Niente domiciliari con braccialetto elettronico per il pusher condannato a Lucca

Per la Cassazione sussiste un concreto pericolo di fuga dal territorio nazionale nonostante la buona condotta

Era stato arrestato, anni fa, durante un’operazione di polizia, in provincia di Lucca, per spaccio di sostanze stupefacenti, insieme ad altri connazionali, e condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione, nei mesi scorsi, in via definitiva dalla corte di Cassazione.

Ora il 34enne di origini straniere dopo due anni di detenzione ha chiesto sempre agli ermellini di poter terminare la pena ai domiciliari e con braccialetto elettronico in casa di un amico che vive a Milano. Ma la Cassazione ha respinto anche questo suo ricorso dichiarandolo inammissibile condannandolo pure a 3mila euro di spese di giudizio.

L’uomo era finito in manette durante un blitz in Lucchesia ed era stato colto in flagranza durante attività di spaccio. Nella scorsa primavera già la corte di appello di Firenze aveva rigettato la sua richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, alla quale è sottoposto perché condannato in relazione al reato di cessione continuata di sostanze stupefacenti del tipo eroina, cocaina e hashish, con quella meno grave degli arresti domiciliari presso l’abitazione di un conoscente, con l’impiego di braccialetto elettronico.

L’uomo ha già subito una detenzione cautelare per un periodo di oltre due anni, tenendo un buon comportamento in carcere, ed ha fornito il nominativo di un connazionale, titolare di regolare permesso di soggiorno, che vive in una città diversa da quella nella quale è stato commesso il reato, ha un regolare contratto di abitazione e svolge un’attività lavorativa lecita. Ma per la Cassazione “permane un concreto ed ancora attuale rischio che il prevenuto, se posto agli arresti domiciliari, possa decidere di allontanarsi dal territorio italiano ovvero possa tornare a commettere reati della stessa specie di quelli per i quali è stato condannato. Motivazione rispetto alla quale le doglianze difensive appaiono, per un verso, aspecifiche, in quanto il ricorrente non si è confrontato realmente con i più salienti passaggi argomentativi della decisione gravata; per altro verso, caratterizzate dal tentativo di sollecitare una diversa lettura delle emergenze procedimentali, cosa che non è consentita nel giudizio di legittimità”.

Ricorso rigettato.

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