Decide di cambiare sesso a 16 anni, il tribunale di Lucca dà il via libera

Storica sentenza: secondo caso in Italia dopo Genova. I giudici: "Una misura a tutela della salute e del benessere psicofisico"

Storica sentenza, dal punto di vista della cosiddetta giurisprudenza, emessa ieri mattina (27 agosto) dal tribunale di Lucca. I giudici cittadini hanno infatti autorizzato un minore a cambiare sesso all’anagrafe, concedendo anche l’autorizzazione ad effettuare l’intervento chirurgico. Il ragazzo diventerà una ragazza.

Il tribunale civile e penale, con l’intervento del pubblico ministero per tutelare il minore, è giunto a questa decisione dopo un complesso e delicato iter che per la seconda volta in Italia ha concesso il cambio del sesso a un minorenne. La prima sentenza in tal senso era stata emessa dai giudici di Genova nel 2019 dopo un passaggio in Cassazione e soprattutto dopo un verdetto della corte Costituzionale.

I giudici delle leggi hanno dovuto infatti chiarire un aspetto fondamentale per tutte le sentenze successive in materia, affermando che “per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà e ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale”. In altre parole non è necessario o obbligatorio ricorrere all’intervento chirurgico per chiedere la rettificazione anagrafica del sesso. In questo caso i giudici hanno accolto sia il cambio anagrafico sia l’intervento chirurgico dopo aver verificato l’esistenza di tutti gli elementi come da indicazione della stessa Consulta.

“Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell’individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione – come prospettato dal rimettente −, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”. Il ragazzo ha dovuto prima seguire un rigido protocollo per dimostrare la disforia di genere e sottoporsi a tre perizie mediche dopo aver incassato anche il placet dei genitori, trattandosi di un ragazzo di 16 anni.

Gli interventi chirurgici necessari allo scopo sono posti a carico del sistema sanitario nazionale che copre le cure principali per i transgender. Il percorso per modificare l’identità sessuale è di tipo complesso poiché interessa molteplici livelli, medici, legali oltre che giudiziari. In buona sostanza, a fronte di questi recenti orientamenti giurisprudenziali, ognuno ora ha facoltà di scegliere la propria identità di genere sulla base della percezione della propria sessualità e le caratteristiche anatomiche e biologiche assegnate dalla Natura non costituiscono più un ostacolo invalicabile per il cambiamento. Si legge infatti nella sentenza del tribunale di Lucca pubblicata ieri (27 agosto): “I documenti versati in atti avvalorano in termini decisivi la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità percepita e vissuta dal minore, in termini tali da determinare, per lo stesso, un atteggiamento conflittuale e di definitivo e radicale rifiuto della propria morfologia anatomica, sì da rendere giustificati per la tutela della salute, per il pieno benessere psicofisico e per la realizzazione delle aspirazioni esistenziali del figlio delle parti attrici, la rettificazione anagrafica e l’eventuale intervento di adeguamento chirurgico”. I giudici lucchesi nell’ultima parte della sentenza hanno anche intesto sottolineare che il trattamento medicochirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili dovrà avvenire nel rispetto delle raccomandazioni espresse dal Centro di coordinamento regionale e in coerenza alle stesse considerazioni espresse dal minore in aula circa la gradualità e l’eventualità dell’intervento stesso che non è obbligatorio per la rettifica anagrafica. Il nome sarà quindi cambiato da maschile a femminile su tutti i nuovi documenti con effetto immediato e per l’intervento chirurgico definitivo i giudici hanno voluto ricordare il rigido protocollo da seguire e il fatto che non ci sia nessuna fretta per il minore di effettuarlo, visto il cambio anagrafico disposto immediatamente in sentenza.

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