False assunzioni e bancarotta, arresti in Lucchesia

Svuotavano le imprese di risorse economiche, che poi venivano trasferite alle loro ‘teste di legno’ per lucrare il più possibile ed evadere le tasse. Nello stesso tempo, però, quando ormai le imprese erano scatole vuote assumevano personale – per la maggior parte stranieri senza il permesso di soggiorno – favorendo così l’immigrazione clandestina e poi intascando le indennità di disoccupazione quando l’azienda ‘decotta’ finisca sul lastrico e doveva licenziare. E’ quanto emerso da due indagini condotte dai carabinieri del comando provincia di Pistoia e dai militari della guardia di finanza che stamani hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Pistoia, Alessandro Buzzegoli, nei confronti di ventisette persone, tra cui uno residente a Capannori e un altro a Massarosa.

Arresti sono stati eseguiti anche a Pistoia, Firenze, Pescia, Massa e Cozzile, Montecatini Terme, Pieve a Nievole, Quarrata e Scandicci, ma anche a Gioia Tauro e Lamezia Terme, dove sono scattate le manette ai polsi di personaggi ritenuti appartenenti ad associazioni di stampo mafioso. L’indagine coordinata dai sostituti della Procura di Pistoia, Fabio Di Vizio, ora alla Procura di Firenze, e Claudio Curreli, ipotizza i reati di associazione per delinquere finalizzata all’intestazione fittizia di beni, auto-riciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, estorsione, assunzioni fittizie finalizzate alle truffe in danno dello Stato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, evasione d’imposta e false fatturazioni.
Due dei destinatari delle misure sono stati trasferiti in carcere, venticinque agli arresti domiciliari e uno è stato sottoposto all’obbligo di dimora. Ad uno dei due destinatari, personaggio centrale in entrambe le indagini, sono state applicate entrambe le ordinanze emesse dal gip. In carcere sono finiti l’ex commercialista Ignazio Ferrante, 52 anni, originario di Reggio Calabria ma domiciliato a Pieve a Nievole, a suo tempo radiato dall’albo e condannato per associazione di stampo mafioso, e l’imprenditore Demetrio Caracciolo, 60 anni, anche lui di Reggio Calabria, residente a Massa e Cozzile.
Ai domiciliari sono andati anche i commercialisti Vincenzo Fera, 64 anni, di Reggio Calabria, residente a Serravalle, e Angelo Alberto Breschi, 73 anni di Pistoia, più i seguenti indagati: Leonardo Peragine, 31enne di Pistoia, imprenditore; Mirko Citti, 46enne, di Massarosa, cuoco; Pasquale Adriano Tropea, 43enne, di Lamezia Terme, imprenditore; Paolo Zuccone, 47enne, originario della provincia di Vicenza, residente a Massa e Cozzile, ragioniere; Massimo Rigione, 47enne di Napoli, residente a Pescia, ragioniere; Ciro Colimodio, 57enne di Napoli, residente a Massa e Cozzile, imprenditore; Alfonso Scaturchio, 61enne di Catanzaro, residente a Montecatini Terme, imprenditore; Franco Bernacchi, 75enne,  di Pescia, pensionato; Fabio Manolo Cosoleto, 47enne di Vibo Valentia, residente a Gioia Tauro,
imprenditore; Marco Cappello, 47enne nato in Germania, residente a Uzzano, operaio; Ugo Vecchi, 74enne di Catania, residente a Firenze, pensionato; Franco Papuzzo, 67enne di Vibo Valentia e domiciliato a Montecatini Terme, pensionato; Pieraldo Guidi, 62enne di Firenze, pensionato; Marco Ignazio Pili, 68enne di Cagliari, residente a Cascina, rappresentante di commercio; Alessio Arnesano, 47enne nato e residente a Firenze, imprenditore; Emanuele Giacomelli, 53enne, di Quarrata, imprenditore; Daniele Torracchi, 52enne di Pistoia, imprenditore; Emanuele Borgese, 60enne, di Reggio Calabria e residente a Massa e Cozzile, imprenditore; Paolo Fedi, 48enne  di Pistoia, imprenditore; Giuseppe Pacini, 72enne di Prato,
residente a Pistoia, imprenditore. Obbligo di dimora per Giovanni Cavataio, 53enne di Palermo, residente a Pieve a Nievole.
Ventitré misure cautelari sono state eseguite dai militari dell’Arma nell’ambito di entrambi i procedimenti e cinque dal personale della Guardia di Finanza nell’ambito dell’indagine Amici nostri.
Eseguite anche 41 perquisizioni locali e domiciliari, finalizzate alla ricerca di materiale informatico e cartaceo delle imprese del ‘consorzio illecito’ finite all’attenzione degli inquirenti.
Le due indagini distinte, denominate Amici nostri e Pluribus, sono poi confluite in un unico procedimento penale nel cui ambito hanno svolto investigazioni sinergiche il Nucleo Investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale carabinieri e il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Pistoia, denunciando complessivamente 163 persone.
I carabinieri hanno avviato le indagini nell’aprile del 2015, concentrando la loro attenzione sull’operato di alcuni commercialisti della provincia di Pistoia e sugli imprenditori a loro collegati mentre le Fiamme Gialle, dal gennaio dello scorso anno, anche sulla scorta di spunti investigativi acquisiti, hanno svolto accertamenti mirati di polizia economico- finanziaria sul loro conto. Nel corso dell’operazione è stato eseguito il sequestro preventivo ai fini della confisca di otto aziende, con sedi nei Comuni di Pistoia, Buggiano e Montelupo Fiorentino, operanti nei settori della ristorazione, movimento terra, edilizia, vendita di tabacchi, e hanno eseguito anche il sequestro preventivo al fine della confisca “per equivalente” di beni immobili e mobili registrati nonché di conti correnti e depositi bancari/postali per un ammontare complessivo di circa trentasei milioni di euro.
Secondo l’accusa, una gang composta da imprenditori, operanti in vari settori economici, si era organizzata con la complicità di alcuni commercialisti, che, per gli inquirenti, si adoperavano, allo scopo di agevolare alcuni clienti imprenditori, attivi nella provincia di Pistoia, nel far fallire le aziende per evadere il fisco. Ma gli inquirenti ipotizzano anche che circa 20 milioni di euro siano stati fatti sparire all’estero nel corso degli ultimi 10 anni, per un danno complessivo al fisco di oltre 50 milioni.
Le imprese coinvolte, stando a quanto ricostruito, venivano “svuotate” delle proprie risorse aziendali, attraverso il depauperamento dell’attivo, determinandone l’insolvenza ed, in alcuni casi, il fallimento. Il denaro così sottratto al fisco, spiega l’accusa, veniva poi riciclato in nuove attività gestite da prestanome. Alcuni componenti della gang, infatti, per l’accusa, trasferivano fittiziamente a teste di legno i beni che – di fatto – rimanevano nella loro effettiva disponibilità affinché, con la consulenza di professionisti contabili, si potesse trarre il maggior illecito vantaggio economico, avvalendosi anche di tecniche di riciclaggio e di auto-riciclaggio.
Gli appartenenti all’organizzazione criminale smantellata con il filone d’indagine Pluribus, invece, sono accusati di numerose truffe: utilizzando aziende facenti capo alla consorteria e di fatto già svuotate di risorse economiche, facevano false assunzioni di persone, favorendo così, stando agli inquirenti, l’immigrazione clandestina e ottenendo anche l’accesso alle indennità di disoccupazione non dovute e l’accesso al credito mediante l’esibizione di false buste paga, oltre che ottenere benefici di legge, come le misure alternative alla detenzione, a individui che diversamente non avrebbero potuto ottenerli.
Un giro dove non erano esclusi metodi di ricatto fra gli stessi componenti della gang: secondo l’accusa ci sarebbero stati anche episodi di usura e estorsione nei confronti di altri componenti della banda per ottenere la restituzione delle somme prestate.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.