Gamberale presenta “Il grembo paterno”: “Ho scritto questo libro pensando a mio padre”

La scrittrice ospite alla giornata conclusiva di Lucca in mente

Non poteva concludersi meglio Lucca in Mente, il festival di promozione culturale e letterario, che domenica  (15 maggio) si è avvalso della presenza di Chiara Gamberale.

Per l’occasione la nota e prolifica autrice il cui dirompente esordio avvenne a  soli 21 anni con Una vita sottile, ha parlato del suo ultimo libro Il grembo paterno uscito lo scorso novembre ed edito da Feltrinelli. L’intervista è stata mediata dalla scrittrice Flavia Piccinni.

Presente il vice presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca Raffaele Domenici, ente che ha finanziato ed ha creduto fortemente in questa iniziativa.

“La nostra realtà guarda sempre con interesse a questo genere di iniziative che concorrono allo sviluppo del territorio – ha spiegato -. Ascoltando questa conversazione ho apprezzato l’attenzione posta al tema dell’ascolto nel rapporto genitori e figli che tocca la mia sensibilità poiché ho una formazione da pediatra. Siamo molto felici ed orgogliosi che questa manifestazione abbia ottenuto un successo ampiamente meritato”.

“Questo libro – afferma la Gamberale – ha avuto una gestazione diversa dagli altri.  L’ho scritto pensando a me stessa non come madre ma come figlia, pur dovendo fare i conti in termini di spazi emotivi organizzativi con il tempo che dedico a mia figlia Vita.  Questo romanzo parla due lingue, una lingua bambina ed  un’altra, che tutti noi adulti utilizziamo credendoci affrancati stando al mondo come uomini e donne”.

 

Il grembo paterno, titolo già abbastanza eloquente, traccia una linea tematica che connota i rapporti di Adele con l’universo maschile a partire dal rapporto con suo padre Rocco, capostipite di una tipica famiglia degli anni ottanta, attraverso cui sperimenta il complesso edipico, con cui condivide una strana nostalgia delle cose quando non sono ancora successe,  passando per l’uomo di cui si innamora Nicola, un amore difficile che la obbliga a fare i conti con se stessa e la propria storia di figlia e di donna.

 

“La protagonista – sottolinea – è la  rappresentante ideale di una generazione di figli che hanno chiesto ai loro genitori un’attenzione psicologica che per ragioni culturali e di sopravvivenza non sono stati capaci di dare loro.  Nella fattispecie per Adele il cibo diverrà l’unico veicolo comunicativo ed emozionale con i suoi genitori per poi rifiutarlo diventando anoressica. Si tratta di una vera e propria geografia dei sentimenti in cui il lettore è accompagnato nelle viscere sentimentali della sua protagonista e di una generazione intera che sembra eternamente adolescente, pur provenendo da quella precedente che non lo è mai potuta essere”.

“Le ossessioni e le difficoltà di Adele con le parole  il cibo e gli uomini – conclude –  sono dimensioni in cui il troppo ed il niente, il pieno ed il vuoto non riescono mai a trovare un equilibrio, ed è senza dubbio questo l’elemento che mi accomuna a lei che forse riuscirà a ritrovare attraverso il rapporto con gli altri, il piacere di vivere mangiare ed essere se stessa”.

 

Veronica Bernardini 

 

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