Poesia in San Francesco, convince il Puccini di Giannini

Se la mostra Per sogni e per chimere della Fondazione Ragghianti ha indagato la relazione tra Giacomo Puccini e le arti visive, l’evento in San Francesco che questa sera (23 settembre) ne ha celebrato la chiusura ha aperto una nuova finestra sul legame tra il maestro e la poesia. A cucire insieme la preziosa rapsodia di carteggi, versi e note, la voce calda di Giancarlo Giannini e il pianoforte di Simone Soldati. Un duo artistico inedito, che ha accompagnato il pubblico tra le passioni e le malinconie di Giacomo Puccini, lungo una storia ancora poco raccontata – quella che fece di Lucca, tra otto e novecento, il punto d’incontro di tensioni diverse e nuove.

A fare gli onori di casa Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti: “Questa serata conclude un’impresa, figlia di un intenso lavoro di cui siamo stati entusiasti artefici. La mostra Per sogni e per chimere – ha detto – è stata un’operazione corale e condivisa, che ha avuto il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e che ha visto la collaborazione di tutte le istituzioni che, a vario titolo, si occupano di Giacomo Puccini. Un’esposizione dedicata alla memoria di Simonetta Puccini che ha ricevuto decine di ottime recensioni sulla stampa nazionale e internazionale, realizzata con l’allestimento della scenografa Margherita Palli, che ringrazio. E tra gli autografi del maestro in mostra – ha concluso Bolpagni – anche uno spartito inedito del 1904, Lento e armoniosamente, che verrà eseguito questa sera”. Realtà d’eccellenza per la ricerca e punto di riferimento per la storia dell’arte dal 1981, la Fondazione Ragghianti ha realizzato un breve video di presentazione che da domani (24 settembre) verrà diffuso sul web e che è stato condiviso in anteprima, questa sera, col pubblico di San Francesco. La parola è quindi passata al professor Umberto Sereni, uno dei curatori di Per sogni e per chimere: “Quello tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento è stato un tempo magico per Lucca: tutte le figure più importanti, espressioni diverse della sensibilità artistica italiana, vengono qua: Giovanni Pascoli prende casa a Castelvecchio, Giacomo Puccini è a Torre del Lago, Gabriele D’Annunzio a Motrone prima e poi alla Versiliana. Al centro di questo triangolo ideale – ha spiegato Sereni – c’è Lucca: bisogna saperla cogliere questa dimensione tirrenico-lucchese dell’arte e della cultura, ed è quello che abbiamo provato a fare con questa mostra che, sebbene conclusa da poche ore, ha già fatto epoca. Figura centrale, che bene intuì il potenziale di queste presenze, Alfredo Caselli. Droghiere e mecenate, proprietario del caffè di via Fillungo divenuto poi Di Simo, aveva il sogno di far collaborare Pascoli e Puccini”. Un sodalizio, che tuttavia, non si realizzò mai. “Non si mettono insieme le pere con le mele – ha sintetizzato Sereni – e Puccini e Pascoli erano troppo distanti tra loro. Il poeta non sapeva nulla di teatro, non era un librettista; tuttavia seppe capire che Madama Butterfly, al netto della critica disastrosa che seguì la prima rappresentazione, aveva un grandissimo potenziale e scrisse a Puccini un augurio in versi: ‘la farfallina volerà’. Anche D’Annunzio e Puccini ebbero modo di conoscersi – ha spiegato ancora Sereni – ma i libretti che il primo propose al maestro non lo convinsero. D’Annunzio avrebbe dovuto assistere alla prima rappresentazione di Tosca al Giglio, nel settembre del 1900. Un evento che la stampa dell’epoca non accolse bene: troppi i benpensanti della società lucchese che non apprezzavano un’opera così drammaticamente tesa. D’Annunzio, alla fine, diede forfait: ma a noi è rimasto il discorso che si era preparato per Lucca, identificata come cuore di un’Italia capace ancora di rinascere attraverso la bellezza e la cultura”. Sono stati proprio quegli anni particolarissimi, destinati a innovare forme e stili, a ispirare il discorso narrativo condotto magistralmente da Giancarlo Giannini e Simone Soldati. Una sintonia perfetta, densa e leggera al tempo stesso, che ha indugiato sull’attenzione di Puccini all’universo femminile – “nessuno come lui ha saputo cogliere le sfumature dell’animo delle donne”, ha detto Giannini – e sulle confessioni autobiografiche del maestro, che rivelano un uomo pensieroso e tendente alla depressione, come nel periodo successivo al suicidio della giovane Doria, additata come sua amante. E così, tra il Piccolo valzer della Bohéme e l’Intermezzo della Manon Lescaut, passando per A sera del coevo e conterraneo Alfredo Catalani, è stato tratteggiato un ritratto intimo e sincero di Puccini. Giancarlo Giannini ha dato voce a tutta le poesia che intreccia la vicenda umana del maestro, interpretando ora versi figli della sua epoca – come La pioggia nel pineto di D’Annunzio e Il naufrago di Pascoli – ora sensibilità a lui assonanti – Corpo di donna di Neruda, A Silvia di Leopardi, La lupa di Verga, ma anche il monologo di Marcantonio nel Giulio Cesare di Shakespeare. Disinvolto il suo muoversi nello spazio scenico della chiesa di San Francesco; coinvolta la sua partecipazione a una storia che l’attore ha voluto concludere con i versi di un autore anonimo, immaginando che Puccini, ascoltandoli, avrebbe potuto sentirli come suoi: “Che piccola cosa, una vita! / La mia, come tutte, è una goccia. / Voglio si perda in un mare d’amore, / perché è l’unica via, altrimenti / è una goccia sprecata: troppo piccola / per essere felice da sola, e troppo grande / per accontentarsi del nulla”.

Elisa Tambellini

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