Archos Quartet, la grande musica a Palazzo Ducale foto

Grande attesa per il concerto di musiche per quartetto d’archi in programma domani (6 aprile) alle 21 nella sala Ademollo di Palazzo Ducale organizzato da Animando con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Si esibiranno gli Archos Quartet, giovani musicisti di tre diverse nazionalità – Polonia, Bulgaria e Italia – che hanno deciso di lavorare insieme nel 2009, dopo il perfezionamento all’Università della musica di Lubecca.

Filip Jeska e Mikołaj Pokora al violino, Radenko Kostadinov alla viola e Francesca Fiore al violoncello hanno deciso di chiamarsi Archos prendendo spinto dalla parola greca archè che significa principio, origine, e rappresenta la forza primigenia che domina il mondo. Il quartetto ha partecipato a numerosi corsi e masterclass di musica da camera e si è esibito in importanti sale da concerto come la Barbican Hall di Londra e la Berliner Ensemble di Stoccarda.
Nell’agosto del 2017 ha partecipato al concorso di musica da camera del Festival Virtuoso & Belcanto di Lucca, risultando vincitore del terzo premio e del premio speciale Adolfo Betti per il migliore quartetto d’archi. A introdurre il concerto sarà il professor Gianluca La Villa, del comitato per i grandi maestri di Ferrara, musicofilo appassionato di autori dimenticati come il torinese di origine ebraica Leone Sinigaglia (1868-1944), di cui si propongono ben due brani – morto nel 1944 dopo l’arresto che lo avrebbe condotto in un campo di sterminio. Il compositore rappresentò uno dei vertici della musica sinfonica italiana nel primo Novecento. Dopo gli studi musicali di violino, pianoforte e composizione, Sinigaglia completò la sua formazione all’estero, soggiornando prima a Vienna, dove conobbe e divenne amico di Brahms, e poi a Praga, dove studiò strumentazione con Dvořák. Dal grande musicista ceco trasse, tra l’altro, l’ispirazione per introdurre nelle strutture accademiche l’attenzione per il canto popolare. Questa fu appunto una delle direttrici di ricerca più caratterizzanti di Sinigaglia, il quale non solo trascrisse un’enorme quantità di canti popolari provenienti dalla tradizione orale pimontese, ma arrangiò – con gande successo – alcuni di essi in una versione per canto e pianoforte che molto risente del linguaggio della lirica da camera di area tedesca. Accanto a questa raccolta, per la quale il suo nome è ricordato ancora oggi, altre sue composizioni portano traccia evidente del suo amore per l’anima musicale della sua regione, come ad esempio la Rapsodia piemontese, le due Danze piemontesi op. 31 e la suite per orchestra Piemonte (1909). Nella produzione cameristica di Sinigaglia, oltre alle bellissime Sonate in sol maggiore per violino e pianoforte e le Sonate in Do minore per violoncello e pianoforte, spiccano i quartetti. Il Quartetto in re maggiore op. 27 che sarà eseguito dagli Archos Quartet fa parte delle composizioni della maturità del maestro, legate agli inizi del Novecento e alle sue frequentazioni brahmsiane. La composizione, in quattro movimenti, attesta la maturazione di uno stile unico e personale, un sapiente sincretismo di elementi mitteleuropei e italiani. Alla giovinezza di Sinigaglia appartiene invece il Quartetto Hora Mystica, in un solo movimento di atmosfere traslucide e delicate della campagna piemontese, dedicato nel 1890 all’amico di famiglia, lo scultore Leonardo Bistolfi, e che il concerto di domani sera proporrà. Quella del quartetto è certamente la formazione cameristica più utilizzata dai compositori, soprattutto nella forma del quartetto d’archi, che di solito è costituito da due violini, una viola e un violoncello. Non possiamo dire con certezza chi abbia ideato il moderno quartetto d’archi: c’è chi ne attribuisce l’invenzione a Giuseppe Tartini, chi ad altri. E non manca chi indica come ideatore il nostro Luigi Boccherini, di cui in effetti ci sono pervenuti oltre cento quartetti (anche se forse la sua formazione cameristica prediletta fu il quintetto). Di Boccherini è in programma per domani il Quartetto per archi Op. 8 n. 3 in Mi bemolle maggiore, composto nel 1769 in tre movimenti. In questa composizione troviamo un Boccherini un po’ diverso da quello più conosciuto, con “un tono serioso del tutto insolito, quasi drammatico” (nella definizione di Cagli) che ci conferma la varietà dell’ispirazione del grande musicista lucchese. Nella storia del quartetto d’archi ha avuto un ruolo fondamentale la scuola viennese, grazie all’opera di musicisti del calibro di Haydn, Mozart e Beethoven. Proprio Beethoven trovò nel quartetto una sua forma musicale privilegiata. Ne è un esempio il Quartetto per archi Op. 18 n. 1 in Fa maggiore, che sarà proposta nel concerto di domani sera. Scritta nel 1799, la composizione appartiene alla prima serie di quartetti beethoveniani, nati ancora sotto l’influenza dei modelli di Haydn e Mozart, in pieno clima settecentesco. Merita segnalare soprattutto il secondo movimento, che venne ispirato a Beethoven, per sua stessa ammissione, dalla scena della tomba del Romeo e Giulietta di Shakespeare e che trova accenti particolarmente carichi di pathos.

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