Stragi di mafia del 1993, l’esplosivo passò anche da Massarosa

Le indagini della Dda di Firenze a caccia di tutti i fiancheggiatori, complici e mandanti occulti, guardano anche verso la Versilia e Prato grazie alle dichiarazioni dei pentiti Spatuzza e Carra

La Dda di Firenze nello stesso giorno in cui è iniziato a Reggio Calabria il processo d’appello denominato ’Ndrangheta stragista, iniziato nella giornata di ieri (27 ottobre) ha avviato perquisizioni nei confronti di familiari e presunti fiancheggiatori dei Graviano nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi del 1993 a Firenze, Milano e Roma coordinata dalla Dda di Firenze e condotta dalla Dia fiorentina. Le perquisizioni sono state effettuate a Palermo, Roma e Rovigo.

L’inchiesta sulle stragi del 1993 è stata aperta e chiusa più volte a partire dagli anni Novanta, coinvolgendo nuovamente Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, in passato già indagati e archiviati. Le nuove verifiche sono partite quasi due anni fa dopo che Giuseppe Graviano, capo del mandamento di Brancaccio di Palermo, ha parlato davanti alla corte di assise di Reggio Calabria, nel processo  alla ‘Ndrangheta stragista nel quale è stato condannato all’ergastolo. Al processo Graviano ha accusato Silvio Berlusconi di aver fatto affari con suo nonno, che avrebbe consegnato all’ex premier 20 miliardi di lire per investirli nel campo immobiliare e che esisterebbe anche una scrittura privata, che avrebbe avuto suo cugino Salvo, in cui apparivano i nomi dei finanziatori.

Le dichiarazioni di Graviano sono state definite prive di fondamento dall’avvocato Niccolò Ghedini, legale del Cavaliere: “Mai conosciuti i Graviano né alcun rapporto con loro”. L’inchiesta fiorentina è coordinata dal procuratore capo Giuseppe Creazzo e dagli aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli ed è finalizzata a svelare i presunti mandanti occulti delle stragi.  C’è un filo che unisce le inchieste e i processi di Reggio Calabria e Firenze perché in entrambi i procedimenti ci sono commistioni tra la criminalità organizzata calabrese e quella siciliana soprattutto attraverso i superboss di cosa nostra, i fratelli Graviano. Un filo che passa anche attraverso Massarosa e la Versilia, sempre con l’obiettivo di identificare tutti i fiancheggiatori e soprattutto i mandanti occulti delle stragi del ’93 in Italia, dopo l’arresto di Totò Riina, quando Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e Bernardo Provenzano avevano preso in mano cosa nostra per traghettarla verso il futuro. Di tutti questi personaggi solo Matteo Messina Denaro resta ancora da assicurare alla giustizia. Sono proprio le sentenze di Firenze e Reggio Calabria a confermare gli stretti rapporti in quegli anni tra le cosche siciliane e calabresi a ridosso delle stragi di Firenze, Roma e Milano. Agli atti dei due procedimenti ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia tra cui Gaspare Spatuzza e Pietro Carra, rispettivamente boss di Brancaccio che prenderà il posto dei fratelli Graviano dopo il loro arresto e che ha partecipato alle stragi, e l’addetto al trasporto dell’esplosivo usato nelle stragi del ’93. Entrambi sono stati dichiarati credibili dai giudici e hanno tirato in ballo anche la provincia di Lucca nelle loro dichiarazioni, sia in riferimento a Matteo Messina Denaro e alla sua presenza in Versilia sia al passaggio di parte dell’esplosivo a Massarosa. Ecco perché i magistrati antimafia guardano spesso anche in questa direzione e nelle recenti inchieste relative alla cattura di Messina Denaro e all’individuazione dei mandanti occulti e dei fiancheggiatori delle stragi del ’93, nelle carte a disposizione della Dda compare spesso la parola Lucca, per via di Forte dei Marmi e Massarosa. Il Forte perché è l’ultimo posto dove è stato visto Matteo Messina Denaro prima della sua lunga latitanza e Massarosa per via di alcuni passaggi dell’esplosivo usato per le stragi da parte di Pietro Carra.

In Versilia potrebbero esserci ancora tracce legate magari ad investimenti fatti da Messina Denaro e altri boss di cosa nostra, e a Massarosa altre persone che potrebbero sapere cose su quel periodo storico. Il pentito Pietro Carra che gestiva una ditta di camion in quegli anni racconta di aver fatto diversi viaggi da Palermo in Toscana, nel Lazio, a Milano, perché trasportava droga, armi e soprattutto parte dell’esplosivo usato nelle stragi.

Raccontando anche come in quel periodo le cosche siciliane e calabresi agivano spesso insieme. Anche Spatuzza conferma molte cose raccontate da Carra. Come si legge negli atti dei due processi, quello di Reggio Calabria e di Firenze. Racconta infatti Spatuzza:  “Nel pomeriggio arriva una telefonata di Pietro Carra che comunica di essere arrivato a Firenze con a bordo l’esplosivo. Io e Giuliano Francesco siamo usciti a rubare il Fiorino, abbiamo smontato il montapacchi, siamo andati a prelevare l’esplosivo dal Carra e lo abbiamo portato nel garage della casa del Ferro e poi lo abbiamo caricato nel Fiorino. Poi facciamo l’armatura: ovvero mettiamo l’esplosivo dentro le forme di parmigiano: usiamo due bombe più un altro tipo di esplosivo “di gelatina”: dentro c’era una doppia detonazione. Fatto questo, Lo Nigro si mette alla guida del Fiorino, Giuliano guida la Fiat 1. Io sono rimasto a casa, guardavo la partita quando è uscita la notizia di un’esplosione su Firenze. Lo Nigro torna e dice: “Non abbiamo raggiunto l’obiettivo, ma abbiamo comunque fatto centro”. Noi siamo partiti la mattina dopo verso Palermo”.

Ma non solo Comuni della provincia di Lucca sono finite nelle carte processuali attraverso i racconti del pentiti. Anche la città di Prato viene citata spesso. Insomma, Matteo Messina Denaro e i fratelli Graviano in Versilia, esplosivo che non si bene come mai transita dalla provincia di Lucca, da Massarosa, e poi da Prato prima di arrivare a Firenze e Roma per le stragi del ’93, è abbastanza per giustificare la massima attenzione da parte della Dda fiorentina e non solo verso questi luoghi a caccia di tutti i complici di questi potenti boss che però non hanno agito da soli né praticamente né a livello ideativo e organizzativo generale in quegli anni terribili. Già nelle scorse settimane la Dda fiorentina aveva effettuato numerose verifiche in Versilia all’interno della ricerca del superlatitante Messina Denaro, ora proseguono altri approfondimenti nei luoghi indicati dai pentiti dove assolutamente in modo non casuale sono passati i potenti boss mafiosi e addirittura parte dell’esplosivo utilizzato nelle stragi del ’93. Altre verifiche sono già al vaglio degli inquirenti che non mollano né nelle ricerche del boss latitante né nelle ricerche di tutti i complici e mandanti delle stragi e di chi può ancora oggi avere tra le mani i soldi dei boss attraverso investimenti di vario genere e tipo.

Una lotta a 360 gradi tra “guardie e ladri” che continuerà anche nelle prossime settimane con ulteriori e attesi sviluppi.

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