Max, Nek e Renga: amarcord in piazza con sorpresa foto

È stato un live tutto da cantare, quello che ha portato stasera (14 luglio) Max Pezzali, Nek e Francesco Renga sul palco del Lucca Summer Festival. Con tanto di intermezzo a sorpresa, quando indossando la maschera dell’Uomo ragno ha fatto il suo saluto a piazza Napoleone il comico Giorgio Panariello.
Oltre trenta successi radiofonici, legati insieme ad arte da un filo di nostalgia per quegli anni Novanta fatti di musicassette e Festivalbar. E il pubblico lo sa, che quegli erano “gli anni d’oro”. Non del grande Real, come recita il testo di una delle canzoni più attese del concerto, ma di un’intera generazione che condivideva sulle Smemoranda – anziché su Facebook – i testi di Come mai, Cambio direzione e Laura non c’è. Una musica pop che ha retto allo scorrere del tempo, mentre i suoi interpreti (e i suoi ascoltatori) hanno iniziato a mostrare qualche capello bianco e le prime rughe. Non abbastanza, tuttavia, per dirsi pienamente ‘adulti’: ed è stata un po’ questa sospensione del tempo il regalo più grande, stasera, per il pubblico di piazza Napoleone.

Un ritorno a quelle estati fatte di musica e foto con i rullini da portare a sviluppare, di viaggi al ritmo di Nord sud ovest est e di magliette con le facce dei protagonisti di Beverly Hills 90210 o Melrose Place. Scherzano e condividono col pubblico ricordi ed emozioni, questi tre artisti che a febbraio si sono esibiti sul palco dell’Ariston in Strada facendo con Claudio Baglioni, poco prima che venisse annunciata la classifica finale. Brano che i tre hanno riproposto anche nella travolgente interpretazione contenuta nell’album uscito il 9 marzo scorso.
Sul palco con loro una band di 9 elementi composta da Fulvio Arnoldi (chitarra e tastiere), Stefano Brandoni (chitarra), Davide Ferrario (chitarra e tastiere), Luciano Galloni (batteria), Ernesto Ghezzi (tastiere), Chicco Gussoni (chitarra), Enzo Messina (tastiere), Lorenzo Poli (basso) e Dj Zak. E non sono mancati i momenti in cui si è aggiunto, alla chitarra o al basso lo stesso Nek. Inizio scoppiettante, con il singolo uscito l’anno scorso scritto da Pezzali, Duri da battere: un pezzo che vuole essere un inno alla resilienza, alla capacità di rialzarsi sempre anche se vinti, alla voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. E poi, via a una trascinante carrellata di hit che la piazza apprezza, canta a squarciagola, balla. Solo dopo Gli anni, accompagnata da un video collage delle icone che hanno segnato l’ultima decade del Novecento, i tre hanno preso la parola e con ironia e leggerezza si sono definiti “la prima boy band per adulti”.
Sono proprio come te li aspetti, rassicuranti come un ricordo bello e l’amicizia granitica dei vent’anni. Anche nel look. T-shirt nera e cappellino per Max Pezzali, giacca casual per Francesco Renga e giubbottino corto per Nek – definito scherzosamente “il più narciso” dagli altri due. “Cantare insieme, quando si fanno 90 anni di carriera in tre, è un bellissimo esercizio di condivisione: ciascuno cede un pezzo di sé, per costruire il gruppo. Le nostre storie sono diverse ma in comune hanno che sono nate quando il più grande social era la musica”. Ed è questo lo spirito che questa sera ha contagiato una piazza che sulle note di Raccontami ha agitato gli schermi luminosi degli smartphone, ché “gli accendini non si usano più dagli anni Novanta”, come il trio ha tenuto a sottolineare. Una piazza che ha conosciuto il tempo delle cabine a gettoni e sa a memoria Se telefonando, riportata in vetta alle classifiche da Nek solo qualche anno fa, indelebile capolavoro firmato da Maurizio Costanzo ed Ennio Morricone. Sul maxischermo che sovrasta il palco, immagini del live spesso disturbate da un effetto vhs, proprio come quando per rivedere una registrazione era necessario spippolare tra il tasto più e il tasto meno del tracking: gesti che i millennials non ritroveranno nemmeno su Wikipedia e che questo concerto ha saputo rievocare. Un’esperienza narrativa, insomma, che col linguaggio del pop ha riacceso anche un po’ l’orgoglio identitario di una generazione – nata tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 – che ha avuto meno opportunità di quella che l’ha preceduta e che più delle altre ha saputo adattarsi ai cambiamenti, di tecnologie, di costume, di pensiero. Quella stessa generazione che ha imparato a ‘tenere il tempo’: ed è proprio questo l’invito che ha chiuso il concerto, sulle note della celebre canzone dell’ex 883.

Le foto di Giuseppe Cortopassi

Elisa Tambellini

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