Studio ai raggi X su argini Serchio al convegno regionale

Argini del Serchio a rischio in caso di alluvione prima degli interventi della Provincia di Lucca, pari a 30 milioni di euro. L’esempio della fragilità degli argini del Serchio, secondo gli studi effettuati dalla Provincia subito dopo l’alluvione del 2009, è stato al centro dei lavori del convegno Il rischio idrogeologico in Toscana: le strutture arginali nell’Auditorium di Sant’Apollonia. Sul fiume lucchese è stato applicato, tra i primi, l’esame dei i raggi X fornito dal nuovo modello contro il rischio idrogeologico. Sul Serchio (modellato nel tratto Ponte a Moriano-Nozzano), lo studio dice che le strutture arginali risultavano avere un comportamento diversificato in relazione alla tipologia di evento di piena, in particolare per eventi frequenti, il 33 per cento risultava essere caratterizzato da rischio molto elevato, una criticità che saliva fino al 52 per cento nel caso di eventi poco frequenti ma più intensi. Questo a confermare la necessità dei numerosi interventi di consolidamento degli argini in via di esecuzione proprio sul Serchio da parte dell’ente guidato da Stefano Baccelli.

“Avere un quadro conoscitivo chiaro e completo è il primo passo serio verso una seria difesa idrologica del nostro territorio”. Lo ha detto l’assessore regionale all’ambiente e all’energia Anna Rita Bramerini introducendo i lavori del convegno che ha visto come relatori anche Marco Bottino presidente di Urbat, Erasmo D’Angelis coordinatore Unità di Missione Italia Sicura di Palazzo Chigi con il direttore Mauro Grassi, Gaia Checcucci, segretario generale dell’Autorità di Bacino dell’Arno, i segretari generali dell’Autorità di bacino dei fiumi Serchio e Tevere, Titta Meucci, assessore all’urbanistica del Comune di Firenze, geologi, ingegneri, docenti universitari e tanti tecnici.
Il convegno è stata l’occasione per presentare lo studio che la Regione con Urbat ha commissionato all’Università di Firenze, utile allo sviluppo di uno strumento tecnico capace di valutare lo stato di efficienza delle strutture arginali fluviali. In parole povere è nato un modello che fa una sorta di radiografia agli argini con la quale è possibile adesso comprendere la loro solidità, individuare eventuali punti critici e quindi programmare gli interventi.
“La legge regionale 79 insieme alla riforma dei consorzi, ha portato un’altra novità – ha continuato Bramerini – e cioè il piano annuale della difesa del suolo, che ci permette di destinare risorse significative ogni anno con l’obiettivo di realizzare via via gli interventi prioritari in un’ottica di mitigazione del rischio. Per questo la Regione si sta dotando di strumenti che l’aiutano a individuare le soluzioni più efficaci. Uno di questi è quello presentato oggi, lo studio sull’efficienza degli argini. Ce ne sono altri due, ai quali dedicheremo rispettivamente altre due giornate: lo studio sul trasporto solido dei fiumi e quello sulle precipitazioni e la preventiva individuazione dei loro effetti sul suolo”.
“La fase della logica emergenzialista è chiusa – ha detto Erasmo D’Angelis – abbiamo voltato pagina. Siamo entrati in una nuova fase, in cui abbiamo fatto partire una grande operazione di difesa. Si fa difesa, prevenzione e quindi si pianifica. In questo nostro Paese così vocato alla rischiosità, primo compito è prendere coscienza del rischio, quindi programmare interventi che ci difendano dai disastri. E’ inutile puntare sulle grandi opere in Italia, si va sulle piccole e medie, quelle che ci danno la garanzia della massima sicurezza. Il hoverno per il 2015 ha previsto 1 miliardo e 200milioni di euro per il piano aree metropolitane a realizzare le opere già cantierabili (i primi 700 milioni già stanziati a febbraio dal Cipe) e 9 miliardi per i prossimi sette anni. Stiamo investendo in questa grande opera di difesa che significa anche dimostrare di non aver perso quella cultura della difesa che i nostri avi avevano. La storia racconta che siamo stati sempre i primi a capire le soluzioni. Purtroppo siamo stati gli ultimi a applicarle. Dimostriamo che possiamo essere molto capaci nelle opere concrete”.
Come funziona lo studio Si tratta di un software capace di modellare il comportamento delle strutture arginali con livelli di dettaglio sempre maggiori. Parte da un’analisi di inquadramento, cioè dal contesto geomorfologico in cui l’argine si trova, dalle caratteristiche fisico-chimiche del terreno su cui sorge, dal materiale in cui è costruito, fino ad arrivare ad un’analisi più sofisticata per la quali sono richiesti sia dati di base di dettaglio supportati da specifiche indagini in sito, sia la caratterizzazione delle grandezze idrauliche del corso d’acqua e dell’evento di piena atteso.
Primi risultati Finora il modello “radiografia” è stato applicato su 65 chilometri di corsi d’acqua (in Toscana abbiamo 540 chilometri di argini per 450 chilometri di corsi d’acqua), ovvero laddove erano già disponibili tutti i dati necessari. Dall’analisi emerge che nel caso di eventi di piena di tipo frequente (ovvero che si verifica mediamente 1 volta ogni 30 anni) il 73% delle strutture arginali toscane hanno un rischio medio/basso mentre il 26% un rischio alto. Nel caso di un evento poco frequente (ovvero che si verifica mediamente 1 volta ogni 200 anni) la percentuale di quelle che hanno un rischio medio basso scende al 65%, contro il 35 per cento delle strutture che registrano un rischio alto.
Come procederà il lavoro di indaginePer l’applicazione del modello sarà necessario acquisire i dati più dettagliati necessari alla radiografia puntuale dell’argine interessato. Un lavoro complesso che sarà svolto progressivamente su tutti i 540 km di argini toscani.

 

 

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