Maxi giro di riciclaggio nell’edilizia tra la Campania e Lucca, cade l’aggravante del metodo mafioso

L'accusa di connessione con il clan dei Casalesi dei due principali imputati non regge in Cassazione

Operazione Minerva della Dda, non regge al vaglio della Cassazione l’aggravante del metodo mafioso per Giuseppe e Raffaele Diana, ritenuti dagli inquirenti i leader e coordinatori di un gruppo criminale che avrebbe agito in regione, in Campania e anche a Lucca per tutta una serie di affari e business ritenuti illegali. Anche per tutti gli altri indagati principali la Cassazione sul punti si era espressa in modo analogo e uniforme. Ora la Dda di Firenze dovrà produrre nuove prove se vuole continuare ad incriminare i 34 indagati anche per aver utilizzato il metodo mafioso al fine – era questa l’ipotesi – di agevolare gli interessi del clan Zagaria dei Casalesi. In questa fase cautelare e di indagini gli ermellini hanno dichiarato inammissibili i ricorsi della procura generale fiorentina. I plurimi reati contestati lo scorso anno, a vario titolo, alle 34 persone coinvolte, dalla magistratura antimafia toscana, andavano dall’associazione per delinquere al riciclaggio, all’autoriciclaggio e il reimpiego, l’intestazione fittizia di beni, l’emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti con l’aggravante di cui all’articolo 416 bis , per aver favorito l’associazione camorristica clan dei Casalesi. Questo ultimo e fondamentale capo d’imputazione per la suprema corte di Cassazione, con le prove attualmente prodotte, non farà più parte delle vicende processuali future, a meno di nuove e diverse prove.

Il ricorso della Procura generale

Gli ermellini scrivono, infatti, in sentenza: “Ma, nella parte in cui riguarda la valutazione di attendibilità e coerenza dei dati probatori di tipo dichiarativo (le propalazioni accusatorie di vari collaboratori di giustizia), la censura risulta sostanzialmente diretta a una non consentita rilettura degli elementi indiziari e ad una diversa e alternativa ricostruzione delle vicende criminose, rispetto alla puntuale valutazione già espressa dal tribunale in merito al valore indiziante dei medesimi dati probatori. In ossequio al dictum della sentenza di annullamento con rinvio del 2021 risulta inoltre adeguatamente argomentata dal tribunale la insussistenza degli estremi della circostanza aggravante dell’avere agito al fine di agevolare l’attività del clan camorristico. Orbene, attesa la solidità del vaglio analitico esperito dai giudici del merito cautelare, non compete alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione alle puntuali e logiche conclusioni cui essi sono pervenuti in ordine alla qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato per l’aggravante mafiosa, che non sono perciò sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato”. Già il tribunale del Riesame di Firenze, quale giudice di rinvio dopo una pronuncia precedente della Cassazione, per Giuseppe e Raffaele Diana, aveva ritenuto con l’ordinanza impugnata che l’articolato materiale investigativo, pure integrato dagli apporti accusatori dei collaboratori di giustizia Francesco Zagaria e Mario Iavarazzo, analiticamente esposti e presi in esame, non consentiva tuttavia di considerare raggiunto il livello di concretezza e gravità indiziaria, preteso dalla giurisprudenza di legittimità, per il profilo della finalità specifica delle condotte criminose, come dirette con qualificata probabilità ad agevolare il clan dei Casalesi.

Il ricorso dei due indagati principali

I due “capi”, secondo i giudici, del sodalizio criminale dopo gli arresti di gennaio del 2021 sono stati posti ai domiciliari lo scorso autunno e anche il loro ricorso contro la detenzione è stato respinto dagli ermellini. Si legge sempre nella stessa sentenza depositata nei giorni scorsi dai giudici della Cassazione, sul doppio ricorso, da parte della Procura generale e dei due indagati: “Il tribunale del Riesame ha infatti ritenuto con motivazione diffusa e logicamente congrua, perciò insindacabile in sede di legittimità, la concreta e attuale sussistenza del rischio di reiterazione dei reati e la esclusiva adeguatezza della custodia in carcere per i delitti contestati, non trascurando i rilievi difensivi ma dando puntualmente conto della loro infondatezza o minusvalenza rispetto al altri elementi fattuali considerati di maggiore spessore. E ciò alla luce della gravità e reiterazione dei plurimi fatti contestati, del ruolo direttivo e organizzativo rivestito da entrambi gli imputati in un ampio arco temporale e nel contesto di una solida struttura associativa, che si avvaleva di uomini e mezzi anche professionalmente dotati e di una ampia rete di contatti e flussi di comunicazione. Anche il ricorso degli imputati va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, che si ritiene di quantificare in euro 500 ciascuno, in favore della Cassa delle ammende”.

L’inchiesta

Le indagini proseguono ma al momento senza poter contestare il metodo mafioso. Nel dettaglio, è stato rilevato un sofisticato sistema fraudolento, fondato su diverse società, ritenute riconducibili agli indagati e formalmente gestite da prestanome, che hanno svolto diversi lavori edili sul territorio nazionale, operando perlopiù in subappalto. L’esecuzione dei lavori e la successiva fatturazione da parte dei committenti dava corso ad una prima serie di fatture per operazioni inesistenti a favore di società di comodo che attestavano falsamente la collaborazione nei lavori. L’ulteriore fase prevedeva altre fatturazioni per operazioni inesistenti a favore di altre cartiere, i cui amministratori, anch’essi meri prestanome, operavano il prelievo di contanti delle somme di denaro a titolo di pagamento di prestazioni in realtà mai rese. Dedotti i compensi ai prestanome, le somme prelevate finivano poi ai promotori dell’associazione a delinquere per essere successivamente riciclate attraverso investimenti immobiliari nelle province di Pistoia, Lucca, Modena, Roma, Isernia e Caserta. Il procedimento giudiziario continua.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.