Donna muore per malattia rara: la perizia del medico di Lucca diventa la base per le nuove linee guida

La consulenza assunta a modello dal ministero della Salute dopo la vicenda giudiziaria sorta dal decesso in ospedale

La perizia perfetta. Potrebbe essere questo il titolo di un romanzo o di un film che traendo spunto da una tragedia la trasforma in un’occasione di speranza e di vita per gli altri. Tutto nasce da un ricovero di una donna al Versilia per alcune emorragie nella primavera del 2010. Dopo una serie di esami le viene diagnosticata una trombocitopenia autoimmune, una rara forma di malattia autoimmune della coagulazione.

Un cosiddetto disturbo del sangue che tra le varie cause presenta anche il virus dell’Hiv. Ma all’epoca in Italia non c’erano linee guida del ministero della Salute per effettuare il test sull’Aids anche per questo tipo di malattie, e i medici del Versilia se ne accorgono troppo tardi e la donna muore nell’ottobre dello stesso anno. Gli eredi della donna fanno causa all’Asl ma i giudici sia in primo che in secondo grado assolvono l’azienda sanitaria e i medici proprio perché non sussistono né dolo né colpa per non aver effettuato il test sull’Hiv alla donna, vista l’assenza di indicazioni in tal senso nella procedura medica ufficiale italiana, e non solo, dell’epoca.

Il tribunale di Lucca durante il primo grado di giudizio affida a un medico una perizia sui tragici avvenimenti e il lavoro del dottore incaricato dai giudici è così ben fatto che l’anno successivo viene pubblicato su riviste specializzate italiane e internazionali e, negli Usa già nel 2011, nel 2013 in Italia il ministero della Salute lo recepisce emanando nuove linee guida e inserendo obbligatoriamente tra gli esami diagnostici per questo tipo di malattia anche il test sull’Aids. Questo perché l’Ema sempre nel 2013 dirama una nota ufficiale dell’Ue in merito ai nuovi protocolli da seguire in questi casi. Una svolta epocale per le procedure sanitarie italiane che da quel momento potranno diagnosticare l’Aids in casi simili e in tempo per provare a salvare la vita del paziente. In particolare, l’eccellente medico che aveva redatto la perizia per conto del tribunale lucchese  aveva affermato che “l’esecuzione del test Hiv al momento della diagnosi di trombocitopenia autoimmune avrebbe modificato il decorso successivo: il rilievo della positività per Hiv avrebbe determinato il rapido trasferimento in ambito infettivologico, l’immediata instaurazione in ambito specialistico della terapia antiretrovirale con conseguente elevata possibilità di riduzione della durata e del dosaggio complessivo della terapia corticosteroidea”. Un lavoro complesso che finisce sulle principali riviste scientifiche nazionali e internazionali che l’anno successivo porterà ai cambiamenti dei protocolli sanitari di tutti i Paesi occidentali, a partire dagli Usa, da seguire in tutti i casi del genere. Scrivono infatti i giudici fiorentini nella sentenza d’Appello pubblicata nei giorni scorsi: “In risposta al quesito integrativo se fosse esigibile l’esecuzione del test Hiv sin dal primo ricovero della paziente, il Ctu aveva rilevato che non vi erano linee guida in Italia che prescrivessero l’esecuzione del test hiv nella gestione delle piastrinopenie autoimmuni idiopatiche e che, tuttavia, alcuni contributi pubblicati su riviste americane, alcuni mesi prima dei fatti di cui è causa, avevano evidenziato la necessità di eseguire sempre il test Hiv e non invece solo nel caso di pazienti con fattori di rischio, come previsto nelle linee guida adottate negli Usa dal 1996, e ancora in vigore nel 2010. Queste linee guida furono cambiate nel 2011 negli usa e nel 2013 in Italia e nell’Ue anche sulla scorta dei preziosi contributi scientifici riportati dal Ctu incaricato dai giudici del tribunale di Lucca che a loro volta avevano registrato il mutamento delle modalità di trasmissione della infezione da Hiv”.

La perizia del medico finisce insieme ad altri lavori di altri colleghi sulle principali riviste scientifiche italiane e internazionali e nel 2011 prima e nel 2013 poi, sia all’estero che nella comunità europea, cambieranno i protocolli diagnostici per quanto riguarda tutti i casi di trombocitopenia immune, la malattia di cui soffriva la donna che purtroppo aveva contratto il virus dell’Aids senza accorgersene, se non quando ormai era troppo tardi. Si legge in sentenza d’Appello: “Dunque, i sanitari avrebbero potuto accertare l’esistenza di una infezione da Hiv in atto nella paziente se, e solo se, l’ospedale avesse inserito il test Hiv fra gli accertamenti di base da eseguire di fronte ad ogni caso di trombocitopenia autoimmune”. Da qui l’assoluzione dell’Asl e dei medici del Versilia. Spese legali e di giudizio compensate. Chissà quante vite sono state salvate dopo questa tragedia anche grazie al lavoro svolto dal medico incaricato dal tribunale cittadino di effettuare la perizia sul caso della donna lucchese? La scienza, si dice, avanza per tentativi, dispiace sempre constatare che solo a seguito di eventi funesti cambino poi le regole ma si tratta di malattie davvero rare e complesse e di un virus quello dell’Hiv che causa così tanti problemi di salute che è facile immagina la difficoltà a stargli dietro, un po’ come sta accadendo per il Covid. Malattie che non seguono regole precise. Ma la speranza come insegna anche questo caso non deve mai smettere di esistere.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.