Un fumetto a quattro mani per Bigo e Ludovica Tedesco: conversazione ad Angoulême
La storia, i progetti, il parallelo fra la fiera francese e Lucca Comics in un dialogo con il fumettista lucchese e la collega siciliana
Buongiorno, siamo ad Angoulême. È l’ultimo giorno della fiera del fumetto più ricca di fumetti, e intervistiamo due eccellenze regionali, una lucchese e una siciliana trapiantata a Parigi.
Allora ragazzi, presentatevi da soli.
Bigo
Ciao a tutti, io sono Bigo, fumettista lucchese, autore dell’ormai celebre (all’interno del raggio lucchese) Bosone e le sue avventure.
Siamo al secondo anno di avventure bosoniche, quindi alla seconda pubblicazione. Sto lavorando alla terza e, negli ultimi due anni e mezzo ho lavorato insieme a Ludovica a una graphic novel.
Chi è Ludovica?
Ora ve la passo.
Ludo
Ora ve la passo… che siamo, al telefono? (risate)
Io sono Ludovica Tedesco e, come ha anticipato Bigo, ho lavorato alla graphic novel che uscirà alla fine marzo, inizio aprile, e anche a un fumetto che uscirà a Lucca Comics a novembre…
Bigo
…per Rider Comics, mentre il progetto che abbiamo insieme uscirà per Tora.
Ludo
Esatto. Io in realtà sono siciliana, ma trapiantata ormai da otto anni a Parigi. Ho quindi questa doppia vita in cui lavoro come ingegnere e come fumettista.

Io
Prima di parlare del vostro lavoro insieme, vorrei chiedervi, visto che uno dei due viene dalla patria italiana del fumetto (che è stata l’ispirazione della mostra di Angoulême) e l’altra ha frequentato Lucca e frequenta spesso Angoulême, vorrei sapere cosa ne pensate di questa ultima manifestazione che abbiamo vissuto insieme.
Che giudizio date di Angoulême?
Ludo
Allora, io trovo sempre molto arricchente Angoulême, grazie soprattutto alle mostre…
Noto che le persone sono molto attratte dalle mostre, cosa che trovo dia valore culturale al concetto di fumetto. Questo atteggiamento traduce un po’ quella che è la mentalità francese rivolta al fumetto.
Anche solo vedere le lunghe code che ci sono davanti alle mostre, mi fa piacere (anche se poi le devo fare quelle code), perché mi fa capire che c’è una grande voglia di vedere le tavole originali, di capire veramente qualcosa sull’autore. Non è solo la corsa al disegno, all’ultimo fumetto… questa è una cosa che mi piace un sacco di Angoulême.
Un’altra cosa che mi piace tantissimo è che il fumetto è il vero protagonista di questi giorni. Respiri i libri, respiri autori che non conoscevi e le mostre ti fanno conoscere delle prospettive che non avevi mai esplorato prima.

Bigo
Per riallacciarmi a quello che stava dicendo Ludovica, la differenza che si percepisce maggiormente tra il festival lucchese e quello di Angoulême è che aPalazzo Ducale, nei cinque giorni di manifestazione, le mostre vanno pressoché deserte, c’è pochissima gente.
Comunque di coda io non ne ho mai trovata una, mai. Invece ad Angoulême è l’opposto: qui le code vere si fanno per le mostre.
Ci sono anche per gli autori, ma c’è un modo alternativo di gestione. Un italiano che viene qua, va su tutte le furie perché hanno un modo nazista di gestire le cose (risate).
Diciamolo chiaramente, ti fanno uscire di testa: comprare un fumetto e non avere la certezza, nonostante tu sia tra i primi, di avere il disegno, la dedica sul volume, per i collezionisti è fonte di ulcere.
Di contro però, come diceva Ludovica, qua si respira veramente la cultura del fumetto: c’è una scelta editoriale incredibile.
Qua ci sono stand infiniti, con proposte editoriali infinite ed è una cosa veramente impressionante.
Ludovica
…C’è anche l’editoria estera che magari non trovi in Italia, non in tradotta almeno. A volte ci si chiede: “Ha veramente un bacino di utenza tanto elevato?”, però fa piacere vedere tanti titoli stranieri.
Ho apprezzato tantissimo il Manga City, perché non vedi un circolo continuo di gadget, entri e vedi i libri. Lì ho visto un sacco di fumetti in giapponese, quindi in lingua originale, e lì per lì ti chiedi: ma come fa un appassionato a usufruire di un fumetto che non è stato tradotto in nessuna lingua occidentale? Poi ti accorgi di una parte di mostra in cui il libro è appeso alla parete, fruibile, con un pannello che ti spiega più o meno quello che è il libro.
È un modo per andare totalmente dall’altra parte del mondo e scoprire cose che non avresti mai pensato di leggere…
Io
…avevo visto Bigo che aveva fatto un’espressione da “voglio aggiungere qualcosa”…
Bigo
Beh, sempre per fare il parallelo Lucca/Angoulême, il nostro Japan Town è pensato quasi esclusivamente come gadgettistica. Giusto ieri ne parlavamo io e lei della concezione diversa del Manga City. Per me, fossilizzato su quello che ho sempre visto al Japan Town, entrare lì e non trovare gadget mi faceva strano. Ludovica mi ha portato il mirino sul protagonista: è sempre il fumetto, è sempre il manga, quindi niente gadget.
Io
Sì, Angoulême è la città internazionale del fumetto, riconosciuta come tale dall’Unesco. Un motivo ci sarà.
Volevo chiedervi, passando ad altro, come è nata la vostra passione per il fumetto e come avete pensato che potesse diventare la vostra professione o, comunque, una parte della vostra attività?
Bigo
La mia storia è quella del classico bambino innamorato del disegno, che disegna da sempre. Crescendo, la realtà, i genitori e chi ti sta intorno, ti spinge in altre direzioni, a non considerare quella passione come una possibilità di carriera, di mestiere.
Quindi ti allontani, fino a che, in età più matura, riesci a capire che quella è la cosa che ti fa stare veramente bene e cerchi in tutti i modi di ritornare alle origini.
Questo è il mio cammino: partito da piccolo a disegnare tutti i giorni, non aver mai smesso, ma aver diminuito tantissimo la produzione negli anni della maturità, dell’università, dei diplomi e poi, dopo riappropriarmene e farne la mia professione.
Ho fatto un po’ una curva sinusoidale… va bene? (rivolto a Ludovica)
Ludo
Una parabola
Bigo
Una parabola.
Io
Dire certe cose davanti a un ingegnere…
Bigo
L’ingegnere qua sta rabbrividendo (risate).
Ludo
Credo che abbia utilizzato più un asintoto…
Bigo
Comunque sia, è un sali/scendi. A un certo punto, cerchi di far tornare tua quella passione che covi da sempre. Questo che è successo a me negli ultimi anni. Sono tornato alle origini e ne ho fatta, provo a farne, la mia professione. Ci provo.
Ludo
Nel mio caso è un pochino diverso, anche se ci sono dei punti di contatto.
L’ultima volta che ho detto che volevo fare fumetti credo sia stato, forse, a sette anni. Poi volevo fare, nell’ordine: l’astronave e poi…
Io
L’astronave?
Ludo
Sì, volevo fare proprio l’astronave, perché non la sapevo la differenza.
Quindi, nell’ordine, l’astronave e successivamente volevo fare qualcosa che c’entrasse coi Lego. Posso dire che nella mia vita, a parte non essere diventata un’astronave, che è bene per me…
Bigo
Fai i Lego…
Ludo
Non solo faccio ancora molti Lego, però diciamo che faccio anche qualcosa di attinente, visto che calcolo degli edifici e faccio fumetti.
Quindi posso sentirmi abbastanza tranquilla: se dovessi parlare con la me da piccola, spero che si sentirebbe un pochino soddisfatta.
Una cosa che un pochino ho perso, è disegnare con costanza come facevo da piccola in qualche modo, perché sono sempre stata molto rigorosa con quello che volevo fare, fino al raggiungimento dell’obiettivo.
Poi, quando sono venuta a Parigi, la bellezza della città mi ha sbloccato in qualche modo, una cosa che non avevo mai fatto, ovvero disegnare per strada gli scorci delle città.
Il vedere una città totalmente diverse da quelle a cui ero abituata, mi ha acceso una roba che non sapevo esistesse in me. Da quel momento, ho iniziato a disegnare, a fare schizzi in pochi minuti ed è un po’ quello che mi ha acceso la passione.
Poi sono un po’ grata a lui (a Bigo, ndr) perché mi ha spinto nel progetto di fare un fumetto. Quando me l’ha detto, ho risposto: “Io non li so disegnare i pupazzi, come si fanno?”.
E da lì ho iniziato a disegnare i pupazzi.
Io
A parte la passione per disegnare, disegnare ha tante sfaccettature, anche Michelangelo disegnava però non disegnava fumetti. Da cosa nasce questa attrazione verso il fumetto?
Ludo
In realtà il mio primo ricordo serio di lettura di fumetti (che non sia Topolino, eccetera), risale intorno ai miei 14 anni, quando mi sono trovata davanti una libreria infinita di Dylan Dog, dal n.1 al, credo, 300. Ricordo che era tipo la zona segreta del papà del mio fidanzatino e io credo che, per un anno, sono rimasta con lui solo per potergli rubare ogni volta un Dylan Dog.
Ed è così che ho iniziato a leggere Dylan Dog.
Probabilmente ora è molto diverso da quello che leggevo, perché leggo ancora Dylan Dog, è un genere a cui voglio bene, ma non è più il genere che prediligo.
La lettura del fumetto è sempre stata abbastanza costante. Mi sono approcciata alle graphic novel, che poi è il genere che preferisco adesso, da quando sono a Parigi sempre un po’ di più.
Da quando faccio dei fumetti, cioè da quando fingo di fare fumetti, lo utilizzo come modo di ricerca, per imparare, come si fa con la lingua. Cerco di assimilare quanto più possibile. Non è semplicemente una lettura volta a conoscere la storia, ma ogni volta che vedo un qualcosa che mi piace, è come se io cerchi di digerirla in maniera tale che, da qualche parte poi riemerga.
Bigo
Questa è la base, è proprio il vocabolario del fumettista. Arriva dal leggere e guardare le immagini degli altri autori; all’inizio, quando sei acerbo, vengono difficili certe posizioni, certe intuizioni. Certi oggetti sono difficili da disegnare, ma poi immagazzini disegnando, anche guardando gli altri fumetti. È quello che dico sempre ai ragazzini quando mi dicono come faccio a cominciare: Leggi e copia. Copia il più possibile, perché quando hai copiato un oggetto, rimane all’interno di te.
Quindi leggi fumetti e cerchi di immagazzinare quello che vedi dai grandi maestri.
Grandi maestri, per me, sono stati Leo Ortolani, Silver e Cavazzano. Il mio imprinting è stato questo.
Quando ero piccolino, avevo otto anni, la maestra ci portò a vedere i Goonies al cinema. Il giorno dopo chiese agli alunni di rappresentare con un disegno quello che avevamo visto. Tornato a casa feci sei tavole, una specie di storyboard a fumetti, con i dialoghi, di quello che avevo visto. Non feci un’immagine statica, singola.
La voglia di raccontare storie in maniera sequenziale è una roba che sicuramente fa parte di me da sempre, aveva solo bisogno che arrivasse il momento giusto per farla diventare la mia attività pratica.
Io
Ho capito.
Faccio notare che avete detto tre volte una parola che la mia religione mi vieta di pronunciare,
Bigo
Graphic Novel
Io
Sì. Oggi ha assunto un significato diverso, ma per me rimane uno dei tanti formati che può assumere la pubblicazione di un fumetto. Sempre di fumetto si parla, però.
Bigo
Io leggevo seriali sin da piccolo e poi è arrivato un momento della mia vita in cui avevo necessità di portarmi a casa, quando andavo in libreria, una storia compiuta, che iniziasse e finisse in un volume solo. Chiamiamola come vuoi.
Oggi ci ostiniamo, nel mondo del fumetto, a chiamarla graphic novel per contestualizzare una storia che, comunque sia, inizia e finisce in un tomo, massimo due tomi.
Questo è ed è quello che in questo momento mi attira, sia da lettore che da scrittore.
Non sono mai stato portato per una scrittura seriale. In passato sono stato appassionato di lettura seriale per poi abbandonarla, perché storie alla Dragon Ball, che a me piaceva tantissimo, a un certo punto diventavano troppo dispersive, troppo lunghe. Per non parlare dei bonelliani, che oltre a essere lunghi, sono anche molto ripetitivi.
Non sempre è stato così, però a un certo punto della loro storia, diventano troppo ripetitivi. Questo mi ha fatto poi avvicinare alla… graphic novel. L’ho detta apposta questa volta (risate).
Ludo
Da autrice, è solo perché ho voglia di cambiare, credo. Mi piace più la graphic novel – ora ti guardo in faccia in segno di sfida (risate) – perché sento di voler raccontare una storia, però ho paura di evolvere, nel bene e nel male, troppo e quindi di mandare tutto in pappa. A parte i seriali veramente acclamati, una storia che inizia e finisce, mi dà un senso compiuto, come persona. Mi piace, mi fa stare bene.
Io
E adesso allora, veniamo al vostro fumetto. Che ci potete dire, senza rivelare troppo?
Ludo
Il nostro fumetto è nato da una divergenza di opinioni. Il fatto di avere una divergenza su un aspetto delle emozioni, del come si vivono determinati rapporti, ci ha portato a porci un sacco di domande su cosa è meglio e cosa non è meglio fare. Allora abbiamo pensato: “Ma perché non facciamo un fumetto in cui mettiamo le differenze tra le persone? Perché non le mettiamo lì e diamo almeno uno spunto di riflessione?”
Questo è anche il motivo per il quale il fumetto non è solo disegnato a quattro mani, ma è pensato a due teste. Le nostre differenze si riflettono sul modo di pensare dei personaggi, che è diverso e in qualche modo ci riflette. Mischiati tra loro, ci sono entrambi i nostri punti di vista.
Il nostro fumetto è disegnato da entrambi, io disegno il punto di vista della protagonista e lui disegna il punto di vista del protagonista e i due stili si mischiano, così come le opinioni, le ambizioni dei due personaggi e anche le aspirazioni. C’è questo mix che si dovrebbe vedere in qualche modo nel nostro fumetto.
Ludovica
Però ci siamo fusi tantissimo. Spesso storyboardavo io le tavole che doveva disegnare lui e lui storyboardava le mie, che è una cosa super interessante, perché molte volte si tende a rimanere nella propria zona di comfort nel disegno. Molte volte io tendevo a disegnare una cosa come l’avrei voluta o potuta disegnare io…
Bigo
Mi mandava a fanculo tutte le volte che le mettevo una bicicletta nello storyboard (risate)
Ludo
Io odio disegnare le biciclette e il mio personaggio va solo in bici (risate)
Bigo
Cavalli e biciclette, come se non ci fosse un domani (risate)
Ludo
Lui mi metteva queste visioni un po’ storte e io rimanevo perplessa. Però è buono, perché ti spinge ad andare un po’ oltre.
Allo stesso tempo, anch’io gli facevo fare delle tavole che mi sarebbe piaciuto vedere disegnate da lui e che probabilmente, lui da solo non avrebbe fatto in quel modo, quindi è interessante anche questo forzare l’altro.
Io
Questo mi suscita due domande. La prima è semplice: è in bianco e nero o a colori?
Bigo
È a colori
Io
I colori come li avete dati? Anche questi ognuno il suo?
Bigo
Abbiamo scelto all’inizio una palette che è stata cestinata dopo un capitolo di prova. L’abbiamo cestinata malamente ed è stata la palette che abbiamo utilizzato per il portfolio review improvvisato che abbiamo fatto con Critone qui ad Angoulême, due anni fa.
Ludo
Anche lui ci aveva detto che faceva abbastanza schifo (risate)
Bigo
Sì, anche Critone aveva detto: “la palette rivedetela”. Quindi abbiamo scelto una palette che segue il mio personaggio, perché è ambientata in un paese nordico (non farò spoiler ulteriori) e una palette calda che segue il personaggio di Ludovica…
Io
…che è ambientata in un paese sudicio (risate)
Bigo
Si tratta sempre della stessa palette, ma la combinazione di colori ti fa capire che uno è un tono più freddo e l’altro più caldo. Poi ci sono delle tavole che hanno un mixaggio differente, che ti fanno vedere che non sono in quei due paesi. Questo è più o meno il modo in cui abbiamo usato il colore.
Io
La seconda domanda è: come avete impostato la sceneggiatura? Avete fatto una sceneggiatura classica o avete lavorato solo con telefonate, all’americana: fai così, faccio così…
Ludo
in videochiamata
Bigo
Sì, in videochiamata. Noi facevamo le nostre videochiamate lunghe 4 ore, nelle quali tiravamo giù la sceneggiatura, per poi passare allo storyboard e poi alla fase finale della tavola. Però è nato tutto da appunti e chiacchiere in videochiamata.
Bigo
Diciamo che, nel momento in cui abbiamo pensato ai capitoli e che avevamo chiaro dove volevamo andare, abbiamo chiesto una mini consulenza a un professionista della materia.
Abbiamo sottoposto a lui le nostre idee; non ha stravolto quello che avevamo già in testa e ci ha dato dei consigli molto utili.
Quello che abbiamo fatto non vuole essere un manuale, una bibbia di come ti devi comportare in determinate situazioni. È semplicemente una nostra visione. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, anzi, lungi da noi. Infatti, molte volte la buttiamo in caciara, però ci sono delle basi pensate assieme a un professionista.
Io
Ho anche un’altra domanda, sempre tecnica: avete disegnato tutto al computer, avete fatto le matite, gli inchiostri scansionato, mandato, poi riscansionato… Come avete realizzato le tavole?
Bigo
Abbiamo fatto tutto su Procreate, sia lo storyboard sia le tavole finali, in maniera che poi ce le passavamo a vicenda ed era una cosa molto fluida e facile da gestire. Sarebbe stato complicato, altrimenti.
Ludo
Lo storyboard era fatto con Whiteboard, una specie di lavagna in cui tu vedi in tempo reale quello che l’altro disegna, quindi lì avevamo la possibilità di disegnare insieme.
Io
Questa cosa è bellissima, perché dà il senso del progresso e delle possibilità che ci dà la tecnologia, però farà venire qualcosa al fegato di qualche collezionista nostro amico, che non potrà comprare nessun originale… (risate)
Io
Ho un’altra domanda: la copertina, come l’avete realizzata, se già l’avete realizzata? Immagino di sì.
Bigo
È l’ultima cosa che manca ancora all’appello, ci stiamo lavorando adesso e abbiamo diverse proposte in corso. Ovviamente a Ludovica piace un stile molto pulito ed equilibrato, quindi non sarà una copertina psichedelica sicuramente. (risate)
Io
Tu di solito invece fai le copertine psichedeliche? Da quando in qua? (risate)
Bigo
No, però le mie copertine sono molto ricche di elementi. Le prime due avventure del Bosone hanno la città protagonista, c’è tanto da vedere. In questo caso, invece, siamo completamente d’accordo nel voler mettere alcuni elementi, che sono imprescindibili e capirai perché quando leggerai il fumetto, ma saranno pochi. Semplicità, quindi.
Io
Anche quella sarà realizzata con le stesse tecniche, con buona pace del nostro amico collezionista?
Bigo
Con buona pace del nostro amico, che invece avrebbe potuto prendersi la copertina del secondo Bosone, se fosse andato in Area Performance a fare l’asta, perché è stata battuta lì.
Però nel caso del nostro nuovo fumetto… niente.
Io
Da chi è editato?
Bigo
Da Tora edizioni di Roma
Io
Questo è il tuo primo fumetto o ne hai fatti altri prima?
Ludovica
È il mio primo fumetto, ma sto lavorando anche su un altro che uscirà a fine anno.
Io
I testi sono tuoi?
Ludovica
Sì, è un’idea che ho avuto i primi di settembre, mentre stavo in metro. È stata la prima volta che ho avuto un’idea così chiara su una storia (ovviamente l’ho poi delineata pian piano) e quando son tornata a casa, ho iniziato immediatamente a disegnarla. Ho avuto subito chiari anche lo stile e il tipo di colori che volevo. Ho poi mandato il progetto a diverse case editrici, una ha accettato e adesso ho circa sei mesi per terminare circa 80 tavole.
Bigo
Il bello è che, quando le proposi di fare un fumetto insieme, due anni e mezzo fa, mi rispose: “Io non so fare un fumetto” (risate)
Io
Beh, nessuno nasce imparato…
Bigo
In realtà, avendo letto tanti fumetti e avendo doti grafiche non indifferenti, i fumetti li sa fare. Lo vedrete nel corso di questo 2025.
Io
Copiando lo stile di Daniele Tinti, nel celeberrimo podcast Tintoria: che rapporto avete, se lo avete o se l’avete avuto in passato, con il manga?
Bigo
Colpo di fulmine, amore a prima vista. Quando, al liceo, mi sono trovato davanti Video Girl Ai, mi sono detto: “Ma che ca…” (risate).
Veramente, occhi a cuore e amore. Ho letto tutti manga prodotti negli anni ‘90, da Kenshiro agli Shojo. Ho letto Orange Road, Dragon Ball (ovviamente)… Poi, piano piano, mi sono diretto altrove, ma l’amore viscerale che ho avuto per quei fumetti si ripercuote spesso sul mio modo di disegnare. Nelle rotondità dei visi dei miei personaggi, si percepisce quel tipo di influenza.
Io
Tu invece?
Ludovica
Adesso tu scriverai: “Ludovica ha iniziato a correre urlando” (risate)
Io e i manga… ne ho letti troppo pochi. Sono abbastanza ignorante, non credo di poter aggiungere altro.
Io
Manga no. Americani no…
Ludovica
Ho letto Batman. A me piacciono i supereroi quando hanno cattivi fighi. Se mi appassiona il cattivo, mi appassiono automaticamente al fumetto.
Trovo che questi fumetti ruotino intorno alla lotta per sconfiggere il nemico. Quindi, più quel nemico è intricato, contorto, con una psiche particolare, più mi interessa.
Per questo mi sono sempre piaciuti Batman e Spider-Man, perché i cattivi mi fanno uscire di testa.
Io
Dell’Uomo Ragno (per chiare origini anagrafiche trovo innaturale chiamarlo in altro modo), qual è il cattivo che ti piace di più?
Ludovica
Octopus
Io
Ah. L’amante di zia May…
Ludovica
Sì, perché secondo me è particolare, non risponde al modello classico del “cattivo”. Ricordo che da piccola avevo un fumetto completamente incentrato su di lui (almeno, così ricordo), e mi affascinava tantissimo il modo in cui era diventato quello che era. Ricordo che in quel periodo disegnavo continuamente le sue braccia meccaniche.
Era affascinante perché era un qualcosa che non si era ancora visto.
Io
E invece di Batman?
Ludovica
Di Batman…
Bigo
Joker?
Ludovica
Sì, ma è non è un po’ scontato?
Bigo
Sarà, ma io l’adoro.
Ludovica
Certo, ma allora si ritorna a quella storia della psiche: sono belli perché hanno una psiche particolare, folle. Non è semplicemente cattivo come il cattivo di Superman, per esempio, che è tale perché rappresenta la corruzione. Joker è pazzo, fuori di testa.
Io
mmm… dovresti leggerlo Superman… perché Lex Luthor è tutto fuorché corrotto. Non nel senso che diamo comunemente al termine. Non ha bisogno di essere corrotto, nasce miliardario…
Ludovica
Anche alla mostra che abbiamo visto qui c’era scritto che rappresentava la corruzione.
Io
Sì, ma la mostra l’hanno realizzata persone che [CENSURA] (risate)
Ludovica
Perfetto, ricorderemo così Angouleme 2025 (risate)
Io
Quando si parla del lato oscuro, dello Yin e dello Yang, si parla di Superman e Luthor.
La luce e l’oscurità, la speranza e la disperazione.
Lex ha perso la fiducia nei valori, la fiducia nell’umanità, quindi si è elevato a rappresentante del lato oscuro. Un po’ come Luke e Anakin in Star Wars (figlio e padre che prendono strade opposte), Lex è il fratello nell’ombra di Clark.
È un discorso molto più profondo della “corruzione economica”. Il fatto che Luthor sia ricco, che diventi addirittura presidente degli Stati Uniti, rende ancora più evidente questa “lotta tra poteri”. Il potere della Luce (Superman riceve i suoi poteri dal sole) e il potere del denaro che corrompe, sì, ma gli altri. Luthor è la corruzione, non un corrotto.
È l’oscurità che avvolge e corrompe. Questa è la bellezza del personaggio.
Comunque, a parte queste divagazioni…
Bigo
A me il potere della luce ha fatto venire in mente Daitarn (risate)
Io
Rubo un’altra “rubrica” a ò, stavolta a Stefano Rapone, chiedendo qual è il personaggio di Dragon Ball in cui vi identificate di più.
Bigo
(ride)… è difficile questa.
Ludovica
Io direi Vegeta.
Io
Perché sei una donna (risate)
Bigo
A me è sempre piaciuto tantissimo Crilin. Un gregario che diventa fondamentale per la storia.
Ludovica
È Sam de Il Signore degli anelli.
Bigo
Infatti, il mio personaggio preferito de Il Signore degli anelli è proprio Sam. Mi piacciono molto i personaggi “sfigati”, com’è anche Paperino. Sono quelli caratterizzati meglio, quelli che mi creano più simpatia.
Io
Avrei molte altre domande, ma dobbiamo pur finire, quindi vi ringrazio e… alla prossima
Bigo
Grazie a te per i ricordi che abbiamo creato in questo luogo magico.