Le “ricette di integrazione” degli studenti del Pertini a S.Micheletto

L’integrazione si fa anche a tavola. E’ da questo concetto che è partito il lavoro della classe 5B dell’Itt Pertini di Lucca che ha realizzato il libro Ricette di integrazione, per i tipi della Maria Pacini Fazzi Editore e con la “partecipe complicità” di Slow Food, per cui saranno presenti il responsabile della condotta locale e l’esperto di gastronomia etnica, Paolo Gramigni, che sarà presentato domani (15 giugno) alle 17,50 al Centro Congressi San Micheletto.

A spiegare genesi e significato del prodotto l’insegnante Gemma Giannini: “Come insegnante – scrive nella presentazione del lavoro – per la prima volta ho potuto seguire per un triennio una classe davvero multietnica: studenti di origine marocchina, albanese, rumena, eritrea, tunisina, kosovara e anche di varie regioni italiane. L’esperienza di questi anni mi ha portato a riflettere e a vivere in una realtà dove le varie culture e il patrimonio di esperienze e di tradizioni possono contribuire ed arricchire soprattutto la propria persona in un confronto e un dialogo con gli altri”.
L’iniziativa, spiega ancora Giannini, “parte da un’idea che ci ha fatto percepire che qualcosa di bello, di fraterno, oserei dire, stava nascendo. Alla fine di ogni anno scolastico abbiamo deciso di realizzare un momento di condivisione con tutti gli studenti,con gli insegnanti della classe, con la dirigente con i collaboratori scolastici e di trovarci a scuola per un pranzo multietnico: tutti hanno portato un piatto tipico del loro paese creato con la collaborazione di mamme, nonne che si sono sentite anche loro parte attiva. In particolare ricordo una nonna che, arrivata dalla Romania a trovare la figlia e la nipote, si è sentita molto orgogliosa di poter preparare insieme alla nipote un suo piatto tradizionale. Il cibo diviene condivisione, dividere insieme ognuno portando quello che può crea un luogo di comunione. Oggi è proprio così? Quante volte ancora in famiglia ci riuniamo, intorno ad un tavolo per dialogare, conoscersi (padri, figli, nonni), confrontare esperienze? Mangiare insieme è simbolo della vita: siamo tutti uguali anziani, bambini, adulti, tutti ci sediamo insieme senza distinzioni di sesso, di età,di provenienza. E’ un momento di unione affettiva, di relazione autentica e dove si sperimenta una cultura della solidarietà in un mondo dove assistiamo purtroppo ad una forte demarcazione tra chi ha troppo e chi invece vive in uno stato di grande indigenza e sfruttamento”.
“A scuola – spiega ancora Giannini – trovarsi intorno a un tavolo in un momento di relax, assaggiando e apprezzando piatti di paesi diversi porta a instaurare relazioni personali e comunitarie che rendono la scuola luogo di comunione, di solidarietà in un mondo sempre più globalizzato. In particolare non esistono più differenze di merito, di ruolo, siamo tutti uguali insegnanti, alunni, collaboratori scolastici. Don Tonino Bello parlava di “convivialità delle differenze”, “ La pace è convivialità”, diceva, “è mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E’ mettersi a sedere alla stessa tavola fra persone diverse che non siano chiamate a servire e l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalla nebbia dell’omologazione, dell’appiattimento”. Abbiamo scoperto che la scuola è un luogo privilegiato per la convivialità, per imparare a conoscersi e rispettarsi, è un luogo dove non importa se sei marocchino, rumeno, italiano ma il compagno è l’amico che condivide le stesse aspirazioni, gli stessi sogni, le stesse difficoltà e anche le stesse problematiche adolescenziali, il conflitto con i genitori, i primi amori, le delusioni eccetera”.
“La scuola ha nuovi stimoli, aperture, motivazioni: non va forse oggi pensata come luogo non solo finalizzato al voto, al raggiungimento di un diploma? – si chiede Giannini – In una società dove mancano luoghi di aggregazioni reali che aiutino ad una crescita valoriale delle persone la comunità scolastica non ha forse sempre più l’obbiettivo di una formazione globale della persona, dove si pensano strategie nuove e dove gli studenti sono sempre più loro protagonisti attivi e creativi?. Non è forse la scuola una palestra di vita dove si allenano le menti a pensare? Sono parole forti, cariche di responsabilità, storicamente valide in ogni epoca, ma ancor più importanti nel nostro mondo dove dominano la sfiducia, la mancanza di speranze, la noia, le difficoltà sociali e psicologiche. Questa classe ha dato un esempio di integrazione e anche per tanti “di riscatto culturale”. Una studentessa marocchina, molto motivata e impegnata, scriveva nel tema “La mia mamma mi dice sempre: “Tu sei il mio futuro”, è una realtà per tante donne venute in Italia che avrebbero voluto studiare a che sperano nei figli di poter realizzare i loro progetti. Le parole con cui alcuni di questi giovani hanno espresso la loro storia di integrazione sono commoventi, forti, reali, frutto di persone che hanno sperimentato personalmente le difficoltà, i pregiudizi e anche la cattiveria del mondo che li circonda, con coraggio, con volontà, con pazienza sono riusciti a “integrarsi”. Hanno, mi preme sottolinearlo, capito che l’ignoranza rende poveri, è la cultura che fa ricca una persona e la fa camminare con pieno rispetto insieme agli altri. La loro testimonianza è un modello di vita per tanti giovani di ogni nazione, religione, ci inviano un messaggio che si può esprimere con le parole di Mandela nel suo discorso del 1994, è un invito alla speranza: “Il tempo per la guarigione delle ferite è venuto. Il
momento di colmare gli abissi che ci dividono è venuto. Il tempo di costruire è su di noi, è il nostro tempo, la nostra ora. Siamo mossi da un senso di gioia e di euforia quando l’erba diventa verde e il fiore fiorisce…”. Perché non lasciare un ricordo di questi anni passati insieme? Di questa ricchezza umana che diviene parte del nostro zaino culturale che ci portiamo sulle spalle tutta la vita?”. 
“Ecco allora – si spiega – la nascita di questo libretto che, attraverso le ricette tipiche dei paesi dei vari alunni della “classe”, lascia un segno concreto della bellezza e anche della gioia di “vivere la scuola” . Vengono presentate le ricette tipiche di ogni paese di origine dei vari alunni con consigli pratici perchè vengano cucinate secondo le usanze, gli ingredienti e i tempi di cottura locali Una seconda parte dà alcune ricette di “cibo scolastico” da offrire per una scuola più gustosa e saporita, per attuare un “clima d’integrazione”. Infine l’ultima parte presenta l’esperienza di alcuni studenti: difficoltà, speranze, obiettivi raggiunti. Sono testimonianze ricche di emozioni, di coraggio, di conquiste, di paure che ci aiutano a riflettere: è la storia di accoglienza di questi nostri fratelli”.

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