che tecnicamente viene chiamato mutuo) non deve essere necessariamente scritto. Per cui è lecito un prestito tra privati con semplice accordo verbale.

Basta infatti il semplice consenso, ossia la stretta di mani, per siglare l’intesa. Con la consegna del denaro scatta automaticamente l’obbligo della restituzione. La sentenza dà atto anche dei pessimi rapporti familiari che nel frattempo si erano venuti a creare ma di fronte ad alcune testimonianze non ha potuto far altro che dare ragione all’uomo e condannare la moglie del figlio a restituire parte del denaro e cioè gli 8mila euro con i quali aveva comprato un’auto per sé. Gli altri soldi da non restituire erano stati invece utilizzati per comprare un’auto alla figlia, nipote dell’uomo che comunque li aveva richiesti indietro.

Ma nelle cause civili l’onere della prova è a carico di chi instaura il contenzioso e infatti si legge in sentenza sul punto: “Da quanto emerso in sede istruttoria parte attrice non è riuscita a dimostrare la dazione a titolo di mutuo delle somme corrisposte, 27mila euro, per l’acquisto della vettura, categoria suv, essendo state fornite dai testi delle due parti versione opposte ed inconciliabili”. Il semplice fatto di aver consegnato i soldi attraverso uno strumento tracciabile come il bonifico o l’assegno non è sufficiente a dimostrare l’esistenza del mutuo rispetto alla donazione. In buona sostanza, in assenza di prove contrarie, il giudice deve dare ragione a chi sostiene che non si è trattato di un prestito ma di un regalo. Differenti le conclusioni dei giudici d’appello per il prestito da 8mila euro: “Deve dunque ritenersi che la dazione della somma di 7900 euro sia stata a titolo di mutuo e non di liberalità. Conseguentemente la convenuta è tenuta a restituire il relativo importo, oltre gli interessi legali dalla data di maturazione del credito fino alla data della domanda giudiziale”.

In questo caso le prove testimoniali hanno fatto la differenza. La donna dovrà pagare anche circa 6mila euro di spese di giudizio di entrambi i gradi. Evidentemente i rapporti familiari si erano deteriorati a tal punto da non consentire un accordo bonario tra le parti ma è dovuta intervenire la giustizia civile a dirimere la controversia.

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