Fa firmare fogli in bianco e poi richiede un debito inesistente: i giudici le danno torto anche in appello

Nuova pronuncia su una vicenda legata a una compravendita di un appartamento in centro. In corso anche un procedimento per falso ideologico e documentale

Una compravendita di un appartamento in centro città, di oltre 200mila euro di valore, è finita in un doppio caso giudiziario che potrebbe essere utilizzato come spunto per una puntata di un telefilm di Perry Mason.

Ora la corte d’Appello di Firenze ha confermato, in sede civile, la precedente sentenza del tribunale di Lucca che aveva disposto l’annullamento di un decreto ingiuntivo da 231mila euro: i documenti alla base del presunto credito, infatti, erano stati alterati e manipolati. Nel 2016 la donna aveva inizialmente ottenuto l’emissione del decreto ingiuntivo ma in sede di opposizione poi nel 2018 era stato annullato. Ne è venuta fuori anche una causa per falso, ideologico e materiale, che dovrà far luce su tutti gli aspetti della vicenda che in sede debitoria non sono stati, ovviamente, affrontati del tutto.

Una donna di Lucca aveva, a suo dire, versato 115mila euro di caparra, per l’acquisto di un appartamento in centro città, alla proprietaria che però poi, sempre secondo la sua versione dei fatti, si era rifiutata all’improvviso di andare dal notaio per concludere l’affare. Da questa evenienza la donna aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per il doppio della caparra che affermava di aver versato in sede di compromesso. Ma quando si è entrati nel merito della vicenda, a seguito di opposizione al decreto ingiuntivo da parte della proprietaria dell’immobile, quello che ne è venuto fuori ha davvero dell’incredibile. I giudici cittadini infatti analizzando la documentazione della presunta acquirente, e su richiesta della proprietaria, che nel frattempo aveva presentato querela per falso, si sono accorti che qualcosa in effetti non quadrava. A quel punto il tribunale lucchese ha disposto ben due perizie sui documenti presentati in giudizio. E ne è venuto fuori un quadro inquietante che ancora deve essere chiarito in ogni suo aspetto. Ma da un punto di vista dei soldi, relativo al debito presunto, nulla è dovuto dalla proprietaria alla presunta acquirente perché le firme sono risultate autografe ma non apposte nello stesso periodo. In pratica la seconda perizia chimica ha dimostrato che il grado di invecchiamento delle firme non è affatto uguale ma differisce di circa 5 anni. I fogli erano praticamente stati firmati in bianco dalla proprietaria, per motivi che la causa ancora da chiarire, e successivamente l’acquirente aveva compilato il testo a suo piacimento, facendo emergere gli impegni e gli accordi presi e le cifre pagate. Documenti manipolati secondo i giudici che quindi li hanno ritenuti illegittimi  e privi di fondamento annullando il presunto debito tra le parti in causa.

La sentenza d’appello

Così i giudici della corte d’Appello di Firenze (Alfetra, Paternostro e Reggiani) che hanno rigettato il ricorso della presunta acquirente contro le decisioni dei giudici di Lucca e condannato alle spese legari e di perizia: “L’insieme delle argomentazioni logiche e documentali affacciate da XXX, che hanno raggiunto il proprio culmine nell’atto di querela di falso (22 giugno 2016), quasi tutte riprese e coltivate poi dal tribunale in sentenza, ingenerano, nel loro complesso, un sospetto grave e fondato dell’esistenza di una manipolazione da parte avversa. In particolare all’esito della prima ctu, si potuto accertare che XXX ha effettivamente sottoscritto i due documenti in contestazione. l’unico quadro in cui tutti i predetti elementi trovano una collocazione logica e razionale sembra pertanto la sovrapposizione della stampa delle scritture in oggetto su fogli contenenti le sottoscrizioni in bianco della XXX. Resta tuttavia da spiegare come facciano le firme di XXX ad essere più risalenti di quelle di XXX, almeno con riferimento alla scrittura del 2009. Ciò, peraltro, non porta senz’altro ad invalidare le conclusioni del tribunale. La Corte di appello di Firenze, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza eccezione e deduzione, sull’appello proposto dalla presunta acquirente nei confronti della proprietaria dell’immobile di Lucca, avverso la sentenza 794/2018 emessa dal Tribunale di Lucca, pubblicata il 15 maggio 2018 rigetta l’appello e conferma la sentenza gravata”.

Un mistero ancora da chiarire e comprendere in ogni sua parte che dal punto di vista del debito è stato invece risolto. Il resto si vedrà eventualmente in seguito e in altre sedi. La donna è stata condannata anche a circa 10mila euro di spese processuali.

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