Con la Croce Verde di Porcari al confine con l’Ucraina per aiutare i profughi, il racconto del viaggio di Massimiliano ed Elena foto

Martedì scorso (3 maggio) hanno raggiunto la Romania e attraversato il confine in un'area considerata calda e bombardata dai missili russi

Prosegue il lavoro della Croce Verde in sostegno della popolazione ucraina colpita dalla guerra. L’ultimo carico d’aiuti, raccolto da Anpas Toscana, diretto al confine con la Romania è partito la mattina di giovedì 28 aprile, con 4 bilici, 8 furgoni e una macchina. Per la prima volta il convoglio ha raggiunto la destinazione utilizzando esclusivamente i trasporti su gomma ed entrando nel territorio ucraino.

Ad accompagnare il carico umanitario, erano presenti anche Massimiliano Menchetti e Elena Baroni, dipendenti della Croce Verde di Porcari, portando “il cuore del nostro paese là dove il bisogno chiama”, come ha dichiarato alla loro partenza il primo cittadino di Porcari, Leonardo Fornaciari.

Il carico di aiuti, contenente beni di prima necessità, farmaci e alimenti, anche per animali, è partito il 28 aprile alle 4 di mattina, come racconta Massimiliano Menchetti: “Siamo partiti assieme ai mezzi della colonna mobile dell’Anpas Toscana, che ha raccolto i beni di prima necessità, con quattro bilici, otto furgoni e una macchina e per la prima volta, con i mezzi, abbiamo raggiunto il confine tra Ucraina e Romania”.

Il primo carico di aiuti umanitari era stato spedito su rotaia, con un treno organizzato dalla Regione Toscana. La colonna, stavolta, partita da Firenze, è passata da Slovenia e Ungheria per raggiungere il nord della Romania, area dove si trovano numerosi profughi ucraini. Le consegne sono state organizzate e gestite con le istituzioni locali e il consolato italiano presente, che ha coordinato sul posto la missione umanitaria stoccando i beni in un deposito.

“Abbiamo raggiunto il confine con la Romania giovedì 28 aprile alle 22 – prosegue nel suo racconto Massimiliano -, il distretto di Satu Mare è stata la zona di contatto con il consolato italiano che opera nell’area e noi ci siamo affidati al console per gestire l’ingresso in Ucraina e la consegna del carico”.

Satu Mare è uno dei 41 distretti che compongono il territorio rumeno, e si trova al confine con l’Ucraina, dove a dividere i due paesi vi è il fiume Tibisco, con le sue fredde acque che sgorgano dai Carpazzi ucraini.

“Secondo le prime indicazioni che ci sono state fornite dovevamo consegnare il carico e passare il confine il sabato, però ci è stato detto di anticipare l’ingresso a venerdì, il giorno dopo il nostro arrivo, perché l’area è tutt’ora ad alto rischio. Infatti martedì (3 maggio) è stata bombardata dai missili russi”.

Secondo il racconto di Massimiliano Menchetti i missili russi avevano come obiettivi le centrali elettriche presenti nell’area e per fortuna non hanno causato morti, ma qualche ferito tra i lavoratori delle centrali.

“Il giorno dopo, il convoglio ha proseguito il viaggio e si è diviso, i 4 bilici sono stati portati a Sighetu Marmație, veramente a due passi dall’Ucraina, noi e il resto del carico abbiamo passato il confine e ci siamo addentrati nel territorio ucraino solo per una trentina di chilometri, per raggiungere una chiesa ortodossa che è stata adibita a centro profughi. Lì, abbiamo scaricato la merce in una palestra, diventata nell’occasione magazzino e abbiamo anche incontrato chi fuggiva dalla guerra, provenienti da tutto il paese, ma soprattutto da Kiev. C’è sempre un’enorme quantità di mezzi e persone che cercano di scappare – racconta Massimiliano -, la situazione in cui vivono è precaria, dormono per terra su dei materassi e non hanno il gas, cercano di raggiungere la Romania e dopo aver superato il confine scelgono di andarsene immediatamente, mettendo più distanza possibile tra loro e la guerra. Infatti, il sabato la nostra missione è già finita, visto che abbiamo scaricato la merce venerdì, abbiamo intrapreso il viaggio di ritorno e quando siamo in Ungheria siamo stati richiamati al confine con l’Ucraina, per recuperare 6 persone volevano un passaggio per l’Italia. Siamo tornati indietro e abbiamo trovato 3 persone, le altre, nel frattempo, hanno trovato un altro passaggio e se ne sono andati immediatamente. Questo è un esempio per dire che, la prima cosa che queste persone fanno dopo aver passato il confine è quella di continuare la sua fuga il prima possibile, probabilmente terrorizzati dagli orrori vissuti in questi giorni”.

I tre profughi, due donne e un bambino, sono stati accompagnati in Italia, a Firenze e sono stati affidati ai volontari del consolato italiano.

Anche Elena Baroni conferma questa necessità per i profughi, di mettere più distanza possibile tra loro e la guerra: “Ancora molte persone sono in fuga, è sempre possibile vedere colonne di macchine, donne e bambini a piedi che cercano di mettersi in salvo oltre il confine. Lasciano dietro alle loro spalle solo macerie e in molti casi hanno perso tutto, la casa, il lavoro e i parenti, quando accade una cosa del genere si perde la tranquillità di vivere nel proprio territorio, si perde la sicurezza e si cerca di trovare un altro posto per vivere, per ricominciare da capo, spostandosi anche dall’altra parte del mondo, solo per aver sentito che in quella terra si vive bene”.

Dal confine sono autorizzati a passare soltanto donne, bambini e anziani, gli uomini tra i 18 anni d’età e i 60 anni, non possono farlo e sono chiamati a difendere la patria secondo la normativa della legge marziale che vige nel paese dal momento in cui è iniziata l’invasione russa.

“È vero, è così – dichiara Elena Baroni, dipendente della Croce Verde – fra l’altro tutti noi abbiamo potuto notare la giovane età dei militari ucraini al confine. La maggior parte delle persone che passano, sono famiglie. Il popolo ucraino è molto legato alla patria, hanno un altro tipo di cultura rispetto alla nostra , altro stile di vita e modi di fare, sono molto riconoscenti verso l’Italia per gli aiuti e i sostegni che gli mandiamo”.

Nonostante un nazionalismo forte, presente nella popolazione, spinto anche dalla guerra che ha sconvolto la loro vita, si sentono numerose storie di uomini che cercano comunque di fuggire dalla guerra, cercando di corrompere i militari sul confine.
“Certo, ci sono persone che non hanno intenzione di combattere e cercano di fuggire – spiega Elena -, alcuni di loro si gettano nei fiume Tibisco per cercare di raggiungere l’altra sponda, perché sui ponti non verrebbero lasciati passare. Purtroppo le acque del fiume sono gelide e molti di loro muoio nel cercare di attraversarlo e i loro corpi vengono trascinati dalle acque a valle”.

“Abbiamo conosciuto molte persone nel centro profughi – aggiunge Massimiliano Menchetti -, tra di loro mi è rimasta impressa una volontaria ucraina di quarant’anni, che prendeva i beni di prima necessità e li caricava per distribuirli nei centri accoglienza all’interno dei confini. Una persona fantastica che ci ha ringraziato enormemente per gli aiuti ricevuti e con un sentimento di appartenenza alla propria patria che mi ha fatto una grande impressione. L’amore per la patria è un sentimento molto condiviso dalla popolazione Ucraina e molti di loro risultano allibiti dallo scoppio della guerra e dall’immobilismo dell’Europa e della Nato di fronte alla distruzione che stanno subendo”.

È la stessa volontaria Ucraina a fornire a Massimiliano e Elena le informazioni su come vengono distribuiti i beni di prima necessità portati in loro soccorso. “La signora ci ha mandato dei video nel mentre stava distribuendo ai bambini la merce che le abbiamo dato. In questo modo, abbiamo anche la sicurezza che quanto raccolto vada veramente alle persone che ne hanno bisogno e non finisca sugli scaffali di qualche negozio. È stata un’esperienza molto forte – conclude Elena – ti fa apprezzare di più la libertà che abbiamo, non scorderò mai i volti di quelle persone, anche i loro sorrisi, stanno tenendo duro e lo stanno facendo nonostante siano senza gas e senza benzina, ma solo con il loro spirito nazionalista che non si arrende difronte alle avversità. Non è difficile trovare militari ucraini che dicono che un loro soldato vale quanto dieci soldati russi e un loro carro armato ne vale 30 dei nemici. Stanno tenendo duro e continueranno a farlo”.

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