“A ottant’anni per tre giorni su una barella”: nuova denuncia dal pronto soccorso di Lucca

Il racconto della figlia: "Ringrazio coloro che ogni giorno fanno da parafulmine a un'intera azienda sanitaria al collasso"

Ancora segnalazioni di disagi al pronto soccorso di Lucca. Questa volta a parlare è una donna, il cui padre di ottant’anni, con un possibile trauma cranico, sarebbe rimasto per tre giorni su una barella posizionata nei corridoi dell’ospedale.

“Domenica scorsa (24 luglio) mattina presto, mio padre di 80 anni sviene improvvisamente e riporta un trauma alla testa. Chiamiamo subito un’ambulanza che lo porta al pronto soccorso – racconta la figlia -. Qui è rimasto su una barella in corridoio per 3 lunghi giorni. Martedì sera, stremato e per fortuna sempre vigile, infatti ha firmato per essere dimesso volontariamente alle 20,30. Lo siamo andati a prendere ed è stato accompagnato da due infermieri all’uscita perché dopo tre giorni di barella si era indebolito e camminava male. Tre giorni nel corridoio del pronto soccorso, prima gli esami di routine e la medicazione alla ferita in testa, poi in osservazione per due giorni, su una barella. Noi familiari non siamo potuti entrare, non abbiamo avuto sue notizie se non da lui per telefono. Dopo due giorni e notti insonni e dopo esami vari ancora non sapevamo niente”.

“Nelle chiamate mi raccontava che era come essere al fronte: pazienti che entrano in continuazione, non ci sono posti letto, mancano le barelle (lui era già fortunato ad averne una), chi in preda al dolore e alla paura è costretto su una poltrona o su una sedia da ore ed ore – prosegue la donna – Medici e infermieri ridotti all’osso non si fermano mai, affannano, cercano di seguire tutti ma non riescono, la situazione è ormai al collasso e a farne le spese sono i pazienti sofferenti e i dipendenti che non possono lavorare in tali condizioni. Tre giorni in corridoio su una barella, 80 anni, familiari in ansia che non ricevono aggiornamenti. A lui è andata bene. È vigile e non soffre apparentemente. Ma gli altri che sono ancora dentro al soccorso – che adesso purtroppo non può più dirsi ‘pronto’ – che fine faranno? E i medici e gli infermieri? Osannati giustamente da tutti come eroi e poi però lasciati soli a lavorare sotto organico, in condizioni non adeguate a garantire un servizio essenziale, unico filtro per chi arriva e pone la propria vita nelle loro mani”.

“So che c’è chi lotta da anni per un rafforzamento del pronto soccorso, manca personale e a questo punto mancano anche i letti. Lo so perché 10 anni fa mia madre ha passato gli ultimi anni tra ospedali e sale emergenza e mi ricordo che già allora la situazione era drammatica – conclude -. Oggi 2022: su una barella per 3 lunghi giorni, 80 anni, firma e viene via. Non si devono ripetere episodi del genere. Mi appello ai diritti del malato ma anche ai diritti di chi deve essere messo nelle condizioni di lavorare in maniera adeguata e necessaria. Ringrazio lo staff del pronto soccorso a nome di mio padre, ringrazio coloro che ogni giorno fanno da parafulmine per un’intera azienda sanitaria, con coraggio e tenacia. E ho nel cuore chi è rimasto lì a lottare”.

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