In casermetta S.Paolino il colonialismo raccontato dalle donne

Al centro il fenomeno migratorio, visto nella duplice prospettiva della sua dolorosa attualità e del raffronto con il passato coloniale italiano. E’ l’iniziativa culturale promossa dalla Casa internazionale delle donne di Roma e dal Comune di Lucca, in programma domenica (24 marzo), alle 16,30 nella casermetta San Paolino, sulla mura urbane. L’iniziativa, che vede anche la partecipazione dell’associazione lucchese Dalla parte dei più piccoli, rappresenta, di fatto, un estratto della rassegna cinematografica realizzata lo scorso anno a Roma su Il colonialismo italiano raccontato dalle donne. Saranno infatti proiettati due film: Mum I’m sorry, un toccante cortometraggio sul tema dei migranti, della giovanissima regista Martina Melilli e il lungometraggio Pagine nascoste, di Sabrina Varani, che racconta e raffronta l’esperienza coloniale italiana, incrociando la percezione collettiva del fascismo con un’emblematica storia privata.

La proiezione sarà introdotta da Ilaria Vietina, assessora alle politiche di genere e alla continuità della memoria storica del Comune di Lucca. Interverranno Isabella Peretti, curatrice della rassegna Il colonialismo raccontato dalle donne e la regista del lungometraggio Pagine Nascoste, Sabrina Varani. Ingresso gratuito. Con Mum, I’m sorry, Martina Melilli si è aggiudicata l’edizione 2017 di ArteVisione, il progetto di Sky academy e Careof a sostegno del talento creativo. Nato dal dialogo con migranti sopravvissuti al lungo viaggio, Mum I’m sorry posa uno sguardo ravvicinato su dettagli di storie e di affetti appartenuti a corpi senza vita. Sono gli oggetti scelti come essenziali, come casa da portare in un viaggio senza ritorno; sono le foto, i pezzi di carta con numeri annotati a parlare di un vissuto e a suggerire la speranza di nuove prospettive. Pagine Nascoste racconta il percorso compiuto dalla scrittrice Francesca Melandri, figlia del giornalista Franco Melandri, nella preparazione del romanzo Sangue giusto: un viaggio in Etiopia per scoprire le tracce della colonizzazione italiana e per conoscere la storia segreta della gioventù fascista di suo padre. Tutto parte dalla scoperta di Francesca Melandri di un articolo col quale, nel 1940, il padre Franco aveva vinto i Littoriali: era un pezzo che affermava convintamente la superiorità della razza bianca, inserito poi in un volume con prefazione di Lidio Cipriani, l’antropologo che lavorò in Etiopia e si pronunciò per la difesa della razza. Melandri invece in Etiopia non ci andò mai, ma è lui a ispirare il protagonista del libro della figlia. Dopo la guerra, il passato fascista e razzista di Franco Melandri era stato rimosso dalla memoria di famiglia. Una vicenda condivisa con la grande maggioranza di italiani: quelli che dall’oggi al domani hanno steso un velo sul loro passato fascista, senza mai elaborarlo. In effetti, il processo di elaborazione di quegli anni non è ancora terminato. Una constatazione, questa, ben sintetizzata nel film dal partigiano Massimo Rendina, intervistato poco prima della sua morte: “È mancato il processo alle idee, più che alle persone. Il fascismo non era un movimento politico, ma una mentalità”.

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