Commerciante arrestato con i figli per la droga foto

di Roberto Salotti
Non hanno nemmeno 14 anni e sono poco più che bambini. Ma il padre li spediva lo stesso a vigilare sul piazzale Sforza a Sant’Anna, dove per la polizia gestiva insieme ai figli più grandi un giro di spaccio di droga, servito negli anni ad aprire una lavanderia e un negozio di abbigliamento nel paese d’origine, dove il figlio maggiore era stato rimpatriato proprio per i suoi guai con la droga. I clienti in qualche caso prendevano la droga nascosta dal genitore nelle tasche dei due bambini, ignari di cosa stesse accadendo. Ma facevano parte anche loro, sebbene loro malgrado, di quella che la squadra mobile di Lucca ritiene una sorta d’impresa familiare per lo smercio al dettaglio di cocaina, hashish e marijuana.

Al vertice il padre Ejjilali Jarmouni, 51 anni, commerciante, che pure di fronte alle inchieste che avevano coinvolto i figli si era manifestato contrito e quasi disperato: era riuscito ad ottenere per sé e la famiglia una casa popolare gestita dall’Erp per conto del comune di Lucca, proprio sul piazzale. Da qui, anche la moglie – che non risulta comunque indagata – faceva da vedetta: fissa al davanzale ad osservare ogni spostamento.
E quando non c’era lei, sostengono gli investigatori della mobile alla guida del commissario capo Silvia Cascino, erano i figli o altri “cavallini” a fare da vedetta: per questo è occorso tanto per inchiodare il padre e i due figli agli agenti, che hanno tentato di fare anche diversi appostamenti in borghese. Compito non facile, perché ogni “estraneo” veniva segnalato: e dopo le urla scomposte della donna alla finestra o i cenni delle vedette, il fuggi fuggi generale degli spacciatori.
Ma da gennaio ad oggi la polizia è riuscita a raccogliere vari elementi, comprese intercettazioni telefoniche che proverebbero lo spaccio continuato (si ipotizza da almeno 10 anni) e che sono ricapitolati nelle tre ordinanze di custodia cautelare in carcere chieste dal pm Aldo Ingangi e firmate dal gip Riccardo Nerucci, che ieri hanno colpito non solo Ejjilali, ma anche i figli Mostapha, 19 anni, e Bendaoud, di 29, quest’ultimo già in carcere dopo l’arresto del 22 agosto scorso. La squadra mobile aveva fatto irruzione nella nuova casa popolare assegnata alla famiglia in via Turati dopo l’allontanamento da piazzale Sforza: mentre i genitori erano in vacanza il 29enne era stato notato a cedere droga davanti casa. Venne trovato sotto la doccia, con un dispenser di medicinali riempito di cinque ovuli di droga che aveva cercato di gettare nel water.
In quel caso, il padre contrito si era disperato con gli stessi agenti che gli comunicavano l’arresto del figlio. Un copione già messo in scena quando quello maggiore venne espulso dall’Italia, dopo un cumulo di pene, sempre per droga. Si disse contento che veniva allontanato da Lucca, dove aveva secondo lui imboccato una cattiva strada. In Marocco si sarebbe potuto rifare una vita. Così è stato, ma per la polizia con i soldi dello spaccio raccolti e gestiti in prima persona dal padre, che anche ieri i figli stessi hanno tentato, inutilmente, di scagionare. Per gli uomini della squadra mobile, infatti, sarebbe stato lui a curare i rifornimenti, recandosi a Pisa o tessendo contatti telefonici con i corrieri del Marocco, per gli approvvigionamenti. Poi avrebbe impartito i compiti ai figli e ad altri collaboratori del quartiere, dove cercava nonostante tutto di mantenere buoni rapporti e una reputazione, per la polizia soltanto di facciata.
Ieri gli è stata notificata l’ordinanza nella nuova casa dove abitava con la famiglia in via del Tiro a Segno. Poi è stato condotto in carcere con il figlio 19enne che viveva con lui. Secondo le accuse, il gruppo spacciava anche a minorenni dai 15 ai 17 anni. Studenti lucchesi, ma anche adulti insospettabili, alcuni dei quali sono stati identificati e segnalati dopo essere stati ascoltati. Bastava avvicinarsi a piazzale Sforza, fare uno squillo su un cellulare o bussare alla porta della famiglia, ricostruisce la polizia, per veder spuntare uno dei due figli maggiorenni con la droga. Oppure, in qualche caso, quando il cliente si palesava durante la giornata, il padre, per l’accusa, spediva i piccoli fuori, nascondendo la dose nelle tasche. Il cliente si avvicinava e prendeva il dovuto, lasciando il denaro. Un contesto di grave degrado e disagio familiare, che la polizia segnalerà anche al tribunale dei minori.

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