Riciclaggio, furto e sostituzione di persona: nuova condanna definitiva per il figlio del superboss Giuseppe Morabito

Giovanni fu intercettato nel 2018 mentre viaggiava verso Viareggio pur essendo in sorveglianza speciale a Livorno

Ancora una condanna definitiva per Giovanni Morabito, il figlio 53enne del super boss di ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, “u tiradrittu”, per reati commessi anche in Lucchesia. È la seconda definitiva in due mesi.

Una sentenza della suprema corte di Cassazione, pubblicata l’11 agosto scorso, ha confermato le precedenti condanne del tribunale di Lucca e della corte d’Appello di Firenze, per reati connessi alla legge sul riciclaggio, furto e sostituzione di persona, rispettivamente nel 2019 e nel 2021. L’uomo riceverà le notifiche di queste due condanne definitive in carcere. Il 12 luglio del 2018 era stato infatti arrestato dalle forze dell’ordine che lo cercavano da un paio di mesi per notificargli un’altra condanna definitiva a 5 anni e 6 mesi di reclusione per cui doveva essere trasferito in carcere, dove ora gli sono arrivate altre condanne passate in giudicato, di cui due provenienti dal tribunale di Lucca, la prima della quali a giugno scorso.

Condannato per ricettazione continuata in Lucchesia il figlio del boss Giuseppe Morabito

Quando era stato fermato dalla polizia nel 2018 a bordo con lui viaggiavano anche due avvenenti turiste belghe, le quali avevano chiesto all’uomo un passaggio da Pisa a Viareggio ignare di chi fosse il personaggio che le stava accompagnando e avevano deciso poi di seguirlo fino a Migliarino dove poi era stato fermato e arrestato. Ma l’uomo non poteva lasciare il Comune di Livorno e inoltre in quei giorni era pure irreperibile, dal maggio di quello stesso anno, perché era stato precedentemente sottoposto alla sorveglianza speciale nel comune di Livorno. Ma la polizia lo ha individuato a Migliarino in provincia di Pisa, constatando che l’uomo si muoveva liberamente a dispetto dell’ordinanza del giudice. Il mandato di cattura per la pena definitiva era stato emesso dalla Dda.

Giovanni Morabito, 53 anni, è il figlio di Giuseppe, capo della ‘ndrina Morabito, una delle più potenti e feroci famiglie della ‘ndrangheta calabrese, originaria di Africo nella Locride. Quell’estate del 2018 l’uomo viaggiava su un’auto che era stata intercettata dai poliziotti a Tirrenia in provincia di Pisa ed era stata seguita fino a Migliarino dove poi era stata fermata dagli agenti. Al controllo Morabito ha consegnato ai poliziotti documenti falsi, una carta di identità con le stesse generalità false per il cui utilizzo era stato già condannato in passato. Riconosciuto dai poliziotti è stato accompagnato in questura a Pisa e, dopo il foto segnalamento di rito, era stato portato in carcere per scontare la pena residua complessiva di 5 anni e 6 giorni di reclusione per condanne relative a numerosi reati, tra i quali possesso di documenti falsi, tentata truffa in concorso e aggravata, recidiva, simulazione di reato, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale e altri.

Si legge nel comunicato relativo al suo arresto nel 2018: “Il provvedimento di arresto è stato emesso dalla procura generale della Repubblica presso la corte d’appello di Firenze ed è stato eseguito ieri sotto il coordinamento della Dda di Firenze e della Procura di Livorno”. Ora l’ennesima condanna definitiva per reati commessi stavolta anche in Lucchesia a testimonianza ennesima della presenza di numerosi uomini vicini ai più potenti clan di ‘ndrangheta in Toscana, ormai da decenni.

La mafia calabrese è fatta di clan e di una sorta di un consiglio di amministrazione con sede a San Luca dove si svolgono ciclicamente le riunioni, e non esiste un capo unico come per cosa nostra, si tratta di strutture di criminalità organizzata molto agili e snelle che interagiscono tra di loro e con le altre mafie sempre in nome del business e del potere e da anni cercano di infiltrare anche altre regioni italiane sia negli affari illegali sia in quelli legali. E la loro presenza in un territorio non è mai casuale a prescindere da quello per cui vengono poi scoperti da investigatori e inquirenti.

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