Michela Marzano al Ripartire festival: “Lucca è una città che cura la cultura”

La filosofa e saggista ha presentato il suo ultimo libro "Stirpe e vergogna"

Una filosofa di fama e una brillante saggista. Ieri (9 aprile) all’auditorium San Romano di Lucca, nell’ambito del Ripartire Festival si è tenuta la presentazione  dell’ultimo libro di Michela Marzano Stirpe e vergogna.

 

Presente all’iniziativa l’autrice,  docente all’Università di Parigi V.

“Sono felice di essere tornata a Lucca – esordisce la Marzano-  una città che racchiude in sé tante opportunità a livello culturale che potrebbero comunicare ed intersecarsi tra di loro.  Questo libro – spiega – è nato dall’esigenza di ricostruire un percorso che ha una doppia valenza poiché riguarda il nostro passato storico con uno sguardo rivolto al futuro, ma al contempo è stato per per me un modo anche doloroso ma in parte risolutivo per sciogliere i nodi  che riguardano la mia famiglia ed inevitabilmente la mia identità”.

Un libro attraverso cui l’autrice fa i conti con la propria dimensione autobiografica e con quelle aspettative che connotano la vita di ciascuno di noi.

“Non sono mai diventata madre – ha raccontato – e questo ha fatto sì che io non proiettassi su mio figlio le aspettative che sicuramente avrei avuto. Questo appuntamento mancato assume anche un significato egoistico perché non avendo avuto figli spesso mi chiedo cosa lascerò della mia storia o chi si ricorderà di me, chi porterà avanti la mia storia”.

 

Dal racconto autobiografico scaturisce altresì anche un altro significato, prettamente politico: “Il trascorso fascista di mio nonno non ha affatto modificato i miei valori, probabilmente li ha consolidati rendendoli meno astratti, più coerenti.  Lo scopo di questo libro – suggerisce la scrittrice-  è stato quello di aprirvi casa mia non perché chi legge vi rimanga, ma perché leggendo possiate entrare in casa vostra, nella vostra storia.  Il lavoro di scrittura alla base di questo libro- conclude- è una scoperta a fior di pelle nella misura in cui scrivere è sempre doloroso perché ciò che si racconta è frutto dell’esigenza di raccontare cercando le parole adatte per farlo. Trovo quasi insopportabili che persone che si mettono a fare lezione agli altri dicendo che dobbiamo tornare sulla nostra storia, rielaborarla”.

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