Banca avalla un assegno falso: la corte d’Appello condanna l’istituto a risarcire il cliente

Era stato apposta la dicitura 'bene emissione' sul documento di credito da 13500 euro, ma era stato falsificato

Vende alcuni Rolex ad un cliente che non lo convince del tutto, ma nonostante alcuni accorgimenti finisce ugualmente nella rete del truffatore. Fa controllare l’assegno circolare, che aveva preteso dall’acquirente, dalla propria banca che gli dà il via libera, e per iscritto, ma il titolo era falso e il gioielliere lucchese dopo 6 anni ottiene la condanna dell’istituto di credito a risarcirlo in parte.

La brutta avventura di un uomo, amministratore unico della società che gestisce alcune gioiellerie è terminata con la sentenza della corte d’Appello di Firenze che ha condannato la banca a restituirgli 9mila euro dei 13mila che considerava ormai persi, adottando il criterio de concorso di colpa tra la banca e il gioiellieri incauto che poteva attendere il buon fine dell’assegno.

Secondo quanto è emerso dal giudizio, terminato nei giorni scorsi con la sentenza d’Appello, nel mese di febbraio del 2016, l’uomo si recava presso la Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno (oggi Banco Bpm), per richiedere la verifica della validità e regolarità (bene emissione) dell’assegno circolare dell’importo di euro 13500 apparentemente emesso da banca Cariparma spa, oggi Credit Agricole.

In base a quanto allegato nell’atto di citazione l’attore aveva dichiarato di avere ricevuto un ordine di diversi orologi Rolex che lo aveva insospettito, vuoi perché proveniente da un cliente nuovo, vuoi per le modalità con cui si erano svolte le trattative. Spiegava quindi di aver appositamente preteso il pagamento mediante assegno circolare e di aver ottenuto la possibilità di verificarne la regolarità, in via preventiva, motivo per il quale si era presentato quel giorno in banca. Risulta poi che il dipendente della banca all’esito della verifica, ne garantiva la regolarità e la copertura apponendo di suo pugno la dicitura “bene emissione” sulla matrice.

Forte delle rassicurazioni ricevute il gioielliere depositava l’assegno per l’incasso e provvedeva alla consegna degli orologi. Tuttavia, a distanza di pochi giorni, gli veniva comunicato dalla banca che le somme portate dall’assegno, già accreditate in conto corrente, erano state stornate per una non meglio precisata invalidità del titolo. In effetti successivamente è emerso che nessun assegno circolare dell’importo indicato di euro 13500 a suo favore era mai stato emesso dal Credit Agricole e che quello presentato all’incasso era quindi frutto di una falsificazione. Ciò detto, di là dalle peculiarità del caso concreto, va premesso che il bene emissione consiste in un attestato in ordine alla bontà dell’assegno circolare, dato che il bene emissione costituisce una garanzia immediata in ordine all’affidabilità dell’assegno rilasciata, anche telefonicamente, da parte della banca emittente, ma non influisce sulla materiale disponibilità della somma portata dall’assegno, la quale richiede pur sempre che l’assegno venga presentato alla banca emittente per l’incasso.

“In altri termini – ha spiegato la corte – l’oggetto dell’informazione resa dalla banca attiene alla validità del titolo, ovvero la presenza dei requisiti di forma a ciò indispensabili, e la sua autenticità quanto all’importo, alla sottoscrizione da parte dell’istituto emittente e all’indicazione del beneficiario. Ma bisogna sempre attendere poi l’incasso vero e proprio”.

Ma il dipendente della banca apponendo la dicitura “bene emissione” ha di fatto reso responsabile se stesso e quindi l’istituto bancario dell’illusione nel gioielliere che fosse tutto a posto. Da qui la condanna della banca seppur in concorso di colpa a restituire 9mila euro al cliente sui 13mila dell’assegno circolare falso ma avallato.

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